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19. 05. 2021: Resoconto stenografico dell'Assemblea Seduta n. 813 del 17/11/2000
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 813 del 17/11/2000
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TESTO AGGIORNATO AL 27 NOVEMBRE 2000

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...
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ricordo che, con riferimento a quanto stabilito dalla Conferenza dei Presidenti di gruppo, ogni gruppo dispone di 10 minuti, più un tempo aggiuntivo di 25 minuti per il gruppo misto, così ripartito:
Rifondazione comunista-progressisti: 4 minuti; Verdi: 4 minuti; CCD: 4 minuti; Socialisti democratici italiani: 3 minuti; Rinnovamento italiano: 2 minuti; CDU: 2 minuti; Federalisti liberaldemocratici repubblicani: 2 minuti; Minoranze linguistiche: 2 minuti; Patto Segni-riformatori liberaldemocratici: 2 minuti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.

GIANCARLO PAGLIARINI. Signor Presidente, colleghi, in realtà questo è un «aperitivo» di Nizza, se ci pensiamo bene, perché per la prima volta abbiamo un documento comune e questo mi sembra decisamente importante.
Quanto al contenuto, esso è stato scritto proprio ad horas, in questi giorni,

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perché due giorni fa il Parlamento di Strasburgo ha lavorato su una relazione che si intitola «Relazione sui progressi realizzati dalla Turchia verso l'adesione all'Unione europea».
Il caso ha voluto che a Strasburgo sia stata praticamente recepita dagli europarlamentari la vecchia mozione che io avevo depositato alla Camera nel 1998, perché sono stati accettati due emendamenti del PPE, uno depositato da Giorgos Dimitrakopoulus e l'altro da Marielle de Sarnez, con i quali il Parlamento europeo invita il Governo e il Parlamento turchi a riconoscere pubblicamente il genocidio armeno, e ciò costituiva una parte della mozione da noi depositata nel 1998.
È stato poi accettato anche un secondo emendamento proposto da Cohn-Bendit nel quale, con uno spirito molto costruttivo - presente anche nella nostra vecchia mozione -, si afferma che il Parlamento europeo invita il Governo ad avviare un dialogo con l'Armenia, a stabilire relazioni diplomatiche e commerciali normali e a togliere il blocco attualmente in vigore.
Questi emendamenti sono stati accettati dal Parlamento europeo e adesso fanno parte della relazione sui progressi realizzati dalla Turchia verso l'adesione all'Unione europea. Pertanto, ieri abbiamo pensato che, se riusciremo ad inserire nella nostra risoluzione comune un riferimento a questi principi che sono stati accettati dal Parlamento europeo, impegnando il Governo a fare tutto il possibile per cercare di portare pace e distensione in quelle zone così drammaticamente colpite in passato - e, devo dire, anche oggi, perché c'è molta tensione -, faremo qualcosa di utile e costruttivo. Certo, il documento che è stato approvato dal Parlamento europeo è lungo ed articolato e contiene ventinove punti; al punto 19, esorta il governo turco a ritirare le proprie truppe di occupazione dalla parte settentrionale di Cipro. La lettura di questi ventinove punti, colleghi, è molto interessante per capire cosa stia succedendo e come potremo costruire l'Europa domani.
In realtà, non ho molto altro da aggiungere. Raccomando a tutti i colleghi di votare questo testo e - ripeto - mi sembra abbastanza interessante che esso ci consentirà di fare, nel caso sia approvato - mi auguro all'unanimità -, un test sul comportamento della Camera dei deputati a Nizza, perché il problema, forse, è molto più complicato, ma è molto sentito, se si considerano le discussioni sorte in quest'aula. Se il testo sarà approvato da tutti, faremo sicuramente una cosa valida e costruttiva (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Savelli. Ne ha facoltà.

GIULIO SAVELLI. Consideriamo con favore il fatto che si sia giunti ad un'unica mozione.
Nel merito due cose mi sembrano incontestabili. La prima è che vi è stato un vero e proprio genocidio degli armeni. La repubblica dell'Armenia occupa attualmente circa il 10 per cento di quello che storicamente era il territorio dell'Armenia; due milioni di armeni vivevano in Turchia, oggi ce ne sono 80 mila; si calcola che un milione e mezzo siano morti nei primi anni di questo secolo; circa mezzo milione di discendenti sono sparsi per il mondo in una diaspora simile a quella degli ebrei.
Il secondo fatto incontestabile è che l'attuale regime turco non è responsabile di questo genocidio che, come dicevo, è avvenuto nei primi anni del secolo. Tuttavia, proprio perché non sono responsabili di quanto è avvenuto nei primi anni del secolo, credo che sia indispensabile che il regime turco accetti pubblicamente il fatto che questa vicenda è stata un vero e proprio genocidio. Questo è il senso della mozione comune che è stata presentata e, per questi motivi, annuncio il voto favorevole del CCD.

