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STRASBURGO E adesso (finalmente) l'Europa difende i cristiani...
di Paolo Perego
19/01/2011 - Sarà votata domani una risoluzione che vincola lo stanziamento di fondi ad altri paesi alla responsabilità nella tutela delle minoranze religiose. «Un grande passo», spiega Mario Mauro, «abbiamo sfondato una porta blindata»

L'eurodeputato Mario Mauro.
La discussione è prevista per oggi. Il documento verrà votato domani. «Per la prima volta verrà promossa una risoluzione a carattere “globale” da parte del Parlamento Europeo sul tema della libertà religiosa». Mario Mauro, eurodeputato dal 1999 nelle file del Partito Popolare europeo, da sempre è in prima linea su questi temi. «Oggi, 19 gennaio, a quattro anni dall’assassinio di Hrant Dink, giornalista turco che aveva osato sfidare il suo Paese sulla denuncia del genocidio armeno, si discute di questo nuovo testo che dovrebbe vincolare gli aiuti economici dell’Europa con i Paesi terzi proprio sul fronte della responsabilità e delle garanzie di tutela delle minoranze etniche e religiose».

Tradotto nella pratica?
Per esempio, l’Iraq. L’Ue sta varando un'intesa da 40 miliardi di euro. Ma questi fondi, soprattutto alla luce degli ultimi attentati verso i cristiani, verranno elargiti soltanto con la garanzia di un intervento forte (e “di fatto”) rispetto alla tutela delle minoranze discriminate. Lo stesso vale per il Pakistan, flagellato dall’alluvione e particolarmente bisognoso di aiuti. O per la Nigeria, le Filippine, il Sudan...

E come si è arrivati a questa presa di posizione decisa?

I fattori sono diversi. Intanto soprattutto negli ultimi tempi, con i tanti attentati, l’opinione pubblica ha iniziato a rendersi conto che quello che alcuni, compreso il sottoscritto, per anni hanno cercato di portare all’attenzione di tutti era vero. Bisognava arrivare alla coscienza che i tanti fatti che accadevano e accadono in posti diversi (Nigeria, Egitto, Sudest asiatico) non sono solo legati a questioni politiche locali, ma si inseriscono in una forma discriminatoria che esula dai c onfini delle singole realtà. I dati parlano chiaro: nel mondo 75 morti su 100 ammazzati per motivi etnico-religiosi sono cristiani.

Ma l’Europa non dovrebbe fare di più, come sostengono in tanti?
Guardi che questo è un grande passo. Si deve considerare che per arrivare qui, a questo documento appoggiato da tante parti politiche tante volte in disaccordo, il percorso è stato difficile e lungo. Solo nel 2007, quando iniziammo a portare all’ordine del giorno l’argomento, tanti addirittura lo negavano. Era come tentare di sfondare delle porte blindate. Invece, portando centinaia di testimoni “oculari” a raccontare della loro vita in Parlamento e in altri sedi, piano piano le coscienze hanno iniziato a smuoversi. Un altro importante fattore è stata l’istituzione del “Ministero degli Esteri europeo” sancita dal Trattato di Lisbona, alla cui guida è stata eletta Catherine Ashton.


Che potere ha, nei fatti, il Ministero della Ashton?

Ha tutte le carte in tavola per esercitare un potere reale. In questo caso, per esempio, avrebbe facoltà quasi “coercitiva”, perché la risoluzione di domani una volta passata, venga rispettata secondo i criteri che indica.
È una grande occasione, anche considerando che su temi come questo l’Ue è l’unica istituzione internazionale di un certo livello che può intervenire in modo efficace. L’Onu, come si è visto, da questo punto di vista ha le mani legate, avendo al suo interno anche Paesi “di parte”, contrari a una presa di posizione forte in materia.
Ma perché per l’Europa è doveroso muoversi in questo modo?

Perché la questione sotto gli occhi di tutti non è solo la tutela dei cristiani massacrati nel mondo: il difenderli porta con sé la difesa dei diritti di tutti. Quegli stessi diritti che la democrazia ha nel suo codice genetico. Non è possibile chiudere gli occhi. La persecuzione è la declinazione tragica della discriminazione. Quella verso i cristiani, da cui neppure l’Europa moderna e relativista è esente, è una costante che nasce dal fatto che il cristiano è uno che ripone la sua consistenza, la sua speranza in qualcosa che va oltre il potere. E questo è indigeribile per chi il potere, a qualsiasi livello, anche nelle relazioni personali, lo esercita. O tenta di farlo. «Dio nasce e il potere trema», diceva il polacco Jozef Tischner. Discriminazione, persecuzioni. Non riguardano solo le circostanze particolari, ma la testimonianza di chiunque vive per Altro. In Sudan, in Nigeria, in Egitto. O al Parlamento europeo.

G.C

 
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