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8 Marzo 2010 - Graziella Falconi - Per non recare più danni che vantaggi alla giovane Repubblica di Armenia
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Per non recare più danni che vantaggi alla giovane Repubblica di Armenia , il tema del riconoscimento del genocidio del 1915 richiede di essere trattato non solo con il rispetto dovuto ai morti ma anche con l’accortezza di non recare ulteriore danno ai vivi, a quelli che sono rimasti in una Patria drammaticamente bella e povera, isolata tra i monti ma animata da spirito di apertura e di amicizia con i popoli. Ciascun popolo sceglie la propria strada, le forme per parlare di sé, della propria storia, dei propri errori, al fine di guardare al futuro con più speranza, superando la memoria negativa tra i popoli. La Germania ha scelto di sedere sul lettino dello psicanalista e di confessare per liberarsi dagli incubi del nazismo , gli Stati Uniti hanno scelto altre forme per riconoscere lo sterminio degli Indiani e così via. Come ci è capitato di sostenere già da un decennio, non si può non guardare con simpatia e ammirazione al percorso e alla modalità scelta dal Sudafrica per la riconciliazione nazionale, sebbene a ferite ancora sanguinanti. Le ferite non possono sanguinare o essere riaperte in continuazione. Nessun corpo potrebbe reggere a questo stillicidio. Il genocidio armeno del 1915 non si sottrae a questa legge. Spetta all’Armenia, agli armeni che vivono in Armenia , stabilire come la ferita del Genocidio debba e possa essere rimarginata. Egualmente lo stesso diritto-dovere va riconosciuto alla Turchia che senza infingimenti o raggiri dovrebbe riscattare il proprio onore da una colpa commessa dai padri e che pertanto, almeno nella nostra morale cristiana e occidentale , non dovrebbe ricadere sui figli.
Per affermare il concetto di presa di distanza dalle colpe dei padri, tuttavia, la Turchia di oggi dovrebbe astenersi da atti , peraltro anche violenti, verso monumenti cristiani in terra anatolica che dovrebbero essere restaurati secondo i principi internazionali . E’ necessario che la Repubblica turca dia segnali di inversione di tendenza rispetto alla eliminazione delle tracce della cultura armena e delle minoranze , che non offra cioè motivi di legittimo dubbio sulle sue reali intenzioni . E i dubbi sorgono quando si alza la voce contro scrittori turchi del valore di Orhan Pamuk o Elif Shafak per aver essi sfiorato nei loro romanzi la questione armena, come se avessero toccato un nervo scoperto o svelato una responsabilità degli attuali governi, come se il processo di elaborazione della colpa dei padri non fosse mai iniziato.
Converrebbe agli armeni aiutare i turchi nel processo di elaborazione della colpa dei padri ? Aiutando i turchi non aiuterebbero anche se stessi ? E, se sì, come? Innanzitutto chiarendo cosa esattamente si vuole ottenere con il riconoscimento del genocidio. Rivendicazione dei territori ? Restituzione dei beni sottratti ai discendenti dei genocidati? Risarcimento pecuniario alla Repubblica d’Armenia?
Se è effettivamente vero che era , e speriamo: è, in corso un processo di normalizzazione dei rapporti fra Turchia e Armenia, dobbiamo sgomberare il campo da quanto potrebbe gelare questo dialogo. La crisi diplomatica tra USA e Turchia è in questo senso assai preoccupante, come se si fosse trattato di un’imboscata. E’ preoccupante sul piano dei rapporti tra Medio Oriente e Occidente. A chi può giovare una Turchia più spostata a Oriente? E’ preoccupante soprattutto per gli armeni che non hanno bisogno di chiusure anche per non dover abbandonare la propria terra in una disperata emigrazione verso paesi più ricchi dopo averla appena ritrovata e costruita libera e indipendente come nei loro sogni.
Una volta svuotata l’Armenia dei suoi abitanti , fuggiti in cerca di sopravvivenza, a paese mutilato, a chi potrà giovare un bel riconoscimento del Genocidio del 1915? A noi sembra più utile che il Presidente Obama e gli Usa si impegnino concretamente a garantire il processo di normalizzazione tra i due Paesi. Più volte abbiamo auspicato un’ intervento mediatore dell’Europa nella vicenda turco-armena, una terzietà , una mediazione tesa ad onorare i morti e a rispettare i vivi utile per stabilire gli impegni della Turchia e quelli dell’Armenia sulla strada della negoziazione .
Graziella Falconi
Presidente dell’Associazione ZATIK
G.F
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