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050726 - Svizzera e Turchia e la questione del genocidio del popolo armeno
swissinfo 25/7/05
La questione del riconoscimento del genocidio armeno è già stata fonte di numerosi screzi diplomatici tra Svizzera e Turchia, tra cui anche l'annullamento di una visita ufficiale da parte della ministra degli esteri elvetica in Turchia nel 2003, quando il genocidio armeno è stato ufficialmente riconosciuto in Svizzera.

Dopo diversi altri episodi legati alla controversia, alcuni mesi di calma hanno contraddistinto i rapporti tra Svizzera e Turchia. Ma lunedì sul quotidiano turco Hurriyet il ministro degli esteri Abdullah Gul viene citato con queste parole: «È inaccettabile per noi un trattamento simile nei confronti di un leader politico nazionale. È degno questo di un paese come la Svizzera?»

Breve detenzione
Contro il capo del partito dei lavoratori turchi, Dogu Perincek, il ministero pubblico di Winterthur ha infatti avviato un'indagine. L'accusa è di aver negato il genocidio armeno del 1915 in una conferenza pubblica tenuta venerdì scorso a Glattbrugg, nel canton Zurigo. Detenuto brevemente, Dogu Perincek, è stato anche interrogato dal giudice istruttore.
"Menzogna imperialista"
In Svizzera per partecipare alle ricorrenze dell'82° anniversario del Trattato di Losanna, Perincek ha ripetuto il suo credo. Ossia che il genocidio in realtà è una «menzogna degli imperialisti».

«Con lo slogan "genocidio degli armeni", i parlamenti europei adottano decisioni che mirano all'abolizione dello stato nazionale turco», ha esclamato.
Un'affermazione che contravviene alla norma antirazzismo e che costituisce un reato per la legislazione elvetica.

L'uomo è già stato denunciato dall'Associazione Svizzera-Armenia (ASA), sempre per negazionismo, dopo un discorso pronunciato il 7 maggio a Losanna. Ora si sta valutando se Perincek abbia violato la norma antirazzismo anche a Winterthur.

Intanto il giudice istruttore di Losanna ha emesso un mandato di comparizione nei riguardi del politico per poterlo interrogare.

Trattato di Losanna

Domenica circa 2000 turchi e 300 curdi hanno commemorato in due distinte manifestazioni a Losanna l'82° anniversario dell'omonimo trattato con cui le grandi potenze europee nel 1923 riconobbero la nuova Repubblica Turca.

Le autorità del capoluogo vodese avevano autorizzato entrambe le manifestazioni a condizione che i gruppi non venissero a contatto. E così è stato. I curdi, insieme ad armeni e assiri, si sono incontrati nel centro città davanti al Palais de Rumine, proprio laddove il 24 luglio 1923 fu firmato il Trattato di Losanna; i turchi invece a Ouchy vicino all'Hotel Beau-Rivage Palace, dove si svolsero i negoziati che portarono all'accordo.

Le manifestazioni si sono svolte sotto stretta ma discreta sorveglianza. La polizia di Losanna, appoggiata dalla cantonale, ha fatto appello ad agenti in vacanza per assicurare il controllo dei due incontri.

Queste celebrazioni hanno avuto come sfondo i negoziati di adesione della Turchia all'Unione europea che inizieranno a ottobre. Alcuni nazionalisti turchi temono che lo Stato turco faccia troppe concessioni sulla questione delle minoranze.

swissinfo e agenzie

Fatti & Cifre

- Il Trattato di Losanna fu stipulato nel 1923 tra l'assemblea nazionale turca e le grandi potenze europee.
- Il Trattato di Losanna definì i confini della giovane repubblica turca, guidata da Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della Turchia moderna.
- Ebrei, greci e armeni ottennero lo statuto di minoranza, che non veniva però riconosciuto ai curdi perché, secondo i turchi, questa popolazione era musulmana, dispersa in tutto il paese e in gran parte integrata nella società turca.

In sintesi

Tra Berna e Ankara torna la tensione dopo l'interrogatorio di un politico turco da parte della magistratura di Zurigo per sospetta violazione della norma antirazzismo.
Ha definito il genocidio armeno «una menzogna internazionale».
L'interpretazione storica delle cause della morte di 800'000-1'800'000 armeni tra il 1915-1918 è ormai da anni un ostacolo nelle relazione fra Berna e Ankara.
In Svizzera il genocidio armeno è stato riconosciuto ufficialmente dal Consiglio nazionale il 16 dicembre 2003.

