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Il dramma del genocidio dietro a una storia a colori
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Il dramma del genocidio dietro a una storia a colori
30 dicembre 2010
Agop Manoukian (Foto by COMO)
di Carla Colmegna
Agop Manoukian, imprenditore e sociologo comasco nato da un padre armeno,
costretto a scappare nel 1909 dalla sua terra - la Cilicia - per sfuggire ai
massacri di Adana, quando aveva solo nove anni. Agop Manoukian la storia della
sua famiglia e della cultura armena se l'è sentita raccontare fin da piccolo e
ne ha nutrito e tramandato rispetto, ma anche senso di responsabilità e
appartenenza che ha poi traslato anche nell'impegno lavorativo in aziende
familiari, la «F.lli Manoukian-Frama e la Lechler spa», l'azienda di vernici di
cui è attualmente presidente e che conduce con i nipoti, Aram e Vasken,
continuando l'opera del padre e del fratello Noubar.
Agop Manoukian ha una storia singolare, familiare e imprenditoriale, che si
intreccia con vicende collegate alle origini armene e all'impegno della
famiglia in diverse iniziative industriali. «Lechler» oggi sta vivendo un
passaggio particolarmente significativo, visto che ha appena tagliato il
traguardo dei cento anni della sua vicenda italiana. Per questa ricorrenza
l'azienda ha promosso una ricerca sulla propria storia che ha dato origine ad
una pubblicazione in tre volumi curata da Agop Manoukian: "Lechler. Storia e
Racconti di un Marchio", un'opera della quale era già stato presentato il primo
volume "Vernici e smalti dal 1858" e che si completa ora con il secondo volume
"Cent'anni di Lechler italiana" e la raccolta iconografica "Attraverso le
immagini". Si tratta di libri che raccontano la storia italiana della Lechler
nata il 24 febbraio 1910 con Giuseppe Brizzolara, Domenico La Regina e
Alessandro Rizzi (sostenuti dalla Banca Amadeo e da un gruppo di soci ad essa
collegati) e al tempo stesso inseriscono le vicende dell'impresa nel quadro
delle evoluzioni della chimica italiana delle vernici. Attaccamento alle radici
e vivissimo senso di appartenenza costituiscono caratteri distintivi nella
famiglia dei Manoukian, provenienti dall'educazione trasmessa dal padre di Agop
Manoukian.
Dottor Manoukian lei è imprenditore e sociologo, ma sembra di capire che alla
base delle sue attività ci sia un costante richiamo alle radici e al senso di
responsabilità e appartenenza a un gruppo. È cosi?
La mia carriera professionale è iniziata all'università con attività di ricerca
sullo sviluppo industriale e sulla partecipazione politica e con attività di
insegnamento. Dal '68 al '73 ho insegnato Storia delle istituzioni familiari, a
Trento. Ora tengo un corso di gestione delle risorse umane al quinto anno
della Facoltà di Psicologia ma questo è per me un lavoro marginale. Dagli anni
'70 il mio impegno lavorativo si è concentrato nelle aziende di famiglia. Tutti
abbiamo delle radici: le mie sono profondamente segnate da un genitore che ha
vissuto le conseguenze del genocidio degli armeni e che mi ha trasmesso un
forte senso di responsabilità per continuare le iniziative che aveva intrapreso
in campo industriale, in particolare in Lechler, e per sostenere la causa
armena.
Identificazione sociale e culturale e imprenditoriale quindi si fondono e
garantiscono la sopravvivenza, anche in momenti difficili?
Sì, Lechler in particolare negli ultimi anni ha assunto la fisionomia di
un'azienda a conduzione manageriale: è però vero che la cultura familiare
condivisa anche dai collaboratori che non hanno legami familiari con i
Manoukian, diventa il cardine di una sostanziale continuità aziendale. Più
volte i nostri collaboratori ci hanno invitato a non mollare, soprattutto
quando tante grosse multinazionali chiedevano di poterci comperare.
Non si è mai sentito schiacciato dal peso di dover recuperare e difendere la
cultura armena, minacciata dal genocidio?
Senz'altro no, anzi. Mio padre sposò un'italiana e fece di tutto per integrarsi
al meglio in Italia, dove si trovò molto bene e venne ben accettato. In quegli
anni i pochi armeni arrivati in Italia erano collocati in buone posizioni
professionali e sociali, e quindi venivano guardati con rispetto e interesse.
Io ho avuto un'educazione tutta italiana, ma ho studiato con passione la
cultura armena e le basi della sua lingua. Non è stata un'imposizione da parte
di mio padre, tant'è che non tutta la mia famiglia ha coltivato in egual misura
questo interesse. Alcuni lo hanno particolarmente sviluppato: una mia nipote
architetto porta avanti tuttora progetti di restauro di antichi monumenti
armeni in Armenia. La tradizione di impegno per il mondo armeno continua in
varie forme, più elaborate.