TULLIO GRIMALDI. Chiedo di parlare per una precisazione.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TULLIO GRIMALDI. Presidente, poiché vi è stata un po' di fretta e di confusione, vorrei soltanto chiarire che né io né i colleghi del mio gruppo abbiamo ritirato la nostra firma dalla mozione Pagliarini.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 20,33)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Selva. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Il genocidio del popolo armeno è uno dei crimini contro l'umanità che sono stati compiuti nel corso dei secoli e di cui per troppo tempo si era persa la memoria. Anche in questo Parlamento è durata quasi un anno l'attesa perché si facesse un atto dovuto.
Fu uno sterminio sistematico condotto dal regime dei giovani turchi che, cancellando l'Armenia dalla carta geografica, immaginavano la costruzione di una grande Turchia, cioè di un grande impero, comprendendo tutte le popolazioni, dal mare Egeo ai confini della Cina. Quel progetto non venne realizzato, ma non per questo cessarono le esecuzioni contro gli armeni costretti a disperdersi in una diaspora di cui rimangono tracce in quasi tutti i paesi del mondo ed anche in una città italiana, Venezia.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi pregherei di soprassedere ai vostri colloqui privati, si sta svolgendo una discussione e non è giusto che si facciano capannelli!

GUSTAVO SELVA. Non si preoccupi, Presidente, succede sempre così, non c'è da meravigliarsi.
Fu una pulizia etnica, la prima di un secolo che purtroppo ha dovuto assistere ad altre vicende tragiche dello stesso potere, la più tragica delle quali è stata la Shoah, fino alle più recenti, quelle in Bosnia, nel Kosovo e a Timor Est, che hanno richiesto l'intervento delle Nazioni Unite e della NATO in difesa dei diritti dell'uomo. I massacri contro le popolazioni inermi durate fino al 1918 portarono ad una vera e propria snazionalizzazione che la nascita della piccola repubblica sovietica dell'Armenia (meno di un quarto del territorio originario armeno) non contribuì certo a sanare. Basta rileggere i libri di William Saroyan e rivedere i primi film di Elia Kazan per cogliere pienamente il significato delle sofferenze di un popolo senza più patria, mortificato nelle sue nobilissime tradizioni, che pure sentiva il richiamo forte delle radici di quella terra.
Soltanto negli anni recenti, come ho detto, quelle vicende sono state rievocate e, per primo, il Parlamento europeo ha preso una posizione precisa ponendo, come precondizione per l'ingresso della Turchia nell'Unione europea, l'assunzione da parte del Governo di Istanbul delle responsabilità per lo sterminio. Questa posizione è stata ribadita in una mozione presentata ed approvata il 15 novembre scorso, constatando che la Turchia sta realizzando certe precondizioni.
Il genocidio degli armeni è un fatto incontestabile, ampiamente documentato, e riconoscerne l'esistenza non è rivolgere un atto di accusa allo Stato turco di oggi, ma pagare un debito con la storia che non può più ignorare una pagina così tragica. Viviamo in un'epoca in cui non si deve avere paura di ammettere che nella storia vi sono state pagine buie né si deve temere di rileggere quelle pagine nel contesto in cui sono state scritte. Anche se sono trascorsi più di ottant'anni, è giusto che l'Italia compia pubblicamente questo atto, sia pure con ritardo ma in piena concordanza con il Parlamento europeo che ha approvato qualche giorno fa il riconoscimento del genocidio che nella risoluzione viene riconosciuto come verità storica.
Il Governo italiano ha espresso parere favorevole sulla nostra risoluzione e in tutte le sedi dovrà assumere una posizione conseguente, in modo da contribuire a sanare per quanto possibile la ferita aperta con le violenze dei turchi di

