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Dmitrij Medvedev ha visitato la picola repubblica del Causaso ... Il nome Armenia evoca di solito echi di un antico genocidio
Paola Desai
Il deserto dell'Ararat?
Il nome Armenia evoca di solito echi di un antico genocidio e di contemporanei conflitti caucasici. Così quando il presidente russo Dmitrij Medvedev ha
visitato la picola repubblica del Causaso, la settimana scorsa, in agenda aveva la base militare russa, il conflitto nel Nagorno-Karabakh, e una visita al memoriale del genocidio. L'Armenia sta vivendo anche un'altra crisi, segnalava un dispaccio dell'agenzia di stampa russa Ria-Novosti, che però passa sotto silenzio: quella ambientale. La piccola repubblica montagnosa potrebbe diventare presto un
deserto, a quanto dicono molti ambientalisti e alcuni raporti di agenzie dell'Onu. E questo perché le foreste che ricoprivano quelle montagne stanno
scomparendo: circa 750mila metricubi di copertura forestale ogni anno viene tagliata. Secondo uno studio della Banca Mondiale, oggi solo l'8% del
territorio è ancora coperto da boschi, contro il 40% di pochi decenni fa: se il tasso di deforestazione attuale non rallenta, in 50 anni il paese sarà
desertificato.
Il colpo di grazia alle foreste armene è arrivato negli anni '90, proprio mentre nel Caucaso cominciavano diversi conflitti e l'Armenia doveva far fronte alla crisi energetica e al blocco economico. E' allora che gli alberi hanno cominciato a scomparire: tagliati dapprima in modo «spontaneo», artigianale, poi sempre più organizzato; per legna da ardere e poi per l'export. La deforestazione, benché in gran parte illegale, è decollata con un redditizio
commercio di legname. Lo sfruttamento delle foreste è peggiorato «quando potenti uomini politici hanno monopolizzato le risorse e i profitti che vengono
dall'esportare legname dalla valle di Ararat», dice all'agenzia russa Hakob Sanaranyan, della ong «Unione dei verdi d'Armenia». Si tratta sia di un giro
d'affari di parecchi milioni di dollari all'anno, secondo la Ria-Novosti negli ultimi 5 anni l'esportazione di legname dall'Armenia è aumentato di dieci volte, e secondo l'istituto armeno di statistica la gran parte del legno esportato va in Italia e negli Emirati arabi. Gli ambientalisti sottolineano che le foreste sono territorio demaniale e sono in teoria protette dala legge, ma diverse aziende hanno ottenuto concessioni per tagliare legname legalmente.
Il cambiamento climatico peggiora le cose, perché sta minacciando le ultime foreste rimaste. E il declino delle foreste minaccia anche le risorse idriche,
che stano calando in quantità e qualità. Nel centro di Yerevan, la capitale, solo poche case hanno l'acqua corrente 24 ore al giorno: nel resto della città l'azienda (privata, francese) di gestione idrica dirama ogni cese un calendario delle ore in cui l'acqua ci sarà. E' un problema di cattiva gestione, dicono gli ambientalisti, perché il paese dovrebbe avere abbondanza d'acqua - almeno se saprà salvare le sue foreste.
L'agenzia di stampa russa riferisce di una ong che cerca di combattere la deforestazione piantando alberi: ma 3,5 milioni di alberi piantati in 16 anni
sono poca cosa di fronte alla dimensione della deforestazione. E' chiaro che sono in gioco scelte di lungo termine. Il programma dell'Onu per lo sviluppo (Undp) di recente ha avvertito che «il futuro economico dell'Armenia dipenderà dalle decisioni che la generazione attuale farà circa gli investimenti per adattarsi al cambiamento del clima (in uno studio diffuso insieme al Stockholm Environment institute, uno dei più autorevoli istituti di studi ambientali in Europa).

G.C

 
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