La Turchia nell'Ue. Eutanasia o rafforzamento dell'Europa?

| Lunedi 25 Luglio 2005 - 9:28 | |

Le aspirazioni turche per una piena appartenenza del proprio Stato nell’Ue, è argomento polare, delicato e controverso sia politicamente che economicamente.
Un ovvio rischio è che la Turchia guardi all’adesione all’Unione europea come ad una panacea dei suoi mali interni.
Si deve ricordare che la Turchia e l’Ue già sono unite da un trattato doganale comune per i beni manifatturieri e per i prodotti agroalimentari fin dal 1995.
E’ evidente quindi che tale accordo copre già la massimazione dei possibili profitti commerciali.
Inoltre l’Ue non è più quel “vaso di miele” che è stato nel passato. E lo hanno scoperto loro malgrado proprio quei nuovi Paesi europei diventati da poco membri a pieno diritto dell’Unione.
La Turchia, per essere benvenuta nel concerto Ue deve inoltre chiarire la propria identità europea e le proprie chiare e giuste credenziali. la data prevista per il suo ingresso è (forse) il 2015: il reale problema sarà quale Europa esisterà in quel preciso momento.
Si potrebbe arguire che l’integrazione economica internazionale offra evidenti ed attraenti benefici, quali un più largo e sicuro mercato, la completa eliminazione delle tariffe doganali, l’allargamento del commercio ai servizi ed ai prodotti agricoli primarii, investimenti dall’estero, una certa mobilità del lavoro intra-Ue, Tutte cose. è vero che non potrebbero essere realisticamente acquisite attraverso semplici negoziati multilaterali.
(In ogni caso)... i dieci nuovi membri Ue hanno apportato all’Unione 74 milioni di consumatori in più. Se Bulgaria, Croazia, Romania e Turchia saranno incluse nell’Ue, questo dato crescerebbe fino a 176 milioni. Peraltro il livello di sviluppo misurato per pil pro-capite mostra che i nuovi membri sono attori di una crescita ben inferiore alla media dell’attuale Ue, e ciò porterà i dieci ad usufruire di una buona parte degli aiuti regionali allo sviluppo. E’ un fatto particolarmente rilevante, questo, per quel che riguarda la Polonia, oggi, e per Romania e Turchia nel futuro.


Il problema della disoccupazione

Il problema dei senza lavoro nei nuovi membri e nei Paesi ora candidati all’ingresso nell’Ue, è notevole.
Polonia e Slovacchia hanno un tasso di disoccupazione che è due volte superiore a quello medio rilevato nell’Ue nel 2004. Quello attuale in urchia sembra rapportabile alla media europea occidentale.
Settore per settore, quasi un quinto della forza lavoro polacca è addetta all’agricoltura. (Un dato superiore di quattro volte alla media Ue) Un terzo dei disoccupati turchi è anch’esso del settore agricolo (piccole coltivazioni di sopravvivenza). Una loro emigrazione di massa nelle città europee - dove però è attualmente crisi occupazionale nei settori manifatturiero e dei servizi - aumenterebbe le società-ghetto e le conseguenti tensioni sociali.
L’applicazione degli standard di tutela sociale del lavoro nei Paesi nuovi partners e nei Paesi candidati, inoltre, non potrebbe che accelerare una destrutturazione delle economie locali attuali.

Differenze tra regione e regione

Differenze di sviluppo economico tra regione e regione vi sono sempre state, ma a livello Ue esse sembrano con una forbice molto più larga. Le regioni meno sviluppate di un Paese possano avere differenze sostanziali con zone depresse di un altro Stato.
La Turchia orientale è molto meno sviluppata di quella occidentale.

