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giornalista Laura Delsere che racconta la storia della mia famiglia ha vinto il Premio Enzo Baldoni
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Sono Adel Faroyan (adelfaroyan@gmail.com) e scrivo da Padova L'articolo della giornalista Laura Delsere che racconta la storia della mia famiglia ha
vinto il Premio Enzo Baldoni di giornalismo 2010..La premiazione sara' venerdi' 26 novembre, h 17.30, presso l'Istituto dei Ciechi, sala Barozzi, in
via Vivaio, 7 a Milano Nella giuria del premio ci sono i direttori dei maggiori quotidiani italiani: De Bortoli (Corriere della Sera), Di Bella (Tg3
Rai), Riotta (Il Sole 24 re), Morandi (Il Giorno), Belpietro (Libero), Mentana (Tg La 7), Mule' (Panorama) e l'inviata di Repubblica Natalia Aspesi
L' entrata è assolutamente con invito e chi desidera partecipare mi scriva in modo che possa disporre per l'ingresso Adel Faroyan
Ita ENG BhsChi siamo Contattaci Corrispondenti Sostenitori Login TEMITUTTE LE NOTIZIE COOPERAZIONE SEENETMULTIMEDIA DOSSIER INTERVISTE REPORTAGE SPECIALIE VENTI PRODOTTI LIBRERIA APPUNTAMENTI Abkhazi a Albania Armenia Azerbaijan Bosnia
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ricordo""Io li ricordo"itaLaura Delsere 24 aprile 2010 0 Commenti|MoreBambini a Meghri, in Armenia ( Derrick Peters / Flickr)Il genocidio degli armeni visto da un interno familiare. Due sopravvissuti bambini, il loro incontro a 15 anni in un orfanotrofio. Il dolore impossibile da confidare anche ai discendenti.
Così una giovane universitaria racconta la storia vera dei suoi nonni, in occasione della Giornata dell a Memoria, 24 aprileDue vite lontane, un nome in
comune. Novantacinque anni fa, in giornate di fine aprile come queste, si festeggiava la Pasqua in Armenia, e cambiava la vita di Adel Faroyan. Allora
avrà avuto circa 5 anni. Difficile sapere dettagli di lei. Oggi li ripercorre con la sua voce una specializzanda in letterature e lingue comparate, di circa ventisei anni. Adel Faroyan, sua nipote. .Mia nonna Adel e mio nonno Gurghèn da bambini si ritrovarono soli al mondo. Erano gli unici delle rispettive famiglie sopravvissuti al genocidio.."Ho combattuto per sapere il loro passato"Difficile
ricostruire quei fatti. Sia perché accaduti nell.infanzia. Sia perché atroci da riportare in superficie. .Ho combattuto per sapere il loro passato .conferma oggi Adel- Non ne parlavano mai. Se non a fatica, incalzati dalle domande dei
figli, di mio padre Grigor e dei suoi fratelli. Che però pretendevano sempre meno, perché vedevano la sofferenza nel volto di mio nonno Gurghèn quando lo
portavano a quella svolta del tempo. Bastava nominare Kharberd, dov.era nato, la sua città perduta, e anziché parlare, piangeva..Come farlo proseguire, vista la sofferenza che gli comportava? Ma anche come lasciarlo tacere?Il Museo del Genocidio armeno a Erevan Visita virtuale al centro studiaperto nel Paese
caucasico, con le foto e i documenti dell'epocaIl lungo silenzio è un tratto comune ai sopravvissuti. Quelli della Shoah notoriamente, anche per decenni,
non ne parlarono né tra loro, né ai propri figli. Così quelli del Metz Yeghern del 1915, il .grande male. scatenato dal regime dei Giovani Turchi il 24 aprile e che nei mesi successivi cancellò oltre un milione di armeni entro le frontiere dell.Anatolia, creando un.infinità di destini come quelli di Gurghèn
e Adel.Il villaggio di Kharbed, prima del 191524 aprile 1915-2010 Si celebra anche in Italia laGiornata nazionale della memoria del genocidio armeno.