Vede analogie tra il genocidio armeno e i genocidi più recenti in ex Jugoslavia
per esempio?
Certo, tutti i genocidi hanno similitudini. La parola genocidio è stata
inizialmente coniata proprio per designare quel che è accaduto agli armeni:
un'operazione di distruzione non solo delle persone, ma di tutto il patrimonio
culturale di un popolo. Non a caso il 24 aprile 1915 è stata scelta come la
data simbolo del genocidio armeno perché in quel giorno venne arrestata
l'intera classe degli intellettuali e degli artisti armeni. È una violenza che
continua ancor oggi con il disconoscimento della storica presenza di una
tradizione culturale armena in territorio anatolico. Tuttora il mancato
riconoscimento della realtà del genocidio costituisce uno dei fattori che
ostacolano l'ingresso della Turchia in Europa. È una ferita ancora molto
aperta.
Film e libri sul genocidio armeno ne sono stati fatti e scritti. Li reputa
fedeli e utili alla ricostruzione storica de fatti?
In Italia negli ultimi 15 anni si è notevolmente ampliata e diffusa
l'attenzione per le vicende del popolo armeno. Sono stati pubblicati testi
originali e traduzioni: alcuni hanno un importante valore documentario come
quelli che riproducono gli atti diplomatici riferiti alla causa armena
depositati presso gli archivi del Ministero degli Esteri italiano; altri hanno
un carattere divulgativo come "La masseria delle allodole" di Antonia Arslan,
da cui i fratelli Taviani hanno tratto un film discutibile. Ben diverso, più
complesso, e a mio avviso, più interessante è ad esempio , il film "Ararat" di
Atom Egoyan.
I Manoukian mantengono il loro legame con le origini anche nei nomi che danno
ai figli, nessuno si è mai ribellato chiamando il figlio, per esempio, Paolo?
No, non credo. Dare un nome armeno al nuovo nato che porta il cognome
Manoukian, permette di mantenere vivo un riferimento: è un segnale. Il legame
con la nostra storia è inevitabilmente forte, tipico di chi è stato costretto a
vivere in diaspora, magari separato, ma legato da un precedente comune
destino. La comunità armena in Italia è tuttora poco numerosa soprattutto se
paragonata a quelle che vivono negli Usa, in Canada o in altri paesi europei,
come la Francia. È tuttavia particolarmente attiva non solo per conservare e
documentare i valori della tradizione, ma anche per mantenere viva la
solidarietà con la piccola Repubblica d'Armenia che vive tuttora una condizione
di assedio da parte dei paesi confinanti. Esiste una Unione degli Armeni
d'Italia di cui per anni sono stato presidente.
© riproduzione riservata
da Abruzzo Cultura
scritto da Romano Maria Levante
tematiche affrontate: società & cultura
Abbiamo interrotto il racconto della serata a Forca di Valle, Teramo, al
momento in cui Elisabetta De Sapio Iacovoni, dopo aver rievocato la tragedia
del popolo armeno sterminato in una spietata .pulizia etnica. per la paranoia
nazionalista turca, è passata a documentare con le prove la propria
ricostruzione riportata nel recente servizio: è stata una parte basilare
dell.analisi su .L.olocausto armeno, un genocidio negato.. Questa pausa, oltre
che per l.ampiezza della trattazione, si è resa opportuna per far sedimentare
il racconto, suscitare le inevitabili incredulità che si è voluto lasciare
libere di manifestarsi senza comprimerle subito con il peso degli accertamenti
della studiosa.
Armeni deportati.
Il .modernismo. alleggerisce l.evocazione del dramma armeno
Ora è venuto il momento di concludere il film dell.orrore dell.olocausto armeno
con le prove annunciate al momento della rievocazione; ma non le documenteremo
con altre immagini dell.orrore, e ce ne sono di più raccapriccianti di quelle
che abbiamo pubblicato, siamo al livello di teste mozzate ed esposte come
macabri trofei. A parte l.apertura per tenere viva la memoria, le illustrazioni
ravviveranno il racconto e non lo oscureranno; perché non saranno
sull.olocausto armeno ma sul .modernismo. che nello stesso periodo . 1880-1920
. allietava intanto gli europei con le sue trovate stilistiche applicate ai
settori più diversi, dalle lampade ai soprammobili, dagli oggetti di uso
quotidiano a quelli molto particolari, fino all.architettura e ancora oltre.