Le condizioni di ingresso

Vi sono varie condizioni che rendono possibile l’adesione di un nuovo membro nell’Ue, formalmente definite al Consiglio Europeo di Copenhagen del 1993.
In breve: Il Paese deve possedere una efficiente economia di mercato; un sistema politico democratico; ed accettare integrare ed applicare le direttive organizzative e amministrative Ue.
L’altra tacita condizione è il dato finanziario che non deve mettere a rischio l’equilibrio delle finanze Ue.
...I nuovi membri Ue del centro e dell’est Europa sono ancora politicamente giovani almeno quanto a “sistema democratico”.
...Inoltre vi è ancora apprensione o attenzione per quella che è tuttora una divisione delle sfere di influenza tra Ue, Usa e Russia.
Tuttavia, riguardo alle prospettive economiche, vi è un indubbio obiettivo di crescita per tutti, una volta entrati nella Ue: accesso al mercato Ue,accesso ai fondi strutturali di sviluppo regionale, la mobilità dei lavoratori (anche se questa evidentemente porta ad un indebolimento della qualità e dell’esperienza del lavoro interno al Paese).

Le spese strutturali

Nessuno dei potenziali profitti di un ingresso nell’Ue sono evidentemente privi di rischio. La fragilità delle economie dei nuovi aderenti è esposta al fiera competizione nel mercato unico europeo.
(un esempio della transizione difficile può essere dato dalla) integrazione della Germania dell’est nella Rft dopo il 1989. I trasferimenti annuali da Ovest ad est sono stati di 90 miliardi, e cii vorranno almeno altri cinque anni perché l’operazione possa decretarsi conclusa.
Ci si potrebbe dunque chiedere se le reali motivazioni delle richieste di adesione non siano forse quelle di fare tutto, ma troppo, e in fretta (troppo in fretta).
(Tanto più) ...che la transizione economica verso un libero mercato è per se stessa un processo graduale e costoso.
Essendo meno sviluppato, un Paese nuovo membro o candidato possiede evidentemente più deboli strutture organizzative, amministrative e tecniche e richiede dunque un maggiore grado di riforme per incorporare e “digerire” le regole Ue. Sono tante le cose e gli argomenti regolamentati e standardizzati
secondo normative Ue: dall’ambiente alle produzioni, dalla qualità dell’acqua, alla salute, alla tutela dei marchi, alla salvaguardia sociale, alle garanzie per i consumatori etc. etc... Per adeguarsi a tali standard e normative i Paesi di nuova appartenenza o candidati debbono spendere così una buona parte del proprio reddito nazionale...
...C’è da sottolineare, inoltre, quali siano i criteri o parametri di Maastricht per la cosiddetta “eurozone”.
1) un alto grado di stabilità dei prezzi (inflazione bassa);
2) una corretta finanza pubblica ( il deficit di bilancio deve non superare il 3 per cento del pil);
3) l’indebitamento pubblico non deve superare il 60 per cento del pil;
4) nessuna svalutazione monetaria in un biennio;
5) i tassi di interessi nazionali entro un 2 per cento rispetto a quelli dei Paesi più solidi.
Sebbene alcuni di questi parametri siano stati superati nel 2005 (in special modo quelli sul limite del deficit di bilancio), agli Stati nuovi aderenti o candidati viene richiesto di adeguarsi rigidamente e scrupolosamente a tali medie. Anche se con tabelle di gradualità.

La questione migratoria interna

La Germania ha il più alto tasso di disoccupazione dagli Anni 30. Assieme all’Austra, la Rft teme un flusso entro le sue frontiere di circa 300.000 immigrati l’anno (Ocse 2003), 3 milioni in una decade.
La totale libera circolazione sarà garantita tra i vari Stati europei oggi integrati, nel 2011.
...Ma se ai cittadini che vogliono emigrare nell’altra Europa per lavoro non sarà possibile farlo fino al 2011, le aziende dei Paesi Ue non hanno alcun limite operativo nel fare affari ovunque. Un effetto boomerang (la delocalizzazione di servizi e produzioni) che provoca ulteriore crisi occupazionale nei Paesi dell’Ovest.
I sindacati dell’Ovest accusano le società insediate all’est di bypassare così le regole sulla mobilità del lavoro, ottenendo profitti per la manodopera a basso costo e per le agevolazioni al commercio.