Iniziative e proposte bibliografiche per approfondire Appuntamenti proposti dalla Comunità armena di RomaAppuntamenti proposti dall'Associazione
Italiarmenia.Mio nonno Gurghèn conservava dettagli dei momenti in cui aveva perduto i suoi familiari spiega la nipote- Nell.aprile 1915 era il penultimo
figlio di una famiglia numerosa. Suo padre Grigor con il giovane Hovhannes, il primogenito, erano stati chiamati sotto le armi, e nessuno li vide mai più, già
prima della deportazione.Frammenti dell'ultimo giornoQuanto agli altri fratelli, quell.ultimo giorno erano andati al lavoro nei campi. Lui bambino
ricordava di aver trovato la casa improvvisamente vuota e di esserli andati a cercare. Ma nel campo li vide tutti morti.In fuga da quella scena incrociò sua
madre .sarebbe stata la mia bisnonna- Makruhì con l.ultimo nato in braccio, Surèn. Di loro tre, madre e neonato morirono lungo la strada durante la
deportazione. Non sappiamo che cosa sia successo poi. Qualcuno vide un bambino da solo e lo portò con sé. Di chi salvò mio nonno Gurghèn e di come solo al
mondo arrivò all.orfanotrofio americano di Gyumri, lui stesso non l.ha mai detto. Ma lì nell.orfanotrofio, a 15 anni, incontrò mia nonna Adel e la sposò..Sabato 24 per la prima volta Istanbul in piazza per gli armeni Commemorazione senza precedenti quest'anno in Turchia per il giorno della memoria armeno. Sono previste manifestazioni pubbliche, nell'anniversario del raid contro 220 membri dell.intelligentsia armena nel 1915, episodio che segnò l'avvio delle persecuzioni di massa. Appuntamenti a Istanbul davanti alla stazione di Haydarpasha, da dove partì il primo convoglio della deportazione, e nella centrale piazza Taksim . Le pressioni sugli organizzatori si moltiplicano. Ma secondo il politologo Cengiz Aktar, .i jinn -gli spiriti- sono usciti dalla loro bottiglia., il tabù comincia ad incrinarsi. Certo non ancora nella versione ufficiale della storia nazionale, ma tra gli intellettuali, in libreria e nei dibattiti in tv, la questione, tra intimidazioni e aspri confronti, è aperta.Al Nobel turco per la letteratura Orhan Pamuk, si sono aggiunti altri dissidenti di spicco. E. il caso di Hasan Kemal, editorialista del quotidiano .Milliyet ., nipote del leader dei Giovani Turchi Kemal Pasha, che negli ultimi anni si è dedicato al tema della riscoperta della verità
storica in Turchia: .A scuola e all.università impariamo che gli armeni collaboravano con il nemico e che morirono deportati verso la Siria. Non si sa
nulla della verità storica. La Turchia è stata tenuta nell.oscurità -ha scritto- Oggi le cose stanno cambiando.. Nel 2008 una petizione per il perdono. alle vittime armene della .grande catastrofe del 1915. è stato firmato da 30 mila cittadini. Nel 2010 Ankara ha ammesso la morte di circa 300 mila armeni in seguito alle deportazione, negando tuttavia ogni pianificazione.
L.D.Un paio di scarpe da bambinaDi Adel a 5 anni invece, e della sua vita prima del genocidio, è rimasto un oggetto. .Un paio di piccole scarpe con i tacchi, su misura per lei. Si vede che mia nonna le adorava, perché le portò con sé,nascoste in un sacchetto. Inservibile tesoro, per una bambina che fu deportata. riferisce oggi la nipote- Adel restò in vita, ma senza più genitori né fratelli.Non disse che cosa aveva visto. Sono mille le storie come la sua: si
restava in vita per un caso, per un pezzo di pane, un po. d.acqua, o per qualcuno che aveva pietà. Una nostra vicina si salvò, anche lei da bambina, per
essersi attaccata alla coda di una vacca mentre la colonna di deportati guadava un fiume. Suo fratello invece non fece in tempo.Molti anni dopo, con quelle
scarpe infantili, nella nostra casa di Yerevan, giocavo io da piccola: senza sapere il loro valore, le mettevo per sembrare più grande. Finché interveniva
mia madre: sono quelle di tua nonna, non devi toccarle! Oggi le custodiamo ancora..Così quella di Adel e Gurghèn, grazie ad un paio di scarpe da bambina,diventa una storia possibile. Diventa l.inferno che può essere attraversato.Una generazione passata per l'orfanotrofioAnche Adel fu portata all.orfanotrofio americano di Gyumri, che in alcuni documenti dell.epoca si chiama anche Alexandropol. L.associazione nordamericana .Near East Relief. (fondata per soccorrere agli armeni sopravvissuti al genocidio e in cui ebbe un ruolo chiave l'ambasciatore Usa presso l'impero ottomano, Henry Morgenthau, tra i più autorevoli primi testimoni degli eventi, ndr ), che lo gestiva, ha calcolato