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quell'epoca. È una questione di giustizia ma è anche un richiamo all'esigenza che crimini del genere - faccio un richiamo alto e forte - non abbiano più a ripetersi in qualsiasi parte del mondo.
Noi di Alleanza nazionale cogliamo questa occasione per condannare tutti i crimini commessi contro l'umanità che si verificano quando l'odio prevale sulla tolleranza, quando prevale la discriminazione razziale etnica e religiosa, quando non si ricerca in ogni modo la convivenza civile (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, il gruppo di Forza Italia, come credo la maggioranza di questa Assemblea, riconosce che la Turchia è un grande ed importante paese che ha fatto numerosi progressi nell'organizzazione della propria vita democratica, progressi ancora in corso grazie anche alla buona volontà della classe dirigente. Riteniamo che con questo atto del Parlamento italiano si dimostri in modo significativo l'attenzione che prestiamo a questo paese che ci auguriamo possa entrare presto a far parte a pieno titolo dell'Unione europea dove può giocare quel ruolo importante che ricopre nell'ambito della NATO come punto di equilibrio per quella zona del mondo. Riteniamo che il processo in corso in Turchia debba indispensabilmente fare i conti - come accade per tutti i grandi paesi che vogliono avanzare verso il futuro - con la propria storia. Allora, incoraggiamo la Turchia affinché faccia i conti anche con momenti atroci del proprio passato, proprio perché si tratta di un passato che, come tale, non appartiene agli uomini che oggi fanno la Turchia moderna.
In conclusione, voteremo a favore della risoluzione Mussi n. 6-00148 di cui sono cofirmatario; ci asterremo, invece, dall'esprimerci sull'originaria mozione Pagliarini che - come ha giustamente affermato il sottosegretario Ranieri - risente del momento in cui è stata presentata e non rivolge la dovuta attenzione ai progressi che la Turchia ha compiuto e sta compiendo verso la democrazia, nel rispetto delle minoranze e, in generale, dei diritti umani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, interverrò sia sulla mozione che rimane in vita, per la volontà di una minoranza dei deputati che l'avevano sottoscritta, sia sulla risoluzione Mussi n. 6-00148 che abbraccia tanto il centrodestra quanto il centrosinistra, ma non noi di Rifondazione comunista.
Non capisco per quale motivo la prima mozione - che abbiamo mantenuto in vita - debba essere considerata superata dall'onorevole Rivolta, in quanto essa impegna semplicemente il Governo a riconoscere pubblicamente il genocidio del popolo armeno, esattamente come hanno fatto l'Assemblea nazionale e il Senato francesi. Che cosa sia accaduto in questi due anni, perché si cambi opinione circa un fatto avvenuto ottantacinque anni fa, è ben difficile da capire, a meno che non si voglia piegare un giudizio storico - perché di questo si tratta - all'attualità politica. Infatti, ci dividiamo perché si vuole addolcire una dichiarazione (che, peraltro, non compare nella risoluzione presentata dalla «ammucchiata» del centrodestra e centrosinistra), ovvero una condanna storica di quel genocidio, con giudizi del tutto impropri circa l'attuale Stato turco.
Infatti, la risoluzione presentata da centrodestra e centrosinistra uniti chiede una più rapida integrazione della Turchia nell'Unione europea. Dunque, sottosegretario Ranieri, non siamo capaci di fare ciò che ha fatto il Parlamento francese, semplicemente perché quel Parlamento - o, per meglio dire, il Governo francese - non è altrettanto servo degli Stati Uniti, della Turchia e dell'Alleanza atlantica. Infatti, non vi è altro motivo se non una

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sbagliata ed impropria sudditanza all'Alleanza atlantica perché non si debba, dopo ottantacinque anni, riconoscere ciò che è storicamente comprovato ed accertato. L'unico motivo che vi induce a non farlo è quello di non turbare il Governo turco che, difatti, nei due anni in cui è stata depositata la mozione avente allora come primo firmatario l'onorevole Pagliarini, non ha mancato di fare enormi e gravi pressioni, che nel caso di alcuni parlamentari si sono tradotte in minacce: infatti, alcuni deputati italiani sono stati ripetutamente minacciati dal Governo turco e dai suoi agenti.
Adesso non chiediamo di condannare la Turchia, ma che sia riconosciuto ciò che è stato accertato storicamente, ovvero che ottantacinque anni fa è stato compiuto un genocidio. Vorrei ricordare a questa Assemblea che l'anno scorso si è voluta ipocritamente giustificare una guerra dicendo che in Kosovo era in corso un genocidio. Ebbene, in quella regione, era in corso qualcosa di gravissimo; tuttavia, dobbiamo ricordare che ben due terzi della popolazione armena furono sterminati ottantacinque anni. Allora, se non possiamo definire quello un genocidio, non potete tanto meno chiamare genocidio quanto è avvenuto nel Kosovo l'anno scorso.
Per farla breve, signor Presidente, molti deputati due anni fa firmarono la mozione Pagliarini; ne cito alcuni, onorevole Selva, perché lei fa parte di quella schiera, così come l'onorevole Armaroli, l'onorevole Biondi, l'onorevole Boato, gli onorevoli Marco Fumagalli, Giovanardi, Michelini, Paissan, Piscitello, Rivolta, Taradash, Tremaglia, Pivetti. Ho citato alcuni dei deputati che due anni fa non hanno esitato ad apporre la loro firma sulla dichiarazione, identica a quella del Parlamento francese, che riconosce che ottantacinque anni fa è stato commesso un genocidio.
Io continuerò a votare secondo coscienza e secondo quanto ho firmato due anni fa, perché non è cambiato assolutamente niente rispetto al genocidio del popolo armeno; altri si regoleranno sicuramente secondo coscienza, ma alcuni, temo, secondo altri ragionamenti ed altre convenienze, che poco hanno a che vedere con il testo che si va a votare (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leccese. Ne ha facoltà.

