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12 Ap 2010 - canale pubblico tedesco – ha trasmesso 90 minuti di un documentario intitolato „Aghet“. Significa „Catastrofe“
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Ieri sera, alle 23.30, la Ard – il primo canale pubblico tedesco – ha trasmesso 90 minuti di un documentario intitolato „Aghet“. Significa „Catastrofe“: il titolo giusto per un reportage sul genocidio degli armeni perpetrato dall’esercito turco durante i primi due anni della Grande Guerra.
E’ stato il primo genocidio commesso per motivi apertamente razziali ed ideologici in quella lunga catena di crimini contro l’umanità che, a partire per l’appunto dall’aprile 1915 in Turchia, ha contrassegnato lo sciagurato 20° secolo.
Nel reportage sulla Tv tedesca un coro di attori ha riletto i documenti più rilevanti dei vari testimoni di quella prima ‚Catastrofe’ storica. Sono cosí ritornate sullo schermo le voci di Henry Morgenthau e degli altri diplomatici-Usa (nei primi anni del conflitto potenza neutrale) stazionati sul Bosforo.
Insieme a quelle americane si sono levate le voci dei consoli, dei generali e dei rappresentanti politici del Kaiser Wilhelm II° (in un video rivediamo Sua Maestá incontrare il sultano; e in auto con Enver Pasciá o stringere – col suo braccio paralizzato – la mano a Taalat Pascià, allora ‚ministro degli interni’ dell’impero ottomano).
Sono stati poi riletti i reportage allora pubblicati sui quotidani tedeschi; e ridata la parola alle crocerossine e ai rappresentanti delle varie istituzioni religiose ed umanitarie (svizzere o svedesi, tedesche o danesi) allora in Turchia. Un coro di voci accompagnato per 90minuti dall’agghiacciante
documentazione di foto ed immagini sulle brutali deportazioni, sui raccapriccianti massacri e sullo sterminio di un intero popolo.
Eppure tutte questi voci, foto e documenti per Recep Erdogan è come se non esistessero. Per il premier turco „non si può parlare di un genocidio degli armeni“, ha rilevato Erdogan ai giornalisti del settimanale Der Spiegel (pag 101 del 29.3 ). Quello contro gli armeni non é stato un vero genocidio; anzi, nemmeno „è stato un assassinio di massa, ma una battaglia in cui sono morti
turchi come armeni“, secondo Erdogan.
Per il quale invece „si può in certo modo parlare di genocidio per gli eventi a Gaza“, come ha ribadito il premier turco ricordando i 1400 palestinesi morti sotto le bombe israeliane, i 5000 feriti e le altrettante famiglie sentatetto nella striscia di Gaza.
Colpisce la sorprendente ‚relatività’ con cui l’Ankara ufficiale tratta la propria storia, i crimini del proprio esercito ed i crimini altrui: ogni riferimento al genocidio degli armeni è negato e vietato. Mentre onorati sono invece nei due giganteschi mausolei ove son sepolti Taalat Pascià (assassinato
a Berlino nel marzo del ‘21) e Gemal Pascià, alla cui memoria son dedicati strade e grandi boulevard di Istanbul.
„Aghet“ si chiude con un altro sorpredente cambiamento nelle abitudini ‚linguistiche’ di un grande politico. Quello, non proprio coraggioso, compiuto da Barack Obama. Quando era ancora senatore Obama non aveva alcuna difficoltá a parlare apertamente del ‚Genocid’ degli armeni. Nella sua prima visita ad Ankara invece – per i soliti motivi strategici e militari – il presidente americano democratico non ha nominato con una sola parola la tragedia armena. D’altronde, per tenersi buoni i generali ed aereporti turchi, nemmeno il repubblicano Bush l’aveva fatto. Così come i prodi generali del Kaiser che per tutta la Grande Guerra avevano taciuto sulla prima immane sciagura con cui si è aperto il 20° secolo.
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