Nell.accorta regia degli anfitrioni della serata e organizzatori del simposio
culturale, Fabrizio Iacovoni e Michelina Possenti Iacovoni, a un tema
intellettualmente complesso ne segue uno più leggero illustrato da immagini
distensive; fu così lo scorso anno con i collegamenti tra Fascismo e Futurismo
visti nel rapporto tra Marinetti e Mussolini con le rutilanti immagini dei
quadri futuristi commentate dalla padrona di casa Michelina dopo la figura e il
pensiero di Benedetto Croce analizzati da Paolo Tomassini; lo è stato
quest.anno con le immagini leggere e colorate del .modernismo. commentate da
Gabriella Fabbri dopo l.incubo del dramma armeno trattando il tema:
..Modernismo.: origini ed esiti del movimento in Europa.. E allora ci è
sembrato di dover riportare questo accostamento anche perché le due realtà sono
compresenti nello stesso periodo e nella medesima parte del mondo, confermando
che la natura umana è capace di tutto, nel bene e nel male: aspetto questo che
dopo la .prova generale. dei turchi con gli armeni raggiunse il diapason
dell.orrore e della scelleratezza senza confini con l.apocalittico genocidio
nazista degli ebrei.
Le prove del genocidio armeno non concludono la storia, si parlerà anche del
negazionismo, un alibi al quale ricorrono i governanti e gli stessi popoli
quando il peso delle colpe è tale da risultare insopportabile per la coscienza
civile. Allora si nega disperatamente anche di fronte all.evidenza, e abbiamo
ricordato come ciò avvenga al livello più alto delle istituzioni turche, tanto
che Obama ha dovuto fare una retromarcia quando la risoluzione del Senato
americano di condanna del crimine turco ha provocato reazioni tali da
minacciare di compromettere i rapporti tra i due paesi in un.area strategica
molto delicata per gli Stati Uniti perché al confine settentrionale del
tormentato Iraq.
Andiamo dunque alle prove del genocidio, intervallate dalle immagini del
.modernismo. che ha dato in quel periodo una svolta nel gusto degli Europei nel
segno della leggerezza e dell.originalità.
Manifesto .L.Art Nouveau., la Maison Bing.
Il dispaccio di Taalat Pascià e le testimonianze di Morgenthau e del nostro
Gorrini
Non ripercorriamo le tappe del massacro del popolo inerme, tra l.altro operato
con l.inganno per nasconderlo alle nazioni europee, in tutt.altre faccende
affaccendate soprattutto allo scoppio della prima guerra mondiale, ma delle
quali era temuta la reazione se fosse stato evidente quello che veniva soltanto
sospettato o percepito senza chiarezza né certezze. Diciamo solo che da una
popolazione dell.ordine di due milioni, secondo il primo censimento della
Repubblica turca del 1927, si scese a meno di 125 mila, e non fu l.effetto
della guerra, gli eccidi cominciarono prima.
Un documento inequivocabile riportato dalla De Sapio Iacovoni precede l.inizio
della guerra mondiale, quindi nessun rapporto di causa ed effetto con il
conflitto, anche se poi ha favorito la reiterazione dei massacri in atto da
diversi anni a fasi alterne, come abbiamo visto, per una .soluzione finale.
vera e propria: termine apocalittico coniato solo in seguito dai criminali
nazisti. E. un dispaccio del ministro Taalat Pascià al governatore turco di
Aleppo il 15 settembre 1915, così concepito: .Siete già stato informato del
fatto che il governo, su ordine del comitato (Unione e Progresso) ha deciso di
sterminare l.intera popolazione armena. Occorre la vostra massima
collaborazione. Non sia usata pietà per nessuno, tanto meno per le donne, i
bambini, gli invalidi.. Segue l.invito a superare ogni remora: .Per quanto
tragici possano sembrare i metodi di questo sterminio, occorre agire senza
alcuno scrupolo di coscienza e con la massima celerità ed efficienza.. Infine
l.avvertimento: .Coloro i quali si oppongono a questo ordine non possono
continuare a rimanere negli organici dell.amministrazione dell.impero.. La
minaccia doveva vincere le resistenze già manifestatesi, come si è accennato
nella rievocazione. Dinanzi a tale orrore le rivelazioni del .WikiLeaks.
odierno tratte anch.esse dai dispacci delle cancellerie fanno sorridere.
