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Gabriele Nissim si propone quasi come il complemento e il completamento della riflessione di Hannah Arendt sulla Shoah- ebreo, ha contribuito a «detribalizzare» l'Olocausto
VITTORIO EMANUELE PARSI
Alla «banalità del male» si può solo opporre la «bontà insensata»: il bel libro di Gabriele Nissim si propone quasi come il complemento e il completamento della riflessione di Hannah Arendt sulla Shoah. Quando si vive in tempi in cui si può compiere il male semplicemente conformandosi ai dettati di leggi scellerate, non resta che affidarsi alla bontà dell.uomo per l.altro uomo, alla bontà degli uomini al di là del bene religioso e sociale. «Bontà insensata» è spressione coniata da Vasilij Grossman, e proprio Grossman, con la Arendt e il giudice Moshe Bejski, il fondatore del Giardino dei Giusti di Gerusalemme, sono le grandi figure che ispirano non solo il libro di Nissim (La bontà insensata.

Il segreto degli uomini giusti, Mondadori, pp. 264, e18,50) ma la sua stessa opera. Con queste persone, principalmente ma non solo, Nissim dialoga per l.intero libro, fornendo al lettore la spiegazione teorica della sua grande realizzazione: il Giardino dei Giusti di Milano e il Comitato per la Foresta dei Giusti, che realizza un vero e proprio network tra diversi dei «Giardini» sorti nel mondo, da Sarajevo a Erevan a Milano, e si propone lo scopo di diffondere il messaggio dei «Giusti tra le Nazioni».

Nissim è probabilmente l.allievo più coerente, più vicino al cuore della straordinaria lezione del giudice Bejski, perché afferra il tesoro di saggezza di quello che è stato uno straordinario pescatore di perle di bontà in un oceano di nequizie. «Per combattere un male estremo non bisogna contare solo sugli eroi, ma su persone normali: agli uomini di buona volontà è indispensabile chiedere il possibile, non l.impossibile», pena altrimenti il fornire «solo alibi a coloro che hanno preferito voltare la testa», e lasciare alle generazioni future l.idea che solo «eroi senza macchia» possono opporsi al male, mentre noi, uomini e donne comuni, dobbiamo solo sopravvivere. I Giusti sono così uomini e donne normali, la cui coscienza, contemplando la banalità del male, a un certo punto si ribella perché si rifiuta di convivere nella stessa persona con un assassino. I giusti sono coloro che, potendo salvare una vita, hanno scelto di farlo: innanzitutto per rispetto verso se stessi, per affermare la dignità dell.umano, il loro essere persone di fronte alle forze del male, perché «un.azione giusta può cambiare l.intera esistenza di un essere umano».

Nel Giardino fondato da Nissim a Milano sono ricordati non soltanto i giusti della Shoah, ma anche quelli della Bosnia, del Ruanda, della Cecenia e del prototipo di tutti i genocidi, quello armeno. Con questa scelta, maturata negli anni, lui, ebreo, ha contribuito a «detribalizzare» l.Olocausto: senza togliere nulla alla terribile storia di sofferenza del popolo ebraico, ai suoi 6 milioni di morti, ha reso quel sacrificio ancora più condivisibile da ognuno, in qualunque epoca, in qualunque luogo, a qualunque etnia, religione, fede politica, orientamento sessuale appartenesse o avesse deciso di appartenere. È questo, a mio avviso, che ricordiamo nel Giorno della Memoria, consapevoli che «è questa la condizione umana: un campo di battaglia senza fine dove il progresso non è mai scontato».



G.C

 
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