La questione Turchia

LìUe ha firmato l’Accordo di associazione con la Turchia nel 1963. Ankara ha chiesto poi nel 1987 la piena adesione all’Unione. Dopo 41 anni di attesa, i negoziati per l’ingresso turco nella Ue sono stati programmati per questo ottobre 2005. Questo processo negoziale potrebbe facilmente durare una decida
d’anni, naturalmente se non vi saranno cambiamenti di rotta politici della controparte che chiede l’integrazione. Oltre ai criteri di Copenhagen, formali, esistono altri criteri inespressi. La Turchia è in effetti un Paese euro-orientale veramente speciale. E dunque il cammino negoziale includerà, ovviamente, quanto segue:
Genocidio: Sebbene si tratti di un evento del passato, è evidente che la questione delle stragi della comunità cristiano-armena verrà discussa e verrà redatto un formale documento dalla Commissione internazionale che sta già studiando il caso. Lo stesso recep Tayyp Erdogan, primo ministro turco ha chiesto un giudizio “imparziale” degli storici.
Espansionismo: Visto il precedente tedesco-polacco, alla Turchia verrà chiesta una formale rinuncia alle idee di una “Grande Turchia” dal Muro della Cina all’Adriatico, idee riprese anche da recenti statisti turchi quali Suleiman Demirel e Turgut Ozal.
Tali aspirazioni introducono infatti il sospetto di una dichiarata volontà di ricostruzione dell’Impero Ottomano (1350-1918). L’Austria ha ancora un forte
ricordo degli assedii subiti da Vienna (1529-1683) e anche gli Stati dei Balcani, la Serbia in primo luogo, partecipano allo stesso timore poiché ancora
patiscono le conseguenze di cinquecento anni di occupazione dei loro territori.
Il caso della Grecia è poi sintomatico: le rivendicazioni e le provocazioni territoriali sono continuate fino a pochi anni or sono.
Non appena ottenuto, nel dicembre 2004, il “passaporto” del 3 ottobre 2005 per l’inizio dei negoziati con l’Ue, come ricordava Al-Ahram Weekly : “Erdogan è tornato in Turchia nei panni dell’eroe, accolto all’aeroporto di Istanbul da decine di migliaia di militanti del suo Partito della Giustizia e del Progresso, che lo indicavano come “Il Conquistatore d’Europa”.
A parte altre considerazioni questa mossa di Erdogan potrebbe costare al suo partito pro-islamico qualche problema. Non è un segreto per nessuno che, dopo l’invasione musulmano-araba della Spagna del 711, le Crociate in Terrasanta e la battaglia di Lepanto, le relazioni turco-europee non abbiano goduto di
grande favore...
Paesi turcofoni. In seguito alla dissoluzione dell’Urss, l’Azerbaijan, il Kazakistan, il Kyrghizistan, il Turkmenistan e l’Uzbekistan sono emersi quali Stati turcofoni indipendenti con una popolazione totale di 60 milioni di anime.
Nel 2005 il Kazakistan ha invitato formalmente la Turchia a partecipare alla costituenda comunità economica di Cinque Paesi dell’Asia centrale. Una opportunità eccezionale per la Turchia. I cinque Stati godono infatti di una posizione geopolitica invidiabile: vogliono resistere a più forti relazioni sia non la Russia, potenza già loro “protettrice”, che con la Cina, una nazione assetata di materie prime, che con quell’Occidente che “esporta la democrazia”, una medicina letale per i governanti locali. La Turchia è, al contrario, vista come un possibile alleato: condivide con loro le stesse tradizioni culturali, non è pronta a nuove “rivoluzioni democratiche”, è relativamente distante in quanto a territorio e sta cercando di entrare, appunto, nell’Ue.
Inoltre la Turchia ha accumulato il “know-how” necessario per gestire un impero “multietnico” ed è anche per questo che sta tentando di impostare buone relazioni con gli Stati balcanici, tra l’altro per creare e rafforzare i “corridoi” di trasporto e di comunicazione est-ovest.
