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Commemorazione ad Erevan-Parla Sargis Ghazaryan, Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia: auspico atto inequivocabile
Commemorazione ad Erevan
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Genocidio armeno, ‘parole del Papa siano di ausilio all’Italia’
Parla Sargis Ghazaryan, Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia: auspico atto inequivocabile
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Lucrezia Pagano
Articolista Politica
Tags:
Erevan. Matteo Renzi -Genocidio armeno -Mikayel Minasyan -palazzo chigi -Sargis Ghazaryan -Serzh Sargsyan
Cicerone ha scritto che «la vita dei morti è riposta nel ricordo dei vivi». E Sargis Ghazaryan, Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, è uno di quelli che ricorda tutto. Giorni, attimi, date, nomi, momenti di ostilità, ma anche di riconciliazione. Soprattutto ricorda il perché dell’attaccamento e gratitudine all’Italia: un Paese che grazie ai Luigi Luzzati, Filippo Meda, Antonio Gramsci, Giacomo Gorrini è stato il più grande amico dell’Armenia. Ghazaryan ricorda con commozione le parole pronunciate da Bergoglio domenica scorsa, ed è certo che saranno di stimolo, non solo per il Governo italiano, a partecipare attivamente, il prossimo 24 aprile, alla Commemorazione ad Erevan. “Secondo noi, all’Italia spetta di diritto il posto d’onore sul palcoscenico globale per la prevenzione dei genocidi“.
Domenica scorsa, l’Ambasciatore, era in Vaticano, insieme al Collega armeno presso la Santa Sede Mikayel Minasyan, e al Presidente armeno Serzh Sargsyan. “Potevamo aspettarci di tutto, ma la chiarezza e la serenità del pontefice sono state sublimi. Poche volte ho visto così tante persone commuoversi intorno a me”. Parla di “atto di libertà e di audacia, ma allo stesso tempo di un gesto per la prevenzione di ciò che succede ancora oggi. Un messaggio di pace e riconciliazione che non può sottostare a strumentalizzazioni”. L’Ambasciatore, più esplicitamente, ritiene che “il genocidio armeno non è una questione storica, ma un fatto storico che produce effetti politici”. Perciò, è “convinto che stia alla politica esprimersi, affermando la verità storica e attivandosi per la prevenzione di tutti i crimini contro l’umanità”.
Giovanissimo (classe ’78), da due anni a capo della diplomazia armena in Italia, e con un irrefrenabile bisogno di nutrirsi di storia e cultura, il diplomatico di Eravan è una persona determinata e con una missione ben precisa: “Quando sono arrivato in Italia ero cosciente che dovevamo capitalizzare su duemila anni di interazione e presenza delle comunità armene in Italia per scrivere una nuova pagina nei rapporti bilaterali formali”.
Entrare nell’Ambasciata armena a Roma è come fare un lungo viaggio attraverso i grandi Comuni della penisola. C’è tanto di Venezia, la città dove Ghazaryan arrivò all’età di quattordici anni, nel 1991, per gli studi al collegio armeno. Fu li, ci racconta, che “scoprii per la prima volta che l’Occidente era il contrario di quel potere oscuro guerrafondaio, imperialista, colonialista di cui si narrava in URSS”. Poi l’Università e il dottorato a Gorizia, dove insegna anche geopolitica. Nel 2008 arriva a Bruxelles proprio negli anni del negoziato per la normalizzazione dei rapporti tra Armenia e Turchia: “Fummo a tanto così dall’obiettivo; arrivammo alla firma di due protocolli con Ankara che prevedevano anche l’apertura del confine con l’Armenia, finchè Erdogan, il giorno seguente, annunciò che non era assolutamente disponibile alla ratifica dei documenti”.
E poi la missione in Italia. Un felicissimo ritorno: “Sicuramente devo a questo Paese molto di ciò che sono oggi”, dice. Un rapporto solido che va avanti da secoli, quello tra i due Paesi, come confermato qualche giorno fa durante la visita ufficiale del Presidente Sarkysyan a Roma. Dall’incontro al Quirinale con Sergio Mattarella, a quello con i presidenti Laura Boldrini e Pietro Grasso, con i Ministri Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti, e con il Sindaco Ignazio Marino, è stata un’occasione in cui “la condivisione valoriale ha assunto anche la materia di una coincidenza di interessi”.
Gli ultimi quattro anni, nonostante la crisi economica, hanno infatti visto una crescita di più del 93% dell’interscambio commerciale tra i due Paesi. In Armenia sono state create, negli ultimi anni, più di sessanta imprese con capitale italiano, e l’adesione di Erevan all’Unione Economica Eurasiatica (UEE) “è percepita anche da Roma come un’opportunità di fatto per quelle imprese italiane che stanno avendo difficoltà ad accedere ad un mercato di più di 170 milioni di consumatori, mercato privo di dazi doganali”.