VITO LECCESE. Signor Presidente, colleghe, colleghi, credo che rispetto al dibattito che si è sviluppato in quest'aula il 26 ottobre sulle mozioni Pagliarini, Fei e Bianchi lo scenario si sia notevolmente modificato e fortunatamente anche le proposte di atti di indirizzo che sono oggi alla nostra attenzione e che ci accingiamo a votare sono modificate e, io dico, migliorate rispetto a quelle presentate il 26 ottobre.
Del resto, questo è un dato che non deve sfuggire neanche al collega Mantovani: alcuni passi in avanti nell'elaborazione di questa risoluzione, che lui considera dell'ammucchiata centrodestra-centrosinistra, sono stati compiuti. Vi è il tentativo, sì, di riconoscere sul piano storico il genocidio armeno perpetrato per mano dei turchi, ma nello stesso tempo di inserirlo in un discorso più articolato e più complesso, perché la materia è più articolata e più complessa.
Ricordo che molti colleghi intervenuti nel dibattito del 26 ottobre scorso hanno sostenuto che, in omaggio alla ragione della diplomazia, quel primo pronunciamento dell'Assemblea nazionale francese non sarebbe mai approdato al Senato. Invece nei giorni scorsi, come è stato ricordato da altri colleghi che sono intervenuti prima di me, il Senato francese ha approvato formalmente una legge, sì una legge, non un semplice atto di indirizzo, con cui si riconosce pubblicamente e solennemente il genocidio perpetrato dai turchi nel 1915.
Nei giorni scorsi vi è stato un importante pronunciamento, quello del Papa, che in una nota congiunta con il Patriarca supremo degli armeni riconosce che quel

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dramma fu genocidio e che costituì un prologo agli orrori che sarebbero seguiti: due guerre mondiali, l'olocausto, innumerevoli conflitti regionali e campagne di sterminio, dalla Cambogia al Ruanda.
Nelle ultime ore, è stata approvata un'importante risoluzione del Parlamento europeo con la quale si approva a larghissima maggioranza la relazione sul progresso della Turchia verso l'adesione all'Unione europea. All'interno di quella risoluzione vi è l'auspicio che la Turchi si confronti con il proprio passato ed anche, quindi, con quel genocidio.
La memoria è fondamentale, il secolo che abbiamo alle spalle è il secolo dei genocidi e dell'olocausto, ma anche il secolo della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. I genocidi si collocano al centro del secolo scorso come emblema negativo, ma ad essi si contrappone specularmente, antagonisticamente, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo come emblema positivo, quasi come antidoto e come base di un progetto di salvaguardia, per il futuro, dei fondamenti della civile convivenza. È con questo spirito che il Parlamento europeo parla, nella sua risoluzione, di genocidio, inserendo il riconoscimento in una serie di condizioni affinché quel processo, prima di avvicinamento ed ora di adesione e forse di integrazione, possa trarre nuovo vigore. Il Parlamento lo fa non per «pugnalare alle spalle» - come denuncia oggi molta stampa turca - le relazioni euro-turche, ma per proiettare quel paese verso forme più stringenti di cooperazione con l'Europa.
Lo scenario, come dicevo, rispetto al dibattito del 26 ottobre scorso, è cambiato grazie alle vicende di cui ho parlato prima, quella del Parlamento francese, la nota del Papa e la risoluzione del Parlamento europeo. Queste vicende hanno vinto la resistenza di chi in quel dibattito, pur ammettendo non le generiche sofferenze atroci, come è ricordato in alcune mozioni, ma riconoscendo il genocidio, riteneva però che non fossero ancora maturi i tempi affinché il nostro Parlamento riconoscesse quel dato storico ormai acclarato. Certamente un eccesso di Realpolitik e di prudenza, nonché di timore che nel confronto bilaterale con la Turchia si tornasse ai giorni critici e noti della vicenda Frisullo o, peggio, alla grave tensione che ci fu tra il nostro paese e la Turchia nella vicenda Ocalan. Oggi possiamo ritrovare, seppure mutuando i paragrafi della risoluzione del Parlamento europeo, il coraggio di riconoscere negli atti ufficiali di questa Camera il genocidio armeno. Possiamo, ora sì, come diceva Pezzoni nella discussione generale sulle mozioni, fare un'operazione capace di coniugare coscienza, conoscenza, responsabilità ed iniziativa politica.
A me sembra che la risoluzione sottoscritta dalla maggioranza di centrosinistra e anche dai deputati del centrodestra tenda a questa operazione. Infatti, oggi, per dirla con le parole di Daniel Cohn-Bendit, nella sua dichiarazione di voto sulla risoluzione del Parlamento europeo di due giorni fa, ci sono quelli che vogliono l'adesione della Turchia all'Unione europea e che questa adesione passi attraverso una riforma profonda della società turca e quelli che invece vogliono usare strumentalmente il dibattito sulla politica e le riforme in quel paese per lasciarla comunque fuori dall'Unione europea. Noi ci ritroviamo nella prima categoria, perché vogliamo che quel paese diventi un paese europeo nel senso della capacità di tollerare, di riconoscere e rispettare le minoranze, di rinnegare le torture e la pena di morte.
Oggi, riconoscendo il genocidio quale dato storico acclarato ed inequivocabile, diciamo alla Turchia che deve fare i conti con il proprio passato, perché questo può servire al presente e al futuro di quel paese.

PRESIDENTE. Onorevole Leccese, la invito a concludere.