Lo stesso Taalat Pascià, assurto al ruolo di .Gran Visir., arrivò a chiedere
all.ambasciatore degli Stati Uniti presso la .Sublime Porta., Henry Morgenthau,
la lista delle assicurazioni sulla vita stipulate con le compagnie americane
dagli armeni facoltosi sterminati nei campi di concentramento, .in modo da
consentire al governo di incassare gli utili delle polizze.; e questo in
un.ingordigia altrettanto criminale che si aggiungeva alle confische e rapine,
sempre ai danni degli armeni, valutate nel 1919 nel libro .Deutschland and
Armenian. da J. Lepsius in un miliardo di marchi, definita .cifra astronomica.
dallo scrittore e storico tedesco, prodigatosi con atti concreti oltre che con
gli scritti per la causa armena.
Il .Gran Visir. aveva sbagliato indirizzo, perché Morgenthau si segnalò per
l.aiuto agli armeni, cercò di evitare le deportazioni raccogliendo prove anche
attraverso la rete consolare e trasmettendo rapporti al suo paese che,
tuttavia, rimase inerte. Nel 1916, tornato in America, aiutò gli armeni
sopravvissuti con apposite sottoscrizioni fino alla denuncia pubblica in
ripetuti scritti e conferenze; nella sua .Storia dell.Ambasciatore Morgenthau.
il capitolo .L.assassinio di una nazione. denunciava anche le responsabilità
della Germania alleata della Turchia, i cui consiglieri fecero quella che
abbiamo chiamato .prova generale. dell.olocausto; non solo, cercò di aiutare in
altri modi gli armeni sopravvissuti con una patria, .l.Armenia di Wilson.,
disegnata sulla carta che però fu stracciata dalla spartizione .tra la Russia
sovietica e la Turchia kemalista.. Resta una grande figura che svolse un.azione
diplomatica indefessa, vanificata dalle grandi potenze.
C.è anche la testimonianza del console italiano Giovanni Gorrini, che vale la
pena di riportare testualmente per la genuinità e la sua forte drammaticità:
.Dal 24 giugno non ho più dormito né mangiato. Ero preso da crisi di nervi e da
nausea al tormento di dover assistere all.esecuzione di massa di quegli
innocenti e inermi persone, le crudeli cacce all.uomo, le centinaia di cadaveri
sulle strade, le donne ed i bambini caricati a bordo delle navi e poi fatti
annegare, le deportazioni nel deserto: questi sono i ricordi che mi tormentano
l.anima e quasi fanno perdere la ragione.. Tornano alla mente le immagini
strazianti della .Fattoria delle allodole. della Aslan.
René Lalique, .Spilla..
Le prove processuali turche
Un processo ci fu per lo sterminio armeno, avvenne nel 1919 a Costantinopoli a
seguito delle accuse formali avanzate subito dopo la resa della Turchia
sconfitta nella prima guerra mondiale; ne ebbe la supervisione il nuovo primo
ministro Damad Farid Pascià che aveva ammesso i crimini verso gli armeni. Finì
nel nulla anche per l.assenza di gran parte degli imputati, espatriati prima, e
per l.archiviazione delle sentenze che furono comunque emesse.
Furono insediate tre commissioni d.inchiesta, del governo, del Parlamento,
della Corte marziale, quest.ultima istituita con uno dei due decreti imperiali
del dicembre 1918, l.altro sottoponeva alle corti d.assise i funzionari delle
province teatro dei massacri non soggetti alla leggi marziali; un decreto del
gennaio 1919 precisava che la corte marziale giudicava gli autori di
.deportazioni e massacri., i processi avvennero nelle città dove si erano avuti
i maggiori eccidi o nelle vicinanze.
Si svolsero in sequenza dal febbraio 1919 al giugno 1920, anche se diverse
udienze furono contemporanee, in un clima teso nel quale si temevano azioni
armate per liberare i ministri sotto accusa, tanto che di un processo fu
trasferita la sede a fine maggio 1919. Pur con queste ed altre difficoltà,
furono portate precise prove così elencate dalla De Sapio Iacovoni: .Ordini di
missioni classificate top secret; telegrammi in codice; confessioni di accusati
avvenute durante gli interrogatori preliminari condotti alla presenza di un
magistrato; deposizioni di civili e di militari che accusavano gli imputati di
complicità per i fatti in giudizio.. Viene ricordato che la requisitoria
principale, in base alle prove presentate, concludeva che si era trattato dello
.sterminio di un popolo intero che costituiva una comunità separata, non di
incidenti isolati né circoscritti a particolari zone.; inoltre .non erano da
attribuirsi a necessità militari e neppure a misure disciplinari.. Anche sulle
responsabilità molta chiarezza: .Le deportazioni furono concepite e decise dal
Comitato centrale dell.Ittihad [cioè dei .Giovani Turchi. al potere con
l..Unione e progresso.], le tragiche conseguenze sono state documentate in
tutte le regioni dell.Impero ottomano.; anche le conclusioni di altri processi
sostenevano .l.organizzazione e l.attuazione del crimine di massacro attuata
dai dirigenti dell.Ittihad. Questo fatto è provato e verificato. con documenti,
e non solo testimonianze.