Un modo come un altro per restaurare la sua “eredità ottomana”. La domanda chiave, a questo punto, è: La Turchia ha in mente, forse, di far diventare cittadini “europei” anche i cinque Paesi del Centro-Asia turcofoni, grazie alla doppia cittadinanza prevista dalle leggi turche?
Cultura, religione e lavoro: Le relazioni tra Europa e Islam stanno attraversando una fase delicata. Se alla Turchia è permessa l’integrazione nell’Unione europea, questo confermerebbe nei fatti che l’Islam è compatibile con i valori e la cultura europea. In Austria e Germania, in particolare, si temono migrazioni su larga scala, con conseguenti conflitti sociali e “scontri di civiltà”.
Se a qualcuno questa posizione appare troppo idelogizzata e scorretta, vi è un dato tecnico inoppugnabile che la conforta. Molti Stati Ue non potrebbero sopportare l’ingresso di masse di disoccupati turchi che, quantomeno, abbasserebbero le prospettive di occupazione e di reddito degli europei nazionali.
In ogni caso la Turchia è una società che ha riscoperto le sue tradizioni religiose mentre l’Europa è liaca e “post-religiosa”. Molti cittadini turchi, oggi, vogliono che il loro Stato entri, sì, in Europa, ma senza diluire i valori sociali e religiosi turchi.
La visione laica di una moderna Turchia alla Kemal Ataturk è lontana da quella del premier attuale Erdogan (“Il Conquistatore d’Europa”). Sia Erdogan che il ministro degli Esteri Abdallah Gul sono rigidamente più religiosi che i loro predecessori.
Il processo di integrazione è dunque arduo, se non impossibile, ed è destinato ad infiammare gli animi in tutti e due i campi. Non è affatto improbabile che invece di sollecitare “ponti di comprensione”, l’ingresso turco nell’Ue possa provocare ventate maggiori di islamofobia.
Piuttosto che “esportare” stabilità democratica, l’Ue potrebbe importare instabilità.
Tanto più che, al contrario degli standards europei, il “protettore” della laicità dello Stato turco risiede nel vertice dell’esercito nazionale.
Come ha scritto di recente il britannico The Economist, la “gran parte dei kemalisti di Istanbul e Ankara sospettano che nell’agenda del partito maggioritario turco sia scritto, tra le righe, il suo vero coloore: un intenso verde islamico. E che il partito stia soltanto utilizzando la prospettiva di un’adesione all’Ue per ridurre il potere delle forze armate prima di condurre il Paese in un ruolo di Stato islamico, sul modello iraniano... L’adesione all’Ue non avverrà. Vi saranno dei veti. E quando tale svolta sarà completata, tutta l’opera di Ataturk e dei suoi successori repubblicani sarà cancellata”.
Può assumersi l’Ue questo rischio? E può assumerselo la stessa Ankara? La questione di Cipro: Alla Turchia verrà richiesto il ritiro dei 35000 militari che occupano la parte orientale dell’isola (con la scusa che che uno Stato membro Ue debba essere riconosciuto nella sua “integrità”. Una meschina menzogna: basti pensare che l’Ulster irlandese fa eccezione, chissà perché... nota di Rinascita). In più le proprietà greco-cipriote espropriate dai turchi dovranno essere restituite (anche in questo caso la bialncia pesa soltanto da una parte: né la Slovenia, né la Croazia hanno minimamente intenzione di restituire gli immobili depredati agli esuli - 350.000 - italiani da Istria Fiume e Dalmazia).
Diritti umani e minoranze: Nel 1923 il Trattato di Losanna proteggeva le minoranze greche, armene ed ebree di Turchia. Nei prossimi negoziati l’Ue chiederà una maggiore attenzione al riguardo anche dei Curdi, un’etnia di 12-15 milioni di individui. E forse il riconoscimento di autonomie regionali.
Controlli di frontiera: La Turchia confina con Armenia (268 km), Azerbaijan (9 km), Bulgaria (240 km), Georgia (252 km), Grecia (206 km), Iran (499 km), Iraq (352 km) e Siria (822 km). E’ naturalmente difficile e costoso una concreta vigilanza di tali frontiere. ma l’Ue chiederà comunque qualcosa di più: è da quei confini, infatti che hanno origine i maggiori flussi di immigrazione illegale nell’Ue.

