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Lettera della Unione degli armeni di Italia al Proff.ssa Maria Chiara Carrozza , Min. dell'Istruzione
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La riproduzione è concessa alle associazioni che collaborano con ZATIK ;
Milano, 21 giugno 2013
Ill.mo Ministro dell’Istruzione
Carissima Prof.ssa Maria Chiara Carrozza, R o m a
in riferimento all’articolo del 17 giugno 2013 apparso sul Messaggero con un’intervista a Luciano Favini, l’Unione degli Armeni ritiene che l’affermazione dell’ispettore capo sull’impossibilità di proporre un “tema storico sul genocidio degli armeni che va a colpire la sensibilità particolare della Turchia” sia non solo offensiva verso i sopravvissuti e i discendenti delle vittime del genocidio ma anche lesiva dell’immagine istituzionale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
In primo luogo, come cittadini italiani di origine armena, ci meravigliamo dolorosamente di come l’Italia che ha fatto della difesa dei diritti umani e della libertà di espressione vessilli intoccabili della propria identità nazionale, si ritrovi oggi a negare tali diritti per non offendere la sensibilità di uno stato liberticida che novantotto anni dopo il genocidio persevera ancora in una politica estera negazionista, completamente scollata dai sentimenti di una società civile all’avanguardia, degna di qualsiasi democrazia avanzata e più audace che mai.
Ci sentiamo perciò costretti a sottolineare il valore della memoria e la lotta al negazionismo, il quale nel secolo scorso nel susseguirsi implacabile di memorie opacizzate sul genocidio perpetrato, a sua volta ha generato altri genocidi. A tal proposito, sinistramente memorabile risulta la risposta di Hitler alle “obiezioni” di alcuni generali nazisti sulla soluzione finale contro gli ebrei nel ’39: “Sono passati trent'anni, e chi si ricorda più degli Armeni?”. La negazione e la mancata sanzione di un genocidio, il clima d’impunità, ne genera altri: come infatti afferma Elie Wiesel, il premio Nobel ed ex deportato ad Auschwitz, l’ultimo atto di un genocidio è la sua negazione. Negazione che si badi bene, non si riflette solo nell’atto pratico del negare un fatto storicamente avvenuto ma anche nella sua relativizzazione rispetto a particolari sensibilità.
In secondo luogo, il genocidio degli armeni non è una questione storicamente controversa o non riconosciuta dalla comunità internazionale di studiosi che conferma unanimamente l’eccidio in Anatolia e nei deserti dell’attuale Siria di un milione e mezzo di armeni ad opera dell’Impero ottomano. Lo stesso Rapfael Lemkin, giurista polacco-ebreo, sulle dinamiche del genocidio armeno ha fondato la descrizione del reato di genocidio, coniando il termine stesso che sta alla base della convenzione delle Nazioni Unite per la Prevenzione e la Punizione del Crimine di Genocidio del 1948. L’Italia non rappresenta perciò nel nostro immaginario collettivo un Paese che, attraverso le sue istituzioni, può in alcun modo relativizzare fatti storici di tale portata.
In terzo luogo, crediamo fortemente che proprio l’Istruzione, come studio non anacronistico ma concentrato su fatti storici ed d’attualità, giochi un ruolo fondamentale nella prevenzione di altri crimini contro l’umanità e che la Scuola sia il luogo atto a discutere e capire nel profondo le tragiche lezioni che il ‘900 ci ha insegnato.
Pertanto, essendo l’affermazione dell’ispettore capo Favini contraria a questi principi fondamentali, l’Unione degli armeni chiede la rettifica dell’affermazione del funzionario pubblico riportata dal quotidiano Messaggero da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Con Osservanza
Baykar Sivazliyan
Presidente dell'Unione degli Armeni d'Italia
unionearmeniitalia@virgilio.it
V.V
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