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Monsignor Luigi Padovese, Vicario apostolico per l.Anatolia,
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da PANORAMMA.IT
La notizia è appena arrivata, pesante come un macigno: Monsignor Luigi Padovese, Vicario apostolico per l'Anatolia, è stato ucciso nella sua casa di
Iskenderun, nel sud della Turchia. Un omicidio che deve preoccupare, e parecchio. Non soltanto perché si tratta di un uomo del Vaticano, ma anche perché ha tutta l.aria di essere un ennesimo episodio di intolleranza religiosa, di odio e rifiuto dell.altro, dello straniero, dell.occidentale, in un Paese che, a detta di molti, sta andando alla deriva.
Padovese, 63 anni, era il presidente della Conferenza episcopale turca.
Secondo la ricostruzione dei fatti diffusa dall'agenzia cattolica Asia News, i primi sospetti sull.autore dell.assassinio cadono sul suo autista e
collaboratore, un musulmano, descritto ome .depresso, violento pieno di minacce,. che collaborava da tempo con il prelato, che lo avrebbe
accoltellato.
Mons Padovese è stato ucciso a coltellate (credits: Ansa)
Non è la prima volta che la minoranza cattolica è presa di mira, nel passato
recente della Turchia. Lo stesso Padovese aveva denunciato tre anni fa il clima
di intollerenza religiosa, in occasione di un.aggressione contro un frate a
Smirne. Nel 2006 un altro religioso, Andrea Santoro, era stato ucciso mentre
pregava nella sua chiesa a a Trabzon, sul mar Nero.
Un altro capitolo, poi, meriterebbe la repressione della minoranza armena, e
in particolare degli intellettuali che cercano di mantenere viva la memoria del
genocidio avvenuto agli inizi del Novecento, e che tutt.ora le autorità turche
negano: tra le vittime di questa repressione, lo scrittore e giornalista Hrant
Dink, ucciso a Instanbul nel 2007.
Ora, è giunto il momento di chiederci che fine sta facendo la Turchia. Un
Paese che per secoli è stato il ponte tra Occidente e Oriente e che adesso si
sta allontando sempre di più dall.Europa.
A quanto pare non si tratta solo di un allontanamento strategico, né soltanto
di una determinazione a cercare partner e alleati altrove, nata dalla delusione
del mancato ingresso nell.Unione europea. Qui stiamo parlando di un vero e
proprio rifiuto culturale per l.Occidente e di quei valori di inclusione, di
laicità e di tolleranza incarnata dai Paesi europei (non sempre degnamente, se
posso dire la mia, ma questa è un.altra storia.).
Ieri Anna Mazzone ha scritto un.analisi molto calzante sul Riformista. Che
ripercorre l.avvicinamento della Turchia all.Islam politico dei Fratelli
musulmani, da quando nel 2002 il partito Akp di Recep Tayyip Erdogan ha vinto
le elezioni fino a oggi, ora che il governo di Ankara sta sparando a zero su
Israele.
Erdogan non ha vinto le elezioni perché i suoi elettori chiedevano a gran voce
l.Europa, ma perché volevano uno Stato diverso da quello dove hanno vissuto
fino al 2002. Nel 2008 la Turchia è diventata la sesta economica europea,
riducendo il suo debito pubblico dal 74% al 39%. Nello stesso anno, i dati del
Transatlantic Trends (che analizza gli orientamenti dell.opinione pubblica in
America e in Europa), parlavano chiaro: il 55% della popolazione turca non si
sentiva parte dell.Occidente. Oggi quella percentuale è ancora più ampia e l.
Europa è sempre più lontana. Non solo a causa del gran rifiuto di Bruxelles, ma
anche e soprattutto in seguito ai cambiamenti della società turca negli ultimi
dieci anni.
E ancora:
L.uomo che ha ridisegnato lo scacchiere degli equilibri politici nella
regione, tra Balcani, Caucaso e Oriente è Ahmet Davutoglu. Fino al 2009 l.
accademico e ambasciatore è stato il consigliere-ombra di Erdogan e ha
tratteggiato una nuova «visione» della politica estera turca, il cosiddetto
.neo-ottomanismo.. Dallo scorso anno il professore, spesso criticato per l.
ostentazione della sua fede islamica, è a capo della diplomazia di Ankara e non
nasconde il suo progetto di dare una nuova architettura all.intera regione,
nella quale la Turchia vuole svolgere un ruolo di primo piano. Davutoglu è l.
uomo che ha ricucito il dialogo con la Siria, che ha fatto ripartire quello con l.Armenia (anche se la normalizzazione dei rapporti è ancora in stallo) e che ha rafforzato le relazioni con Teheran. È una sorta di Kissinger alla turca.
Crocefisso a scuola. In Europa l'Italia non è sola
Nel ricorso contro la sentenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo che ha vietato l'esposizione del crocefisso nelle aule, l'Italia, che aveva
impugnato la pronuncia della Corte, non è sola, come riferisce l2Avvenire di oggi.
Il quotidiano cattolico rende noto, infatti, che altri dieci Paesi del Consiglio di Europa hanno chiesto, come aveva fatto alcune associazioni
cattoliche italiane ed europee (Acli, ad esempio), di essere ammessi come parte
terza nel dibattimento che si svolgerà il 30 giugno.
A fianco dell'Italia vi sono Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Monaco, San Marino, Romania e Federazione russa.
La posizione come parte terza consente a questi Stati di presentare alla Corte ufficialmente proprie osservazioni sull'argomento.
G.C
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