VITO LECCESE. Concludo annunciando il voto favorevole dei deputati Verdi alla risoluzione presentata. Vorrei aggiungere che il presidente Pagliarini può certo rivendicare una paternità sul dibattito

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che si è sviluppato su una questione che è - cito testualmente una sua dichiarazione riportata questa mattina da un quotidiano - «espressione di sensibilità civile verso i diritti dell'uomo e ispirata ai principi di solidarietà». Collega Pagliarini, visto che la memoria è importante, ricordi di farne tesoro, soprattutto rispetto all'azione politica del gruppo che rappresenta, perché deve ricordare che la violenza genera violenza, l'odio genera odio e se è vero, come diceva Primo Levi, che comprendere è impossibile, e conoscere è necessario perché ciò che è accaduto può ritornare.

PRESIDENTE. Onorevole Leccese, bisogna cercare di restare nei tempi. Non sono di quelli che tolgono la parola - chi lo fa, lo fa a ragion veduta a difesa del regolamento -, ma dovete rispettare anche la mia incapacità di essere severo come sarebbe necessario in certi casi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brunetti. Ne ha facoltà.

MARIO BRUNETTI. Signor Presidente, credo sia necessario entrare nel merito di quel che è stato uno dei più tragici capitoli della storia di questo secolo. Lo sterminio degli armeni è stato il primo genocidio del Novecento effettuato dai «giovani turchi» e da Mustafà Kemal, i quali operarono per cancellare letteralmente gli armeni dall'Anatolia e, con essi, la loro millenaria cultura.
Al massacro di massa si aggiunse la deportazione di 2 milioni di armeni verso il deserto siriano di Deir Es Zor, allora sotto il dominio ottomano, decimati poi dalla fame, dalle epidemie e da maltrattamenti di ogni genere.
Documenti storici ci mettono davanti gli elementi tragici di questa orrenda vicenda. Non mi riferisco tanto al toccante pellegrinare di Pietro Kuciukia, descritto nel suo libro «Viaggio tra i cristiani d'Oriente», che potrebbe apparire una testimonianza interessata, essendo egli figlio di uno degli armeni fuggiti verso l'Italia dopo il 1915; mi riferisco, invece, a storici attenti, centri di ricerca e istituzioni pubbliche che hanno, in questi anni, evidenziato quest'infamia contro la civiltà, contro il popolo armeno, le cui testimonianze risalgono a 2.500 anni fa; popolo che abitava un territorio che si estendeva al di là dell'attuale Repubblica armena e che ha subito, nei secoli, invasioni e feroci dominazioni straniere.
La più nefasta di queste dominazioni è stata certamente quella dei turchi che vi penetrarono alcuni secoli addietro e vi installarono un regime che oggi chiameremmo di «pulizia etnica»; un dominio la cui ferocia ha raggiunto il culmine con Abdul Amid II, che costituì le premesse, nel declino dell'impero ottomano, della nascita dell'acceso movimento nazionalista chiamato i «Giovani turchi» e che per dieci anni, a partire dal 1908, si impossessò del potere con l'obiettivo di creare un grande impero panturco. Dentro questo disegno, la presenza di un'isola armena in quell'area veniva vista come ostacolo al progetto della grande Turchia, e per questo se ne decretò lo sterminio.
La concretizzazione di questo disegno è stata decisa a Salonicco in un congresso segreto dei «Giovani turchi»; e l'occasione per la messa in pratica del piano di sterminio fu la prima guerra mondiale, approffittando dell'indifferenza delle potenze europee impegnate nel conflitto.
Furono trucidati, in questa fase, 1.500 armeni tra cui intellettuali, dirigenti politici, sacerdoti, mentre nelle imboscate sulle strade una «organizzazione speciale» attaccava e trucidava le carovane di deportati, oltre a distruggere città, chiese, scuole, biblioteche, conventi, università, cancellando, così, ogni traccia di quella presenza e lasciando dietro di sé un deserto. Si salvarono, in parte, solo alcuni residenti ad Istambul e a Smirne perché i massacratori si sarebbero trovati troppo esposti vicino alle sedi diplomatiche straniere; si salvarono ancora, in parte, gli abitanti di alcune province in prossimità del confine russo fuggite oltre frontiera e salvate dall'avanzare di quell'esercito.
Crea davvero sconcerto la lettura di un telegramma del 15 settembre 1915 del ministro dell'interno turco - riportato in