A questo punto, siamo all.inizio dell.ottobre 1919, la macchina della giustizia
rallenta e poi si arresta: .Lo zelo dell.avvocato generale si affievolì .
ricorda la studiosa . Un anno più tardi, nel momento in cui il quinto ed ultimo
governo Farid cadeva di fronte alla irresistibile ascesa di Mustafa Kemal
Ataturk e dei suoi seguaci, la corte marziale sospese definitivamente le
udienze..
Ma ciò che non fece la giustizia degli stati lo fece quella degli uomini, come
avvenuto per quanto possibile nella tragedia degli ebrei, con la caccia ai
nazisti di Wiesenthal e dei servizi segreti israeliani. I sopravvissuti
dall.olocausto tirarono fuori le unghie, il Partito armeno Dashmak, più
estremista del partito Hunchak, organizzò l..Operazione Nemesis., eliminazione
fisica di 200 responsabili rimasti impuniti, operazione riuscita con l.ex primo
ministro Said Halim Pascià e con il coordinatore dell.apposito Comitato
dell.Ittihad, con i massacratori di Baku e di Trebisonda, con l.ex ministro
della difesa Jemal Pascià e del più ambizioso dei triunviri turchi, Enver
Pascià. Alcuni responsabili dell.esecuzione di queste vendette furono arrestati
ma poi graziati o rilasciati.
Gustav Klimt, .L.albero della vita., part.
Le prove documentali tedesche
Le fonti tedesche sono attendibili dal momento che la Germania era alleata
della Turchia con la quale condivise la sconfitta nella prima guerra mondiale;
e si fidava dell.alleato al punto da prendere per buone sia le accuse di
sabotaggio e spionaggio fatte dai turchi agli armeni, sia le assicurazioni date
agli ambasciatori che lo spostamento massiccio degli armeni verso altri
territori aveva lo scopo di proteggerli per poterli poi ricollocare nelle terre
loro assegnate. Questo solo in una prima fase, da metà giugno 1915 . documenta
la De Sapio Iacovoni - .una valanga di rapporti, stilati dai consoli delle
diverse città, bollarono l.inerzia degli ambasciatori, che si erano fino ad
allora rifatti in modo supino alle dichiarazioni ufficiali turche. A ciò fece
seguito un flusso continuo di rapporti inviati a Berlino, un lungo rendiconto
dei massacri, un censimento minuzioso e terribile.. Il ricordato Talaat Pascia
fu accusato di aver risposto con .sordide menzogne., e la studiosa fa i nomi
degli ambasciatori che reagirono con durezza inconsueta ai diplomatici:
Wangenheim, Metternich, Kuhlman. Come nei documenti di .WikiLeachs. ci troviamo
di fronte a rapporti confidenziali, quindi ben più veritieri delle
dichiarazioni ufficiali, spesso opportunistiche.
I rapporti degli ambasciatori a Costantinopoli erano il frutto degli stretti
contatti intrattenuti dai diplomatici con gli ambienti civili e militari,
dell.amministrazione e dei servizi segreti: in più gli archivi tedeschi
contengono i dispacci di consoli, vice-consoli e loro rappresentanti che
operavano nelle terre dei massacri, nonché quelli degli uffici militari
collegati all.esercito turco alleato.
Cosa emerge dalla loro consultazione? La studiosa lo riassume in tre punti. Il
primo è la .premeditazione. e al riguardo cita tre rapporti, in due si legge
che l.eliminazione degli armeni avveniva .in base ad un progetto nato da molto
tempo., nel terzo si riportano testimonianze sui .criminali rilasciati.. Il
secondo punto è il .ruolo centrale della gerarchia dell.Ittihad., cioè dei
Giovani Turchi, i cui commissari e capi locali gestirono il massacro nelle
province. L.ultimo punto è .la volontà di compiere il genocidio., provata dai
termini usati dai tedeschi . .estirpazione., .annientamento., .sterminio. . e
dalla considerazione secondo cui i pochi scampati dovevano la salvezza a
inefficienze nell.annientamento di massa pianificato e non certo a
resipiscenze.
Questi documenti scagionano la Germania dalla corresponsabilità, anche se
singoli ufficiali e consiglieri vi furono implicati. Soltanto a loro, quindi,
si riferisce il nostro accenno alla .prova generale. dell.olocausto ebraico,
ammesso dai tedeschi in tutta la sua spaventosa realtà; avrebbero ammesso anche
quello armeno se ne fossero stati complici. Si tratta quasi di un terzo dei 6
milioni di ebrei sterminati dai nazisti: in entrambi i casi l.eliminazione di
un popolo risorto poi dalle sue ceneri come l.araba fenice, temprato dalla
tremenda prova ed esempio di forza e di democrazia.
