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Sull'ŤArmeniať il silenzio non č mai calato
Lo sterminio di un popolo che però non si è mai voluto arrendere
Accostarsi alla lettura di questo romanzo è un'esperienza dolorosa, come ben descrive Charles Aznavour - il cantante e attore francese di origine armena - nelle poche righe d'introduzione all'opera; è come «incidere un bubbone ed entrare in un sepolcro di cui pochi, nel paese della Mezzaluna, sembrano voler riconoscere l'esistenza». Il libro è Armenia (319 p., Neri Pozza Editore, 2011), ultimo romanzo di Gilbert Sinoué nato nel 1947 in Egitto da madre francese e padre egiziano, già autore di opere apprezzate da pubblico e critica, quali Il libro di zaffiro (2004), Una nave per l'inferno (2005), Io, Gesù (2008), Il ragazzo di Bruges (2009), solo per citarne alcune, tutte edite da Neri Pozza.
Nel primo capitolo, Sinoué, fedele alla storia e grazie a una descrizione veloce, quasi cinematografica, ripercorre l'infausto episodio che avvenne a Costantinopoli il 26 agosto del 1896, quando un commando di armeni assalì la Banca Ottomana per richiamare l'attenzione delle potenze europee su una serie di riforme promesse alla minoranza armena e disattese dal sultano Abdul Hamid II. Da qui, e a distanza di un ventennio, negli anni 1915 e 1916, partì lo sterminio del popolo armeno ad opera dei Giovani Turchi - fatto che l'autore racconta episodio dopo episodio, come un cronista appassionato, annotandone con precisione date e luoghi. Fu un vero e proprio modello di pulizia etnica e fonte d'ispirazione del nazismo, oggi ricordato con le espressioni Metz Yeghern, «Il Grande Male», e Aghet, «la Catastrofe».
Di questo mostruoso evento - non il primo nella storia, ma di particolare interesse perché per la prima volta si teorizzò in modo scientifico e sistematico la distruzione di un intero popolo e della sua cultura, oggi in Turchia è proibito parlare. Il solo fatto di nominarlo viene considerato attentato all'onore nazionale, come accadde nel 2005 ad Orhan Pamuk, nato a Istanbul nel 1952 e Nobel per la Letteratura, incriminato dopo dichiarazioni a una rivista svizzera.
Noto come abile costruttore di trame storiche che ben delineano i periodi di riferimento e le psicologie dei protagonisti, Sinoué fa confluire in Armenia personaggi storici come, tra i tanti, il giovane poeta Daniel Varujan, «il Lorca d'Oriente» ucciso a 31 anni con il tasca il suo ultimo poema Il canto del pane, e dà vita a personaggi inventati, in un continuo contrappunto fra eventi politici e vita quotidiana. Come scrive Antonia Arslan - importante portavoce della letteratura armena - in postfazione, «il libro si conclude con la speranza. Novantacinque anni dopo, niente è dimenticato e l'Armenia esiste di nuovo. Ogni 24 aprile, giorno della memoria, nella capitale Eravan si compie il pellegrinaggio sulla Collina delle Rondini, dove più di un milione di persone getta fiori bianchi e rossi nel grande cerchio di massicce torri di pietra che simboleggiano le perdute regioni d'Anatolia».

G.C.

 
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