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un'attenta valutazione sull'argomento dell'istituto di studi armeni di Monaco di Baviera - in cui traspare tutta la freddezza e il cinismo delle disposizioni. Dice quel telegramma: «In precedenza è stato comunicato che il Governo su ordine del partito (Unione e Progresso), ha stabilito di sterminare completamente tutti gli armeni residenti in Turchia. Coloro i quali si oppongono a questo ordine non possono continuare a rimanere negli organici dell'amministrazione dell'impero. Bisogna dar fine alla loro resistenza, per quanto siano atroci le misure adottate senza discriminazioni per sesso ed età e senza dar ascolto a considerazioni legate alla coscienza».
La sconfitta della Turchia in guerra e la conseguente caduta del regime dei «Giovani turchi» non portò affatto alla condanna dei responsabili dello sterminio e le vicende del genocidio - anche con la complicità delle potenze vincitrice - si risolse in qualche sporadico arresto e con lo scioglimento della stessa corte marziale in un primo tempo costituito a tale scopo.
L'eccidio degli armeni rimane, così, non solo impunito ma dimenticato al punto che Hitler nel 1939, per vincere le titubanze dei suoi collaboratori nella progettata aggressione alla Polonia, li investì con una frase passata alla storia: «Chi si ricorda più del massacro degli armeni?».
È avvenuto così - come è stato ricordato - che, a differenza dell'Olocausto, che ha creato e crea giustamente indignazione e condanna in tutto il mondo e che fu riconosciuto e condannato dalla stessa Germania, il genocidio degli armeni viene ancora oggi negato dalla Turchia nello stesso modo come nega l'esistenza dei curdi; anzi, ad Istambul e ad Ankara fanno bella mostra di sé le strade intitolate ai responsabili principali dello sterminio e addirittura, nel 1996, sono stati riservati grandi onori alla tumulazione delle spoglie di Enver Pascià, uno dei peggiori aguzzini degli armeni, traslate dall'Asia centrale.
La documentazione di questo quadro infamante per la civiltà è raccolta in fornitissimi archivi negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia, in Germania, in Austria, oltre che in biblioteche di centri studi ed istituti di ricerca. Anche per questo, molte istituzioni internazionali hanno riconosciuto il genocidio degli armeni, seppure, per ragioni economiche e di realpolitik, alcuni Stati, come gli Stati Uniti d'America, lo hanno «messo tra parentesi», perché ricattati con la minaccia del blocco dell'oleodotto di Baku-Ceylan. Basti ricordare, anzitutto, le prese di posizione del Tribunale permanente dei popoli, che, fra l'altro, ha affermato: «Lo sterminio delle popolazioni armene, con la deportazione e il massacro, costituisce un crimine imprescrittibile di genocidio ai sensi della Convenzione del 9 dicembre 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio». Ne hanno parlato, poi, la sottocommissione per la protezione delle minoranze della Commissione dei diritti dell'uomo dell'ONU ed il Parlamento europeo; lo hanno ricordato il Papa in un comunicato congiunto con il patriarca degli armeni Kerekin II e molte amministrazioni di grandi e piccole città italiane.
È arrivato il momento, dunque, che anche l'Italia, seppure in ritardo, riconosca il genocidio degli armeni non solo per un atto doveroso verso la storia, ma anche per il carattere politico ed etico generale che esso assume ai nostri giorni, essendo necessario porre uno stop alle concezioni militariste ed autoritarie della Turchia.
Ieri gli armeni e i greci, oggi la persecuzione dei curdi: ecco l'elemento di una continuità storica che caratterizza la Turchia sul terreno antidemocratico, contrastante con la costruzione di un'Europa civile. Ieri la negazione del genocidio degli armeni ha costituito un pericoloso precedente che è servito come alibi ad Hitler per organizzare l'Olocausto, oggi la continuazione di quella negazione fa da battistrada ad una cultura negatrice dei diritti che entra in rotta di collisione con la democrazia europea.
Per queste ragioni, il formale riconoscimento e la condanna da parte del Parlamento italiano del genocidio degli armeni nel 1915 costituisce un contributo

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forte alla verità storica ed alla civiltà, non solo perché si sottolinea un dato drammatico di quei tempi, ma anche perché tale contributo serve per l'oggi.
Per questi motivi, noi voteremo a favore non soltanto della risoluzione concordata questa sera tra le forze politiche in quest'aula, ma anche della prima mozione sulla quale una serie di deputati, tra cui noi, si erano trovati d'accordo, qualche tempo fa, che bene sottolinea i risvolti storici, etici e politico che l'eccidio degli armeni ha, in questo momento, nello scenario europeo (Applausi dei deputati dei gruppi Comunista e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanni Bianchi. Ne ha facoltà.

