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ĞIl ricordo dei miei giorni in coma combattendo contro la forza oscurağ
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da IL CORRIERE VENETO
ANTICIPAZIONI
Esce «Ishtar 2», il nuovo libro di Antonia Arslan. La scrittrice padovana racconta l’esperienza della malattia:«Una rinascita, sono cambiata»
«Se apro gli occhi li vedo in agguato da ogni parte della stanza, quei soffici ammassi come nuvole bianche… che avanzano verso i miei occhi e vorrebbero inghiottirmi… bisogna fissarli a lungo perché arretrino». È la storia di una battaglia, continua e senza esclusione di colpi, quella che ha portato la scrittrice Antonia Arslan fuori dal coma. L’esperienza dell’assenza, un lungo percorso tra la vita e la morte, la vittoria finale, il risveglio, sono narrati dall’Arslan nel suo ultimo libro Ishtar 2 (Rizzoli editore), in libreria dal 17 novembre. Ricoverata in rianimazione nel reparto Istar 2 dell’Ospedale di Padova, nella notte tra il 12 e 13 aprile 2009 per choc settico causato da un calcolo renale, la scrittrice si è risvegliata dopo settimane. Da quell’esperienza drammatica, è nato «un libro per non dimenticare», cronaca dettagliata, minuto per minuto, di tutto ciò che ha sentito e vissuto mentre era «una bambola inerme nelle mani di medici e infermieri», ma con la testa sempre vigile e presente. «Il ricordo di quanto è accaduto era così vivo in me, che mi è bastato seguirlo per ricostruire ogni momento di quei mesi di assenza - spiega Antonia Arslan -. Avevo scritto solo appunti minimi, appena ho avuto la possibilità di tenere in nuovo in mano una penna, ma mi sono bastati per rivivere poi tutto quel periodo, senza bisogno di romanzarlo: una cronaca reale».
E mentre la scrittrice era immobilizzata in Rianimazione, il corpo bloccato e martoriato, la mente invece viaggiava, scrutava, annotava, viveva, rifiutava di cedere all’oblìo. «La sensazione più forte era quella di una forza oscura che mi attirava verso il nulla - ricorda la Arslan -, mentre io lottavo per non essere risucchiata dall’ombra, ma spiccare il volo verso la luce. Combattevo contro quegli ammassi bianchi che volevano inghiottirmi, sapevo che se restavo sveglia li avrei ricacciati indietro. Mi era chiarissima soprattutto una cosa: se restavo vigile sarei sopravvissuta. Così riflettevo, pensavo, lavoravo con la testa, combattevo». Accanto al tempo che scorreva lento, alle visioni, ai ricordi e alle fantasie, la scrittrice narra del muoversi e alternarsi al suo capezzale di infermieri e medici, come angeli attenti a venirle in soccorso e darle sollievo nei momenti più cupi. «Si parla tanto di malasanità - dice -, ma in Rianimazione ho trovato un reparto di cura d’eccellenza, con persone che ho voglia di incontrare di nuovo». Le ore si susseguono e quella che sembra un’assenza, è invece una battaglia feroce, continua. Il momento più drammatico di quegli otto mesi, Antonia Arslan ce l’ha impresso bene nella mente. «Il peggio è stato quando mi hanno tolto il tubo che mi faceva respirare - dice - , farcela da sola è stato uno sforzo enorme. Lì ho capito quanto la capacità di respirare autonomamente sia un dono, dopo quell’esperienza apprezzo ogni respiro».
Che cos’è cambiato nella vita della scrittrice dal momento del risveglio? «È stata una rinascita - fa sapere l’Arslan -. E il racconto che ha portato a realizzare il libro, è un cammino di gioia, di speranza, di riconquista della vita, vuole essere un messaggio positivo». L’istante più bello? «Il primo sorso d’acqua che sono riuscita a inghiottire e il primo boccone di semolino, li sentivo scendere giù per la gola diffondendomi un senso di benessere dimenticato». Quella battaglia tra la vita e la morte ha cambiato anche la percezione dell’oggi. «Sì, adesso prendo tutto con maggiore tolleranza, ho modificato la scala di importanza delle cose, mi irrito meno, ho una pazienza infinita. Qualsiasi cosa accada mi sembra una sciocchezza in confronto di ciò che ho passato», sottolinea Antonia Arslan. In otto mesi è nato il libro Ishtar, ma la scrittrice sta già lavorando al prossimo progetto editoriale: il terzo volume della saga sugli armeni, dopo La masseria delle allodole e La strada di Smirne. «Il prologo è il racconto che ho scritto in agosto per il Corriere del Veneto - rivela -, da lì prende il via la storia del mio prossimo romanzo».
Francesca Visentin
G.C.
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