I dubbi su una tale adesione

Dal 2015 la Turchia sarà - ove aderente all’Ue - lo Stato “europeo” più popoloso, ed avrà di conseguenza il maggior peso nelle votazioni interne all’Ue.
Valéry Giscard d’Estaing (France) presidente della Convenzione europea ha osservato, a proposito che “ l’Europa deve essere chiara sulle fondamenta del suo essere: i contributi culturali dell’antica Grecia e di Roma, le comuni tradizioni ed eredità religiose, il creativo entusiasmo del Rinascimento, la filosofia dei Lumi, i contributi del pensiero razionale e scientifico. La Turchia non partecipa a nessuna di queste idee. Non è un fatto peggiorativo o negativo. La Turchia ha sviluppato la propria storia e la propria cultura, e
ciè è da rispettare. Tuttavia, le fondamenta dell’identità dell’Europa, così vitali per la coesione, oggi, dell’Ue, sono differenti. L’ingresso della Turchia cambierebbe la natura del progetto dell’Unione... Non ci sarebbe più identità, nessuna volontà comune, nessun ruolo da eseguire. Così il mondo andrebbe avanti senza un’Europa”.
D’Estaing ha proposto un trattato di cooperazione privilegiata Ue-Turchia. Altrimenti l’ue stessa imploderebbe.
C’è in Turchia una certa pubblica opinione che dichiara possibile accettare queste istanze Ue. Ma qui non si tratta soltanto di modificare delle leggi, si tratta di modificare una cultura.
La Turchia ha buoni rapporti di frontiera e di commercio con l’Ue. Molti Paesi potrebbero invidiare questi privilegi economici. Ma la Turchia non sembra essere un terreno privilegiato per insediamenti economici europei dell’ovest.
In generale corruzione. burocrazia e carenza di tutela dei brevetti sono le principali ragioni di questa mancata reciprocità di interessi.

Conclusioni

Dove e come il negoziato per l’accesso della Turchia nell’Ue evolverà, è un’incognita.
Le discussioni sulla questione Turchia-Ue sono, in questo momento, largamente accademiche.
E’ infatti arduo prevedere cosa l’Ue penserà al ruguardo tra 5 o 10 anni. Tutto è possibile. La stessa Ue sarà diversa da quella attuale.
E’ sufficiente ricordarsi il 1989. Avrebbe potuto qualcuno, prima di quella data, fare giuste previsioni sgli sviluppi dell’Ue negli anni a venire?
--- E i dubbi riguardano anche l’evoluzione della Turchia. Si dovrebbe dare per scontato che non vi saranno ostacoli o inciampi nel corso del processo di integrazione; che non vi saranno mutamenti degli standard democratici; che non vi saranno guerre.
E’, tra l’altro, difficile anche adesso, per l’Ue, pensare ad una vera politica estera e della difesa comune. La Francia custodisce gelosamente il suo potenziale al ruguardo. La Gran Bretagna ha i suoi interessi nel pianeta. La Germania è in crescita. L’Europa centrale ed orientale ha ancora la necessità di archiviare le ferite del suo passato comunista.
Per il momento, l’Ue può soltanto immaginare uno scenario di trasformazione nella più vasta area di libero mercato del mondo, con timidi elementi di coordinamento politico.
Soprattutto la Gran Bretagna può pensare che questa sia una “buona idea” e il vero obiettivo futuro dell’Ue.
In questo quadro dunque, come proposto da Giscard d’estaing, l’Ue dovrebbe optare per il riconoscimento, alla Turchia, di uno stato privilegiato di associazione Peraltro non esiste ancora un dibattito reale e serrato nell’Unione Europea sulla questione dell’ingresso della Turchia fra i Paesi membri dell’Ue. I cittadini europeo vorrebbero - evidentemente - essere messi al corrente sui benefici che un ingresso turco nell’Ue offrirebbe loro.
Se l’ingresso della Turchia nell’Ue sarà il frutto di una decisione di elite senza dibattiti pubblici e consultazioni popolari, la resistenza a tale progetto potrebbe accendersi subito dopo, e con effetti traumatici per la stessa Unione.
A dispetto delle dichiarazioni di vari governi Ue e della Commissione Europea su quanto la Turchia sia benvenuta nell’Ue, i sondaggi rivelano esattamente il contrario. C’è una forte e diffusa opposizione all’ingresso di un tale Paese - povero, e culturalmente differente - nell’euroclub.
Oltretutto, se la Turchia sarà “Europa”, tanti altri anomali candidati neo-inquilini busseranno presto alle porte dell’Unione

V.V

 
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