GIOVANNI BIANCHI. Signor Presidente, nell'annunciare il consenso dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo sulla risoluzione Mussi n. 6-00148, sottoscritta da colleghi sia della maggioranza sia dell'opposizione, annuncio il ritiro della mia mozione n. 1-00482.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE (ore 21)
GIOVANNI BIANCHI. Prendo necessariamente le mosse dalla discussione che si è svolta in quest'aula nel pomeriggio del 26 ottobre. Il deserto dell'aula ha fatto paradossalmente da contrappunto alla densità del dibattito. Succede rare volte di studiare o soltanto di leggere gli atti parlamentari; a me è successo e devo rendere atto a tutti i colleghi intervenuti della serietà dimostrata.
Si tratta ora di allineare i pezzi positivi di questo tragico puzzle per dare corpo ad una ricerca di pace verso la quale l'Europa si è già incamminata ed alla quale non deve mancare il contributo del nostro paese.
Aveva ragione la collega Fei a ricordare nel suo intervento che il Caucaso e l'Anatolia rappresentano la terza regione del mondo per pericolosità dopo il Medio Oriente ed i Balcani. Stiamo parlando, pertanto, di uno dei punti nevralgici del globo.
La ricostruzione storica ha a disposizione, oramai, molti materiali, che nel dibattito sono stati menzionati, dal Werfel ad altri autori. Anche il Presidente Biondi, in un intervento che mi è parso non soltanto teso ma anche lucidissimo, ricorda il tempo lontano che va dal 1909 al 1914, quando i Giovani turchi realizzarono la pulizia etnica, decisa proprio al Congresso dei Giovani turchi tenutosi a Salonicco nel 1911.
Ebbene, è a partire da questa memoria che l'Europa, con la risoluzione passata due giorni fa con 429 voti favorevoli, 24 contrari e 68 astenuti, invita il Governo turco e la grande Assemblea nazionale turca a sostenere maggiormente la maggioranza armena, in quanto parte importante della società turca, riconoscendo pubblicamente, in particolare, il genocidio commesso ai danni di tale minoranza.
Nella medesima direzione muove il comunicato congiunto - anch'esso di pochi giorni fa - di Papa Giovanni Paolo II e di Karekin II Catholicos della Chiesa armena. Devo anche dire che, con una qualche malagrazia, la stampa turca ha attribuito la dichiarazione alla longevità del pontefice. Non è così che ci si muove sul piano internazionale (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!
Due problemi di fondo mi sembra che siano di fronte a noi. Il primo è che siamo in un momento in cui vengono gettate le fondamenta dello Stato di Ataturk. Diciamolo: uno Stato moderno e laico - in questo senso, un passo avanti su quello scacchiere - ma non per questo meno autoritario e feroce, non per questo meno fondato su un processo di pulizia etnica. Questo è il paradosso che ci si presenta di fronte e che, semmai, avvisa l'Europa e l'Italia ad intensificare il percorso di acquisizione della Turchia all'interno della Comunità europea, ponendo evidentemente

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problemi ma facendosi anche carico di un percorso che ha una sua particolarità.
Secondo problema. Non c'è politica sensata senza rapporto di continuità, sia pure critica, con la storia. C'è scarto, non revisione tra storia e politica. Anzi, se mi metto sulla lunghezza d'onda di un bel libro di Mario Tronti, La politica al tramonto, posso anche pensare che in alcuni momenti la politica sia contro la storia. Fu così la rivoluzione e talvolta ha questo segno l'innovazione, che, non a caso, sconta molteplici resistenze al cambiamento. Ma allora domandiamoci: è possibile, culturalmente e politicamente, rispettare la storia, non strapparle le pagine senza restarne prigionieri? Problema: com'è possibile leggere e riconoscere una irriducibile contrapposizione storica per consegnarla alla storia, senza necessariamente consegnare il presente alla irriducibilità di questa contrapposizione?
È il problema che abbiamo di fronte, è il problema che l'Europa si è posta con la sua risoluzione. Mi auguro che stasera questa risoluzione sia approvata a larghissima maggioranza. Mi auguro, se è possibile fare un invito in «zona Cesarini» al collega Mantovani e ai settori che vorrebbero distinguersi, che possa esserci un consenso unanime, che servirebbe di più alla causa degli armeni e dei turchi. In questo senso, non per un facile ecumenismo, dobbiamo andare oltre le irriducibilità della contrapposizione storica.
È questo passo che tentiamo di fare, e vorremmo farlo tutti insieme. Da qui il mio invito, pensando che sia il modo migliore per la costruzione dell'unità europea (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Biondi. Ne ha facoltà.

ALFREDO BIONDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, avevo firmato molto volentieri anche la mozione della collega Fei, che ha avuto la sensibilità di ritirarla di fronte ad un problema che, nell'opinione comune che si sta affermando, tende a riconoscere politicamente ciò che noi con la nostra mozione volevamo riconoscere storicamente. C'era scritto: convocazione di una riunione scientifica volta ad acquisire e ad accertare le effettività e le realtà storiche.
Si discute, proprio in questi giorni, su che cosa sia la storia, quale sia la storia vera, quale sia la storia forzata, quali siano le storie che obbediscono alle pulsioni dei sentimenti politici e quando invece queste possano consentire, in un arco di valutazione che abbraccia il tempo e nel tempo vede le modificazioni dei soggetti individuali e collettivi, di dare un giudizio. Nella mozione che voterò (abbiamo ritirato la mozione Fei, che avevo sottoscritto), sono in grado di dare un giudizio, inoltre mi evita quella parte procedurale che noi volevamo mettere in evidenza come un fatto di maggiore approfondimento.
Ho ascoltato con grande piacere e ammirazione, mentre avevo l'onore di presiedere quest'aula, l'intervento del collega Brunetti che ha fatto un'analisi straordinaria di cultura e di sensibilità sui fatti terribili che erano avvenuti in quell'epoca nell'indifferenza dei grandi paesi.
Tempo fa ho visto un buon film nel quale recitavano Claudia Cardinale e Omar Sharif e si parlava di una famiglia emigrata dall'Armenia a Parigi. Era un film nel quale si capiva quella che doveva essere la sofferenza di esuli nemmeno per motivi politici o economici, come è capitato a noi italiani, ma per motivi legati alla impossibilità di vivere per la prepotenza degli altri.
La Camera ora dà un riconoscimento di un fatto tragico avvenuto nel tempo e insieme non si chiude ad una valutazione puramente negativa, critica, senza remissione delle responsabilità, ma invece dà una valutazione delle esigenze della Turchia moderna, se riuscirà ad essere moderna anche nelle sue leggi, anche nelle misure che garantiscono la vita di tutti, compresa quella dei condannati. Infatti noi pensiamo che questa sia una prova di civiltà. Questo vale per l'occidente, come

