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050724 - INTERVISTA AL PROFESSORE ARMENO SIVAZLIYAN BAYKAR
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17/07/2005
Da Cipro alle minoranze, Ankara sotto pressione
LUCIANO PIGNATARO Un terrorismo simile nei metodi allo stragismo di massa di Al Qaida ma diverso per gli obiettivi: le radici della violenza nelle città turche sono nella caduta dell’Impero Ottomano alla fine della prima guerra mondiale. Questo, a giudizio di Sivazliyan Baykar, professore di Lingua e Letteratura Turca all’Università di Lecce, è il nodo irrisolto che Ankara ha ereditato dal XX secolo. Professore, negli ultimi tempi la posizione ufficiale della Turchia si è ammorbidita. Perché? «Solo la continua ed energica pressione esercitata dall’Unione Europea ha leggermente modificato l’atteggiamento dello Turchia verso le minoranze. Ma il cammino è molto lungo: appena da pochi mesi c’è infatti la possibilità di usare ufficialmente la lingua curda e studiare la cultura di un popolo che, con i suoi 35 milioni di persone, è attualmente il più grande al mondo a vivere senza uno stato proprio». E per il resto? «Assolutamente nulla. C’è il pugno di ferro verso ogni esigenza di autonomia amministrativa e politica». L’atteggiamento di Erdogan paga però in termini di consensi interni. «Sicuramente sì, una delle fobie dei cittadini turchi è il dissolvimento del loro stato dopo il crollo del 1918. L’Impero Ottomano si era sempre distinto per l’uso della repressione nei confronti dei curdi, degli armeni e dei greci e neanche i leader dei Giovani Turchi che si impossessarono del potere con un colpo di stato nel 1908 cambiarono atteggiamento su questo versante. Dopo la guerra Kemal Ataturk, il fondatore politico della nazione, pensava che le differenze potessero annullarsi con la modernizzazione del paese, ma il suo progetto si è rivelato illusorio. La Turchia, come tutti i paesi del Medio Oriente, poggia la sua statualità su basi etniche». Così le spine politiche sono sempre le stesse: Cipro e i Curdi. «Sì, sono questi i principali ostacoli al processo di integrazione della turchia nell’Unione Europea. Collegato al problema delle minoranze c’è infatti il tema dei diritti civili che in questo caso non vengono assolutamente rispettati. Direi di più: Ankara non ammette nemmeno verità storiche come il genocidio degli armeni su cui non ci dovrebbe essere discussione alcuna». La nascita di una regione curda autonoma nel Nord dell’Iraq come influisce sulla situazione? «Sicuramente bene per la minoranza, nel senso che per la prima volta nella storia i curdi che abitano in Turchia, ma anche quelli che risiedono in Siria e in Iran, hanno un punto di riferimento concreto. Al tempo stesso lo spezzettamento dell’Iraq ha allarmato molto il governo di Ankara». Per questo motivo la Turchia, storico alleato degli Stati Uniti, è stata fredda verso l’invasione dell’Iraq? «Esattamente. In fondo faceva molto più comodo il regime di Saddam Hussein che opprimeva il popolo turco. È una delle tante contraddizioni del Medio Oriente che, come i Balcani, soffre di una poco accorta gestione delle potenze occidentali del vuoto lasciato dal crollo dell’Impero Ottomano».
Manifestazione di curdi contro la politica di Ankara
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V.V
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