Victor Horta, Balaustra di Casa Solvey.
Le prove negli archivi turchi
Il fatto che furono celebrati dei processi nell.immediato in Turchia indica di
per sé quante prove devono trovarsi negli archivi del Tribunale militare,
allora costituito in Corte marziale. Ma non è dato di accedervi sebbene il
tempo trascorso avrebbe dovuto consegnarli alla storia, quindi agli studiosi.
Sono scomparsi gli archivi del comitato centrale dell.Ittihad, furono distrutti
quelli personali dei citati Talaat, Enver e Djemal, prima della fuga in
Germania, i primi due disponevano perfino di un sistema telegrafico speciale
che poteva annullare in segreto gli ordini ufficiali del governo; furono
distrutti tutti i dispacci telegrafici su deportazione e massacri e fu dato
alle fiamme l.archivio dell..Organizzazione speciale., il braccio armato, ad
opera di Kuskubasi, uno dei capi.
Ci fu un.inchiesta della Camera dei deputati turca che ascoltò due ministri
dell.epoca: Said Halim, che era stato .Gran Visir. . ricorda la De Sapio
Iacovoni . .riconobbe che l.ordine di deportazione aveva come obiettivo quello
di .uccidere. i deportati. e ammise che l..Organizzazione speciale., esecutrice
del genocidio, operava al di fuori di ogni controllo; l.ex ministro della
giustizia Ibrahim disse che .un numero non indifferente. di delinquenti comuni
era stato liberato e arruolato in tale organizzazione per compiere il .lavoro
sporco. delle sevizie e dei i massacri più agghiaccianti.
Nell.ultimo trimestre del 1918 si svolse un dibattito parlamentare del quale si
conoscono alcune testimonianze: un deputato di Trebisonda dove erano avvenuti
tremendi massacri, l.avvocato Hafiz, disse di essere stato testimone oculare
dell.affondamento da parte degli aguzzini turchi, della chiatta dove erano
stati fatti salire gli armeni deportati, ci ricorda una scena del film dal
libro della Aslan; il senatore Akif rivelò di aver visto una circolare che dava
ai funzionari del partito la disposizione .di dare il via ai massacri
ricorrendo ai criminali comuni., che trova conferma nella testimonianza sopra
riportata del ministro turco Ibrahim; lo stesso presidente del senato turco,
Ahmed Riza . aggiunge la studiosa . .insorse contro la .barbarie. con la quale
gli armeni erano stati assassinati..
Testimonianze numerose di parte turca si aggiungono a tali dichiarazioni
ufficiali: il generale Fouad Erden, capo di stato maggiore, ha respinto la
falsa versione di comodo sulla protezione degli armeni spostandoli in zone più
sicure dicendo che .nulla era stato previsto né organizzato per dare ospitalità
alle centinaia di migliaia di deportati., perché si intendeva eliminarli; lo
storico Refik, all.epoca nei servizi segreti dello stato maggiore ottomano
scrive nell.autobiografia: .L.Ittihad si era prefisso l.obiettivo di
distruggere gli armeni. e aggiunge che .i crimini più abominevoli furono quelli
perpetrati dai criminali comuni reclutati dall.Organizzazione speciale., altra
conferma incrociata dell.arruolamento dei delinquenti per il .lavoro sporco.;
il generale Vehib, comandante della terza armata ottomana, che istituì la corte
marziale nel 1916, sugli eccidi prima del suo comando dichiarò: .Il massacro e
l.eliminazione degli armeni, oltre al saccheggio dei loro beni, furono la
conseguenza delle decisioni assunte dal comitato centrale Giovane-Turco..
Hector Guimard, Entrata Chatelet Metro Parigi.
La ricostruzione dei fatti
Nel precedente servizio abbiamo rievocato gli eventi che nel loro drammatico
crescendo hanno portato al .genocidio armeno., lo sterminio di un popolo
pacifico da parte dei turchi. Ora ne riassumiamo le tappe sulla base delle
prove documentate tratte dalle fonti di cui si è detto.
La nostra fonte continua ad essere . e lo sarà fino alla fine . l.appassionata
ricostruzione della De Sapio Iacovoni nel simposio culturale .Meeting sul .900.
in casa Iacovoni a Forca di Valle.
Prima tappa, .indebolire la comunità arruolando forzatamente tutti gli uomini
validi. nel corso di una mobilitazione generale sullo sfondo dell.alleanza
segreta con la Germania alla vigilia della guerra 1915-18.
