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Arshile Gorky, quando la doppia identità
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da Il Corriere della Sera
Biografie
Matthew Spender ricostruisce la vita dell.artista
di origini armene. La celebrità non bastò a cancellare i ricordi del genocidio
Biografie
Arshile Gorky, quando la doppia identità
è una condanna Matthew Spender ricostruisce la vita dell.artista di origini armene. La celebrità non bastò a cancellare i ricordi del genocidio
Il volto è quello di un giovanotto armeno alto e con la mascella volitiva, chea volte sa indurire ancora di più con brusca fierezza, forse per proteggere la
propria congenita fragilità. Ma la storia di Vostanik Manoog Adoyan, noto come Arshile Gorky, pittore oggi celebrato in tutto il mondo, è in fondo la storia
di una doppia identità: armeno sì, e non solo per le sue origini ma per esserescampato al genocidio, che avvenne nei primi decenni secolo scorso, tanto da
diventarne un simbolo e da essere ricordato come tale dalla propria comunità.
Però anche figlio di quell.America che non chiede conto del passato, che si sta preparando con determinazione a salvare la libertà del mondo, e poi vive da protagonista la devastante Seconda guerra mondiale, pronta a tutto pur di sconfiggere la follia nazista. In sintesi, l.arte di questo pittore immigrato e ribelle, che attinge al surrealismo e lo innesta nell.espressionismo astratto, è l.omaggio di una creatività straordinaria al proprio Paese di adozione.
Di Gorky, il nuovo nome del pittore che sembra riassumere nostalgie rivoluzionarie ed un.indubbia attrazione per la rivoluzione sovietica, i
critici più importanti conoscono ogni tratto artistico. Ma quel che più colpisce è la sua controversa personalità, che probabilmente trova radici e ragione nelle sofferenze patite durante l.infanzia, nei pressi del lago Van, insomma nella sua terra d.origine. Sofferenze che hanno segnato profondamente un popolo e tutte le sue famiglie, compresa quella del futuro pittore. Famiglie sfibrate dalla precarietà, dalle continue fughe verso una possibile salvezza, e smembrate nei legami e negli affetti, vittime e a volte complici del proprio destino.
Arshile Gorky: «Ritratto dell.artista con la madre», morta di fame nel genocidioSaremmo tentati di definire appassionata o ancor meglio innervata dinobile umiltà la ricerca di Matthew Spender, scultore, pittore e scrittore inglese, che ha ripercorso con entusiasmo la breve vita di Arshile Gorky, morto suicida a 44 anni. Lo ha fatto con piglio accademico, anche se il suo libro Una
storia armena. Vita di Arshile Gorky (Barbès editore, pp. 444, . 16) è fluente, aneddotico e assai poco in linea con le rigide griglie di un testo
universitario; per amore della moglie, che del pittore è la prima figlia; ma anche per il desiderio - molto british - di svelare e scalfire tanti luoghi comuni sulla vita dell.artista. Scoprendo ad esempio, davanti a ogni quadro,che pur essendo ovvio che l.autore «era di nazionalità armena e che abbia attraversato l.orrenda esperienza del suo popolo nei primi decenni del XX secolo», è assai meno ovvio individuarne legami artistici consequenziali.
Quindi, «tentare di usare le opere di Gorky come evidenza del genocidio, una causa molto importante ma di natura politica, sarebbe un tradimento sia della sua opera che della sua identità privata».
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Spender, ed è questo uno dei grandi pregi di questo libro, che nella versioneinglese ha già riscosso grande e convincente successo negli Stati Uniti, segue
i canoni corretti di un.inchiesta che si sviluppa senza idee preconcette.
L.autore del libro, a volte freddamente affettuoso e tollerante, è sempre
scrupolosamente aderente alle testimonianze che ha raccolto, con penna e
taccuino, sulla vita del pittore. Ne esce un ritratto vero, autentico, che forse spiega i traumi del genocidio (o massacro di massa) degli armeni più di tante biografie celebrative. Gorky alla fine ci racconta, attraverso le ricerche e l.analisi di Matthew Spender, che di doppia identità si può anche
morire.
Antonio Ferrari
15 novembre 2010
G.C
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