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1-Marzo_ 2014. Armenofobia fomentata dall' Azerbaijan
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UNIONE DEGLI ARMENI D’ITALIA
Eretto in Ente Morale il 2/04/1955 – Decreto del Presidente della Repubblica n°709
1 marzo, 2014
All'attenzione degli organi d'Informazione L’Unione degli Armeni d’Italia chiede alle Istituzioni, alla società civile e alla stampa di vigilare e censurare l’armenofobia fomentata dall’Azerbaigian anche in Italia.
A seguito della recente comparsa su alcuni media nazionali di articoli aventi ad oggetto la questione del Nagorno Karabagh e del conflitto sanguinoso che ne è seguito tra l’Armenia e l’Azerbaigian tra il 1991 e il 1994, l’Unione degli Armeni d’Italia intende esprimere il proprio sconcerto nel constatare come, in quegli articoli, venga ripetutamente richiamato, in maniera faziosa e selettiva, un episodio collegato a quel periodo storico, per descriverlo come simbolo tragico di massacri subiti dalle popolazioni civili di etnia azerbaigiana ad opera delle Forze di Auto-Difesa Armene del Nagorno Karabakh.
Trattasi dei fatti avvenuti nel febbraio del 1992 e che prendono il nome dal villaggio di Khojaly situato nella Repubblica del Nagorno Karabagh: gli avvenimenti ci portano all’epoca in cui, in seguito al referendum per l’indipendenza in conformità con la costituzione vigente dell’URSS e dopo la proclamazione dell’indipendenza da parte del parlamento eletto del Karabagh il 6 gennaio 1992, l’Azerbaigian lanciò una vera e propria invasione militare contro la neo-indipendente Repubblica del Nagorno Karabakh. Sin dai primi giorni dell’invasione la popolazione civile armena era soggetta a bombardamenti con missili Grad e bombe a grappolo, in palese violazione del diritto umanitario internazionale. Tra il febbraio e il marzo di quell’anno, il governo della Repubblica del Nagorno Karabagh mise in atto un’operazione militare contro il blocco dell’aeroporto di Khojaly e al fine di neutralizzare le postazioni azere dei lanciarazzi Grad situate all’interno del villaggio di Khojaly. In assenza di forze internazionali di peacekeeping, si trattava di misure considerate necessarie per la sopravvivenza della popolazione armena della regione. Il 25 febbraio l’operazione militare contro Khojaly prese il via, non prima di avere concesso un corridoio umanitario ai civili che avessero voluto lasciare la zona delle operazioni militari. L’informazione circa il corridoio umanitario era stata comunicata dalle autorità armene con largo anticipo, nel rispetto delle norme umanitarie del diritto internazionale, come confermato da alcuni funzionari azeri e dallo stesso presidente azero all’epoca dei fatti Ayaz Mutalibov. Tuttavia, da quanto riportato da fonti ufficiali azere, le autorità azere non fecero nulla per evacuare la popolazione civile dall’area delle attività militari.
Va sottolineato come all’epoca degli avvenimenti, la stampa dell’Azerbaigian riportò i fatti in modo sufficientemente obiettivo, mentre negli anni seguenti l’Azerbaigian, per contrastare la realtà storica dei massacri contro gli armeni a Sumgait, Baku, Kirovabad e altre località dell’Azerbaigian, ha inteso rappresentare i fatti di Khojaly come un genocidio degli azeri da parte armena. Una tale ricostruzione, supportata da documentazione fotografica che si è rivelata in molti casi clamorosamente falsa e con un richiamo al numero delle vittime continuamente aggiornato “al rialzo”, ha trovato smentite in molte dichiarazioni espresse dagli stessi funzionari azeri, da attivisti dei diritti umani, da giornalisti e da abitanti stessi di Khojaly.
Al di là del tema storico, come Armeni e cittadini italiani, intendiamo segnalare il preoccupante crescendo di strumentalizzazione mediatica su fatti sopra citati, che contrasta con i canoni di una corretta informazione che sempre devono presidiare il dibattito in una società evoluta e libera quale la nostra. Respingiamo con forza l’uso di fatti storici ad evidente scopo propagandistico, destinato solo ad alimentare una retorica bellicosa e a rinfocolare l’odio tra popoli, ponendosi anche in contrasto con gli sviluppi del processo negoziale sulla questione del Nogorno Kharabagh che è attualmente in corso con la mediazione dell'OSCE; riteniamo, in tal senso, che la ricerca di percorsi condivisi sulla verità storica dei fatti e l’individuazione di soluzioni politiche che garantiscano pace, stabilità e sicurezza nella regione del Caucaso corrispondano all’interesse anche
dell’Italia, in nome dei valori democratici, da affermare in ogni ambito.
Non possiamo esimerci da un appello, che rivolgiamo alla stampa, alla società civile e alle Istituzioni italiane, affinché sia mantenuta alta la vigilanza sui rischi che possono derivare, anche alla comunità armena in Italia, da una campagna discriminatoria fomentata con l’uso pubblico di verità manipolate. La secolare presenza degli Armeni in questo Paese è animata da persone e comunità che sempre hanno dato un contributo all’evoluzione della società in ogni campo; alcuni di noi, sono figli e nipoti di coloro che in Italia giunsero sospinti dalla furia genocidiaria che cancellò la presenza armena in Anatolia nel 1915. In questo senso, appare allarmante ed inquietante che si
possano utilizzare contro gli Armeni, a proposito degli eventi del Nagorno Karabagh, termini quali
genocidio o stragi di massa di civili, avvalendosi di fonti del tutto inattendibili e provenienti da un
regime che usa l’armenofobia per consolidarsi e sembra additare indistintamente ogni armeno come un nemico da abbattere.
Con osservanza,
Prof. Baykar SIVAZLIYAN
Presidente dell'Unione degli Armeni d'Italia
Piazza Velasca, 4 – I-20122 Milano
E-mail: unionearmeniitalia@virgilio.it | unionearmeni@gmail.com
Segretera : UAI
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