Seconda tappa, l.arresto di massa, con un.operazione notturna sull.intero
territorio, dei notabili armeni, deportati e massacrati eliminando l.intera
classe dirigente della comunità. C.era anche del sadismo: l.ambasciatore
Morgenthau disse che nelle riunioni dell.Ittihad ci si compiaceva per .le
sofferenze che avevano loro inflitto.; alcuni impiccati in pubblico, come
monito, nelle grandi città.
Terza tappa, .deportazione massiccia della popolazione armena, ormai costituita
essenzialmente di donne, bambini e vecchi.; spesso l.eliminazione aveva lo
schermo dell.assalto dei convogli da parte delle bande dell..Organizzazione
speciale. costituite da delinquenti liberati, al comando di ufficiali.
La contabilità dell.orrore indica 80.000 armeni eliminati nella pianura di
Mouch con l.incendio delle stalle e fienili dove erano stati rinchiusi e
bruciati vivi; 50.000 soppressi per annegamento sul Mar Nero verso Trebisonda e
sull.Eufrate e i suoi affluenti; 150.000 assassinati nella seconda ondata, nel
1916 in Mesopotamia dopo la deportazione dall.ovest e dal sud dell.Anatolia. In
base alle statistiche ufficiali turche sarebbero 800.000 gli armeni uccisi
nelle deportazioni, numero al quale va aggiunto . dice la De Sapio Iacovoni -
.quello degli ufficiali e dei soldati armeni eliminati dai propri commilitoni
[la prima tappa di cui sopra], le innumerevoli orfane, le fanciulle e le donne
costrette alla prostituzione o che furono aggregate negli harem dopo una
conversione obbligata all.islam.. Non basta: .Altre donne, inoltre, giovani e
meno giovani, furono violentate prima di essere uccise, quelle che opponevano
resistenza venivano prima mutilate e poi assassinate..
Sommaruga, Palazzo Castiglione.
Le basi del negazionismo storico del genocidio armeno
Gli armeni scampati allo sterminio . 123.602 al censimento del 1927 . nel 1919
sembrarono trovare pace in una repubblica armena dov.era il governatorato russo
di Erevan, un americano ne divenne Commissario supremo. Con il trattato di
Sèvres di quell.anno e il successivo di Losanna del 1923 si fece e si disfece
la tela dell.impero turco e dello stato armeno, vaso di coccio tra i vasi di
ferro delle grandi potenze, interessate ai campi petroliferi di Baku, nella
zona cruciale confinante con l.Unione sovietica. Ci fu un attacco armato alla
Cilicia armena con nuovi eccidi.
Con la guida del nazionalista Kemal Ataturk la Turchia era riuscita a riavere i
propri territori dopo lo smembramento che l.aveva ridotta a una piccola regione
dell.Anatolia: retta in modo autoritario divenne uno stato laico e unitario.
Commenta la studiosa:.Questo stato unitario non poteva tollerare l.esistenza di
minoranze potenzialmente dissidenti: la resistenza curda era stata spezzata al
prezzo di feroci massacri; gli armeni superstiti avevano visto crollare il
sogno effimero di una Grande Armenia. L.eliminazione delle minoranze e lo
scambio delle popolazioni garantivano l.unità nazionale del nuovo stato, ma
questo doveva ugualmente impegnare contro l.Islam la battaglia della
laicizzazione.. Di recente, con Erdogan e il nuovo capo della stato proveniente
dal partito islamico, sono stati fatti passi indietro su questo percorso che
non si sa dove porteranno.
Per tornare al tema, nell.atteggiamento verso il genocidio armeno fu
determinante la posizione di chiusura verso le minoranze, e in particolare i
sospetti contro gli armeni considerati nemici interni, la cosiddetta .sindrome
di Sèvres., lo spettro della divisione; inoltre il fatto che il nuovo stato
turco ebbe dall.inizio uno stretto legame con il genocidio perché nei fondatori
vi furono coloro che erano tra i responsabili, i .Giovani Turchi.. In
definitiva . riassume la De Sapio Iacovoni - .il genocidio armeno fu il
compendio della politica di annientamento delle minoranze e fu dichiarato
.tabù. subito dopo la creazione della repubblica. Una delle ragioni
fondamentali di questo fatto fu proprio il legame tra il genocidio e la
fondazione della repubblica.. Quindi, .dopo i trattati di Sèvres e di Losanna
la storia e le questioni riguardanti il genocidio armeno furono eliminate
dall.agenda internazionale; per l.occidente assicurare il proprio interesse
materiale era più importante che promuovere i diritti umani, o affrontare il
problema dei crimini contro l.umanità..
