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Oggetto: Delucidazioni sulla Delibera del Consiglio Comunale di Roma del 04/02/2011 sul regolamento della “Consulta Cittadina per l’Immigrazione”
La scarsa efficacia dell’operato dei quattro Consiglieri Aggiunti (indipendentemente dalla loro volontà) e il loro insuccesso nel dialogare con una base estremamente vasta e variegata ha spinto le istanze interessate a porre rimedio con la creazione di un organo intermedio, quale la Consulta.
Il regolamento della Consulta inizia con i primi due articoli di enunciazioni di principi e finalità sul”l’immigrato”, pienamente condivisibili ma, poi, nei seguenti articoli, di fatto, nega all’immigrato le pari dignità, considerandolo un soggetto passivo da collocare in una ferrea impalcatura burocratica per poter meglio offrirgli cure, servizi di prima necessità, inserimento lavorativo …... e quant’altro.
Se, come si afferma nei primi due articoli, l’immigrato è un soggetto attivo che interagisce socialmente culturalmente e politicamente con il nuovo ambiente in cui è approdato, allora i seguenti articoli del regolamento contraddicono questi enunciati. Ne citiamo i più salienti:
Art. 4, Comma 2
- Le comunità straniere a Roma sono state individuate e classificate in quattro gruppi: Africa, Asia-Oceania, America ed Europa. Nessuna affinità sociale, culturale, etnologica, linguistica, religiosa, storica …. tra cinesi ed afgani, tra peruviani e americani, tra brasiliani e canadesi … per non parlare dei paesi africani e delle loro tradizioni e delle loro svariate eredità lasciate da secoli di colonialismo.
- Anche la scelta del numero dei membri (2 per continente e 2 per l’Associazionismo Comunitario) non corrisponde alle reali esigenze degli immigrati. Per esempio, il flusso migratorio dal bacino mediterraneo verso l’Italia è più consistente di quello proveniente dagli altri paesi. Inoltre, il flusso medesimo è, anche, in funzione di episodi come guerre, sommosse popolari, carestie, calamità naturali, … che avvengono in ogni angolo del mondo.
- Resta un enigma le modalità dell’elezione dei due rappresentanti delle associazioni degli immigrati comunitari. Infatti, essi dovrebbero essere ripescati nelle graduatorie dei Consiglieri Aggiunti mentre gli immigrati comunitari sono stati esclusi dalle elezioni dei Consiglieri Aggiunti, e quindi dalle relative graduatorie, in forza dell’art.3, comma 1 e l’art. 4, comma 1 del regolamento per l’elezione dei CC. AA.
- Distinguere è bene, separare utile; ma escludere è rischioso, rasente la discriminazione. La distinzione tra le associazioni degli extracomunitari e quelle dei comunitari è bene. È male invece l’esclusione delle associazioni italiane del volontariato che offrono all’immigrato i servizi di prima necessità. La loro immensa opera è indispensabile e complementare allo forzo delle associazioni degli immigrati che operano nel campo dell’integrazione. L’assenza dei loro rappresentanti nella Consulta costituisce una seria lacuna che annienta le buone intenzioni dei redattori del regolamento (uno sgabello con due soli piedi).
- In fine, l’ultimo paragrafo di questo punto sancisce che tutti i membri della Consulta, pescati nella graduatoria dei Consiglieri non eletti, devono essere nominati dal Sindaco. Non è chiaro se il sindaco dispone di un potere discrezionale nella nomina o no dei membri. In caso affermativo trasformerebbe i rappresentanti degli immigrati in sudditi.
Il criterio con cui si è arrivati a questi raggruppamenti e numeri può portare, forse, a gestire la questione di “pancia e braccia” degli immigrati ma non ha nulla a che vedere con “l’integrazione”.
Art. 4, Comma 3
- l’elezione e la fine del mandato dei membri della Consulta è legata all’elezione e alla fine del mandato dei Consiglieri Aggiunti (eletti già con una procedura contestata). Ma il mandato di questi ultimi, scaduto da tempo insieme alle graduatorie, è stato prorogato dal Consiglio Comunale che si è generosamente sostituito agli immigrati e ai loro voti (così, non ci sono più elezioni né contestazioni!!)….. E qualcuno lo ha sbandierato come una lezione di democrazia.
Art. 4, Comma 9
- “Il verbale di ogni seduta è redatta da un funzionario del Comune ...”. Che il Comune sostenga le associazioni degli immigrati con mezzi e strumenti è fuori dubbio. Il dubbio sorge, però, quando non è chiaro se l’inserimento di questa disposizione nel testo è dovuta alla mancanza di immigrati alfabetizzati o alla scarsa fiducia negli immigrati….. E qualcuno l’ha chiamato pari dignità.
Art. 5, comma 1, lettera c)
- “Una associazione degli immigrati deve essere composta da almeno 300 iscritti per poter iscriversi all’Albo del Comune …”. La sola valutazione numerica delle associazione non è sufficiente a determinare la reale portata del loro operato. Il giudizio dovrebbe basarsi sull’impatto delle loro attività socio – culturali sul territorio; sul concetto dell’integrazione, come un lungo processo di evoluzione civica, che proclamano; sull’impegno che si assumono nell’educazione dell’immigrato (e dell’italiano) a denunciare e a combattere ogni forma di discriminazione; sull’estensione del dialogo, della reciproca conoscenza e rispetto che riescono, spesso con grandi sacrifici e scarse risorse, a promuovere. Questa barriera numerica penalizza quasi tutte le associazioni attive degli immigrati invece di promuovere “l’Associazionismo” tanto evocato nella Direttiva Europea del ‘92 (recepita dal parlamento e trasformata in legge nel ’94) e ribadito nei primi due articoli del regolamento medesimo.
Art. 5, comma 2
- l’accorpamento in un solo organismo delle associazioni delle piccole comunità straniere come rimedio a questo sbarramento è irreale. Lo può immaginare solo chi non conosce le realtà socio-politiche dei loro paesi di provenienza.

Con la speranza che l’Amministrazione Comunale proceda ad una revisione di questo regolamento.
Roma, il 17.02.2011
Il Presidente Dott. Arch. A. Hatami
Associazione Culturale Italo-Iraniana
ALEFBA
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Vahè per ALEFBA

 
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