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Iniziativa Culturale:

 

 

mostra “Armenia" mostra per il 25 Aprile
ARMENIA - terra sacra
foto di GRAZIELLA VIGO
Inaugurazione giovedì 15 Aprile 2010 ore 18.00
Scuderie di Palazzo Moroni
via del Municipio, 1 - Pado

GRAZIELLA VIGO
Quest’anno le celebrazioni in memoria del genocidio degli Armeni si arricchiscono grazie alla bellissima mostra “Armenia”, che sarà inaugurata il 15 aprile presso le scuderie di Palazzo Moroni.
Si tratta di un suggestivo percorso fotografico sui luoghi del popolo armeno che, attraverso le immagini, suggerisce e fa riflettere sulle sofferenze, sulla persecuzione, sulla speranza.
Sono passati 95 anni dal quel terribile 1915 e il ricordo di quella tragedia, anche per merito di artisti come Graziella Vigo, sta pian piano rubando terreno al negazionismo e all’oblio.
La città di Padova è davvero felice di poter ospitare le sue foto e siamo certi che saranno tanti i cittadini che non vorranno perdere l’occasione di conoscere meglio questo popolo straordinario, la sua grande cultura, la sua storia.
Da sempre nella nostra comunità sono ben radicati i valori della pace, della solidarietà, del rispetto dei diritti umani, della convivenza civile.
Il culto della memoria è uno dei pochi strumenti che abbiamo a disposizione per trasmettere alle nuove generazioni il senso di ciò che è accaduto, per metterle nelle condizioni di costruire un mondo migliore di quello che avranno in eredità.
Ricordare il genocidio degli Armeni, come facciamo ogni anno a Padova, ha proprio questo significato profondo: non dimenticare le tragedie del Novecento per evitare che possano ripetersi.
Flavio Zanonato
Sindaco di Padova
Milanese di nascita, studi a Ginevra, giornalista, fashion editor presso l’editore Rizzoli e fotografa professionista. Specializzazione a New York nella fotografia di moda all’International Center of Photography e nel ritratto con Robert Mapplethorpe.
Studio fotografico a Milano e collaborazione con testate nazionali ed internazionali.
Molti viaggi speciali come inviato. A Washington alla Casa Bianca, a Mosca al Cremlino, a Pechino e a Tokio.
Da un ricchissimo archivio di ritratti di personaggi famosi e gente comune nasce il primo libro Portrait e la grande mostra al Museo della Permanente a Milano.
L’incontro felice con il Maestro Muti al Teatro alla Scala apre un periodo dedicato al teatro e all’opera lirica, complice la magia della musica di Verdi. Da migliaia di fotografie nasce il volume Verdi in scena. Seguono mostre a Milano, a Parma, a New York, invitata dalla New York Public Library al Lincoln Center e poi a Washington e a Boston.
Da lunghi viaggi in Cina, in India e in Armenia nascono libri e nuove mostre, in Italia e negli Stati Uniti.
“Si tratti di volti, di gesti, di montagne o di strade, nella sua fotografia c’ è sempre un qualcosa di segreto che ne contrassegna la storia artistica: l’interesse e la profonda passione per l’animo umano”.
Con il supporto di
Scuderie di Palazzo Moroni
via del Municipio, 1 - Padova
15 aprile - 4 maggio 2010
aperto tutti i giorni
ore 9.00-13.00 e 15.00-19.00

ARMENIA
LA PATRIA RITROVATA
di Antonia Arslan
Maestoso, enorme, è il monte Ararat, e con le sue due cime, il Grande ed il Piccolo Ararat, incombe sull’ampia valle pacificamente segnata - in morbide rigature orizzontali sulle colline - dalle tracce del lavoro umano, campi coltivati alberi boschi case. Bianca e grigia è la montagna, bianca e grig ia la pianura. E, sopra, pesa un cielo gravido di nuvole bianche e grige, che trascorrono anch’esse orizzontali, verso Oriente.
Ma non è solo un grandioso paesaggio innevato quello che vediamo, là fra le alte cime del Caucaso. E’ un paesaggio lunare, che dà un’ansia sottile. Ci riscalderemmo mai, attraversando quella pianura? Dove sono i comignoli, i fili di fumo, i bambini che giocano? Sembra un paese abbandonato e inselvatichito, dove non c’è più nessun essere vivente, e solo corrono i lupi…..
Ora è qui che vivono gli ultimi armeni. Sono quelli che stavano sotto il dominio della Russia imperiale, e che sono scampati al genocidio, al contrario dei loro fratelli di sangue che vivevano all’interno dell’impero ottomano. Ma anch’essi hanno vissuto la tragedia: hanno accolto i profughi e gli scampati all’eccidio, e sentito, come sulla propria pelle, il fiato della persecuzione, le immense lacerazioni del cuore, la difficilissima arte della sopravvivenza.
Eppure, come nel rigido inverno del Caucaso, che sembra ogni anno non avere una fine, ogni anno si assiste al rigoglio improvviso, all’esplosione vigorosa della colorata primavera di montagna; così, nell’oscurità di una faticosa sopravvivenza, le fiammelle esili ma ostinate di una fede clandestina e tenace si sono perpetuate nel lungo gelo sovietico, e ancora spandono attorno la loro luce preziosa, che si riflette negli immensi occhi di smalto orientale del bambino silenzioso che infila la sua candelina nel grande vassoio rotondo di ottone, risplendente della luce di tante altre candele….
Le grandi stele scolpite, le croci di pietra della tradizione armena, i khatchkar, sono state raccolte da tutto il paese, confermando come l’amore degli armeni per il simbolo cristiano e la loro peculiare maniera di rappresentarlo abbiano attraversato i secoli, generazione dopo generazione. Sulle lisce lastre di pietra la croce si espande dal basso come un rigoglioso albero della vita, ricco di foglie e racemi, a significare la vita che rinasce dalla morte.
Da Luoghi dell’Infinito, aprile 2010

C.A.

 
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