E. una forte denuncia della studiosa che prosegue: .Gli altri .tabù. del nuovo
stato turco sono caduti ad uno ad uno.: la negazione delle classi e delle
differenze etniche e culturali; la laicità dello stato con la cultura islamica
fuorilegge e il ruolo dell.esercito come guardiano dello stato. La ribellione
di gruppi curdi e islamici e delle classi sociali li hanno abbattuti, tra colpi
di stato militari: .Quindi l.unico tabù rimasto è il genocidio armeno.,
conclude, commentando: .La Turchia ha preferito ignorare i fatti, cancellarli
dalla memoria, convinta di non avere la forza necessaria per affrontarli, la
società turca teme di ritrovarsi ad affrontare condizioni simili a quelle
vissute in passato..
Da parte nostra aggiungiamo che per le zone d.ombra non ancora rimosse nella
propria vita civile e istituzionale, continua da decenni l.attesa di essere
accolta nell.Unione Europea. Un atto di coraggio nel riconoscere queste
responsabilità storiche potrebbe aiutare a dissipare i sospetti e le riserve
molto forti in alcuni paesi, in modo da far superare all.Unione Europea le
persistenti remore.
Anton Gaudi, Sagrada Familia, Barcellona.
Dall.inferno del genocidio armeno alle forme e colori del .modernismo.
Dobbiamo essere grati alla De Sapio Iacovoni e agli organizzatori del simposio
che hanno permesso di rilanciare la questione armena dal piccolo paese alle
falde del Gran Sasso, Forca di Valle, dal quale partirono l.ultimo dell.anno
del 1943 due donne di Pietracamela, Annina e Rubina, per ritornare al loro
paese risalendo l.impervia vallata per finire assiderate nella tempesta di
neve.
Ma non sono queste le immagini che il simposio ha lasciato nei partecipanti.
Anche il clima greve del genocidio armeno è stato stemperato dalle figure
leggere ed eleganti del .modernismo. proiettate e commentate con altrettanta
leggerezza ed eleganza da Gabriella Fabbri nel trattare il secondo tema della
serata; e abbiamo voluto alleggerire anche noi il racconto intercalandovi
quelle figure raffinate, a parte l.apertura che richiama le fotografie molto
crude del primo servizio.
Un motivo di interesse in più per il tema .Modernismo.: origini ed esiti del
movimento in Europa.: la Fabbri ha parlato del rapporto tra .modernismo. e
tradizione, tra arte maggiore e arte applicata, tra quest.ultima e
l.arredamento, tra forma e funzione, stile e architettura; e degli artisti,
iniziando con William Morris, .Ars and Craft., proseguendo con Horta in Belgio
e Guimard in Francia, Mackintosh in Inghilterra e Loos in Austria, D.Aronco e
Sommaruga in Italia, Gaudì in Spagna. Con le immagini della monumentale
incompiuta cattedrale della .Sagrada Familia. di Barcellona si è conclusa
l.esposizione. Ne facciamo un sigillo, svettante com.è verso il cielo.
Al termine, a coronamento della carrellata di immagini rasserenanti, la Fabbri
ha aperto un delizioso ombrellino, credevamo per proteggersi scherzosamente
dalla pioggia di domande. No, era l.ombrellino della nonna, verde chiaro con le
frange ai bordi, un oggetto di raffinato .modernismo..
Gli armeni non erano dimenticati, soltanto l.atmosfera si era rasserenata e
addolcita prima della cena. Poi pasta con fagioli e timballo, polpettine e
arrosticini, .caggionetti. e .bocconotti., più altre specialità abruzzesi,
hanno fatto il resto. Non è vero che .con la cultura non si mangia., come
qualcuno ha detto incautamente: intendendo .con. in senso strumentale la
valorizzazione dei beni culturali può promuovere lo sviluppo economico, quindi
far mangiare; intendendo la preposizione nel senso di compagnia con la cultura
si mangia e bene. Quella di casa Iacovoni a Forca di Valle è stata una bella
accoppiata . cultura-cucina . un esempio che raccomandiamo di seguire ancora
una volta, come abbiamo fatto lo scorso anno in una .pillola romana.. A tutti,
non solo agli abruzzesi forti e gentili o, se si preferisce, forti e fieri; in
quest.occasione anche bravi. Molto bravi.
Ph: La prima immagine è tratta dal CD che accompagna la relazione di Elisabetta
De Sapio Iacovoni: .Il genocidio armeno 1914-1920.; quelle successive dal CD
con le immagini che hanno illustrato la conversazione di Gabriella Fabbri su:
.Modernismo.: origini ed esiti del movimento in Europa..
G.C
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