Una sinergia non nuova quella tra Roma ed Everan, già mostrata con il sostegno fattivo degli armeni alla missione Unifil e “pronta ad essere ulteriormente rafforzata”, come promesso dal Presidente Sargsyan.
Italiani e armeni, due popoli che si sono incrociati per secoli. Da quando il re armeno Tiridate fu incoronato da Nerone nel 66 d.C., a quando l’Armenia nel 301 diventa la prima nazione cristiana. Ma anche durante la battaglia di Lepanto in cui, ricorda l’Ambasciatore, “pochi sanno che il genio militare veneziano era composto da ingegneri armeni”. Sono tanti i nomi degli italiani che hanno messo la faccia sulla questione dello Stato eurasiatico: si va da dall’ex Presidente del Consiglio Luigi Luzzatti, che con una sessantina di discorsi alla Camera dei Deputati denunciò il genocidio, impegnando il Governo a sostenere l’Armenia e la causa di indipendenza, a Filippo Meda, fino ad Antonio Gramsci, che nel 1916 denunciò la ‘palude dell’indifferenza’, e al Console italiano a Trebisonda, Giacomo Gorrini. Un diplomatico, quest’ultimo, che dalla sua finestra sul Mar Nero “vedendo delle chiatte piene di bambini armeni che lasciavano il porto e tornavano vuote cominciò a comprare degli orfani per portarli in sicurezza in Italia”.
Fu così che gli armeni “si sono integrati e ad un certo punto assimilati con la comunità italiana, forse proprio perché qui non hanno mai trovato un ambiente ostile”. Ecco perché non è ingiustificata l’aspettativa che hanno i cittadini italiani di origine armena di vedere Palazzo Chigi condividere le parole del pontefice ed esprimersi contro la reazione turca.
Esistono pronunciamenti di 22 Parlamenti (italiano ed europeo incluso) e di Governi, dell’ONU, del Consiglio d’Europa in cui si riconosce e condanna il genocidio, ed in cui si chiede alla Turchia di compiere passi analoghi. Proprio ieri il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione sul centenario del genocidio armeno. Poi c’è il recente ‘Rapporto Panzeri‘ adottato a maggio scorso sullo stato dei diritti umani in Europa. Ma tornando all’Italia c’è la mozione del 2000 a firma Pagliarini e Mussi, votata all’unanimità alla Camera dei Deputati e accolta dal Governo. Infine, ci sono molte regioni e città italiane, più di settanta, la Toscana tra le più recenti, che hanno fatto propria l’iniziativa di condanna e riconoscimento.
E’ guardando ai fatti e non alle polemiche che si coglie “quella vicinanza del popolo italiano, oggi come nel 1915, alla storia degli armeni: una causa che è anche universale, tanto quanto universale è il crimine di genocidio”. Ghazaryan precisa che “l’ultimo atto di un genocidio è la sua negazione, che apre alla recidiva, mentre il primo è la demonizzazione di un gruppo etnico, linguistico, religioso”. Come diceva Gramsci, ciò che preoccupa è la palude dell’indifferenza. Il 24 aprile, a Erevan, per la commemorazione del centenario, arriveranno capi di Stato e di Governo da tutto il mondo, tra cui Francois Hollande, con una delegazione di 150 membri di Governo, e Vladmir Putin. “Il mio auspicio“, dice Ghazaryan, “è che le dichiarazioni del Papa siano di ausilio affinché anche il Governo italiano possa essere presente ad un livello adeguato a quelle che sono le nostre bimillenarie relazioni per unire le nostre voci contro ogni genocidio”.
La mia generazione in Armenia, dice l’Ambasciatore, “ripete spesso che dobbiamo vivere e creare per quel milione e mezzo di connazionali che non ci sono più, che non hanno potuto dare il loro contributo alla costruzione di un mondo migliore. La risposta più eclatante al genocidio armeno è la Repubblica d’Armenia”.
Passiamo ai fatti: c’è stata un’iniziativa armena del 2008, supportata e condivisa da USA, UE e Russia, mediata dalla Svizzera, tesa alla normalizzazione dei rapporti con la Turchia senza precondizioni, inclusa l’apertura del confine con l’Armenia e l’istituzione di rapporti diplomatici. Il percorso si è arenato a seguito del rifiuto turco di andare avanti, di ratificare i due protocolli, ma il documento è ancora sul tavolo. Ecco, dice Ghazaryan, “l’Italia che è Paese amico della Turchia e dell’Armenia, ha sicuramente tutto il potenziale per convincere insieme ad altri partner il Governo turco a tornare su quel tavolo, a ratificare i protocolli, normalizzare i rapporti con l’Armenia per voltare finalmente pagina e liberarsi dal fardello della storia. Come ha fatto la Germania nel caso della Shoah”.
L’Italia ha tutte le carte per contribuire a questa svolta epocale. Ciò che serve, secondo Sargis Ghazaryan, è “un po’ meno di ragion pratica e un po’ più di ragion pura”.

v.v

 
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