che vi fossero approdati nei mesi a ridosso del genocidio 11 mila orfani come Adel e Gurghèn.Era una delle istituzioni internazionali, tra quelle greche,
russe, inglesi, francesi, tedesche, svizzere, che si facevano carico, già dalla fine del 1915 dei profughi armeni scampati ai massacri. Per i minori, c'erano
per lo più orfanotrofi con migliaia di bambini e poco personale, dov'era possibile solo un.educazione sommaria.I nomi dei figliOrfani armeni soccorsi
dall'American Committee.Lei incontrò il suo coetaneo Gurghèn a 15 anni, se ne innamorò e lo sposò .rinnoda il filo oggi la nipote Adel- Divenne infermiera in
un ospedale, lui invece cominciò a lavorare come autista. Ebbero 12 figli. Uno è mio padre.Li chiamarono con i nomi di chi avevano perduto: Surèn, Makruhì,Adel, Grigor, Hovhannes. Sentirli risuonare in casa aveva davvero il valore di una presenza. E decisero di generare tanti figli per essere sicuri che i piccoli avrebbero sempre avuto accanto qualcuno nella vita.In quanto famiglia numerosa, nell'Urss di cui l'Armenia era entrata a far parte, ebbero diritto
agli appartamenti popolari che venivano costruiti e assegnati gratuitamente a Yerevan. Case piccole, scomode, dove entra poco la luce del sole. Lì abitiamo
tutt.oggi..Doppi segreti di famigliaMa i segreti di famiglia non erano finiti.
.Di mia nonna Adel a lungo conobbi un cognome che nei fatti era falso. Ero convinta che da ragazza si chiamasse Adel Matveevna. I figli, cioè mio padre e
i suoi fratelli, sapevano che era di origine russa. Lei stessa li portò una volta in vacanza a San Pietroburgo, dov.era cresciuta da bambina.Ma la vera
identità la seppi molto più tardi: si chiamava Lapuchina. Un cognome aristocratico. Una Lapuchina era stata la prima moglie dello zar Pietro Il
Grande. E ad una giovane Lapuchina il poeta Pushkin aveva dedicato una composizione. Ma dopo la Rivoluzione del 1917 era un nome pericoloso, da russi
bianchi, da cui lei si era dovuta proteggere. Così mia nonna, pur sfuggita al genocidio, nell.Urss sarebbe stata al sicuro dalla sua storia sconvolgente solo con un nome inventato. E divenne Adel atveevna.."Una memoria deliberatamente cancellata"Qui Adel, specializzanda all.università, può riprendere la parola a proprio nome. .E. importante per me raccontare. Il ricordo rende tutti quei protagonisti persone vive, quando invece nel massacro sembravano perdute per sempre.Certo, di loro non abbiamo molto. Perché la memoria del loro passaggio è stata volutamente distrutta. Della stessa città di Kharberd, che mandava in lacrime mio nonno, non resta nulla dell.epoca. Fu completamente bruciata, casa
per casa. Come diceva Kemal Pasha (così è detto Ahmet Kemal, che con Enver e Talat alla guida del governo dei Giovani Turchi, fu tra gli architetti del genocidio, ndr ) doveva restare solo un armeno e solo in un museo..Orfane armene al lavoro in un centro dell'American CommitteeDopo Adel e GurghènNeppure la prima Adel e suo marito Gurghèn ci sono più. .Lei è morta a Yerevan per malasanità, a causa di cure sbagliate. Mio nonno è rimasto vittima poco tempo dopo di un incidente stradale. riferisce Adel. Da lì la storia è cambiata ancora. Ricordarli per la prima generazione, quella del padre di Adel, ha significato difendere l.Armenia nell'esercito e il nazionalismo: .mio padre Grigor ha combattuto negli anni .90 la guerra del Nagorno Karabakh, ed è stato
tra quelli che hanno conquistato la città di Shushi, battaglia-simbolo del conflitto armeno-azero. conferma.Per sé Adel ha scelto un.altra carriera: gli studi all.estero, le letterature comparate. Ma anche le ricerche sul campo per ricostruire il passato e iniziative all.università per far conoscere la sua cultura.Fino a momenti come questo, dove nei giorni attorno al 24 aprile, torna a parlare di un.altra Adel come lei. L.effetto è quello primaverile del riverbero su uno specchio. E manda luce.
Adel Faroyan
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