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per l'oriente, nel Caucaso come nell'Anatolia, vale dappertutto. Dove si fa strame della vita allora vuol dire che la civiltà non si è ancora fermata. Noi pensiamo che il rapporto, non solo di carattere internazionale e militare, che si è instaurato, mi auguro anche sui problemi più vasti del diritto civile, ci consenta di aprire un credito non basato esclusivamente sulla speranza o sui sentimenti, ma anche sui comportamenti che ci sono stati e dei quali la mozione tiene conto.
Quindi, noi non ci siamo discostati dal fine. Avevamo previsto dei mezzi di verifica che, a mio modo di vedere, erano importanti. Abbiamo effettuato una scelta sulla base di considerazioni di più vasto raggio, non per un falso unanimismo, ma per un unanimismo vero che è quello di ciò che ci vede tutti uniti, indipendentemente dalle collocazioni, proprio per le esperienze tragiche che abbiamo vissuto nella nostra vita e che io ho vissuto anche come giovane in Italia.
Si fanno tanti discorsi, ma ci sono i momenti in cui si deve decidere che cosa fare. E se uno ha la fortuna di decidere bene è dalla parte di quelli che hanno deciso bene, ma se ha deciso male è da quella parte che viene messo. Quando dico male, non parlo di malafede, ma della mala electio, cioè della non valutazione concreta delle cose.
Signor Presidente, questa è la ragione per la quale io voto e apro due capitoli: uno alla speranza che le cose possano andare come veramente noi desideriamo in una dimensione in cui questi fatti della storia siano collocati senza bisogno di verifiche ulteriori dopo quelle che lo strazio di un popolo ha consentito di valutare e di verificare, e che ci consenta di procedere, come si dice qui, al riconoscimento del genocidio ai danni della minoranza armena; l'altro alla speranza che da questa considerazione nasca, per chi ha tenuto storicamente, non attualmente, comportamenti di questo tipo, un proposito concreto, controllato anche nella dimensione internazionale più vasta, che ciò non possa più succedere. Ecco la ragione del mio voto - lo dico anche all'amico Mantovani - voterò come sempre, prima di tutto come mi pare e, poi, secondo coscienza (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzoni. Ne ha facoltà.

MARCO PEZZONI. Signor Presidente, considerata l'ora e per rispetto dei colleghi, svolgerò solo alcune riflessioni. La prima: credo sia molto importante cogliere con la risoluzione Mussi-Pagliarini la grande novità di questi giorni, che è la risoluzione unitaria del Parlamento europeo. Abbiamo una lezione che ci viene dal Parlamento europeo: i grandi gruppi politici si sono divisi trasversalmente ed è passato di stretta misura l'emendamento di Dimitrakopoulos, che introduce il paragrafo 10, il riconoscimento del genocidio degli armeni, ma poi il Parlamento si è ricompattato ed ha votato a grandissima maggioranza (destra, centro e sinistra) la risoluzione comune, che incoraggia la Turchia ad accelerare i processi di democratizzazione. Anche nella risoluzione Mussi-Pagliarini, sono ribaditi i medesimi principi, il rispetto delle minoranze, i passi in avanti per far entrare il più presto possibile la Turchia in Europa.
Perché - è questo il secondo punto - nella risoluzione vi sono un principio ed una strategia fondamentale per i tempi di oggi, rispetto ad un problema che si pone: se dobbiamo essere neutrali di fronte ai processi storici, di fronte all'allargamento, od invece scegliere la strategia dell'inclusione. È la strategia dell'inclusione quella che ispira l'Unione europea, che spinge verso l'allargamento e il dialogo con la Turchia, ponendo, certo senza sconti, obiettivi da superare per questo processo di più rapida integrazione nell'Unione europea. Qui sta la questione del genocidio, qui sta la questione della convivenza, qui sta la questione dei diritti umani: non si fa riferimento ad un giudice estraneo, ma abbiamo il farsi parte di una storia che spinge e cerca, al di là della neutralità, una nuova condivisione di valori ed una nuova comunità come quella europea allargata.

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Infine, proprio per questo, le minoranze interne come i curdi si aspettano dal processo di integrazione europea la soluzione politica dei loro problemi. Ecco perché i principi contenuti nella risoluzione Mussi-Pagliarini per esempio il rispetto dell'integrità territoriale, sono importanti, ma in una visione dinamica per favorire i processi di inclusione nell'Unione europea. Questo è dunque il nostro atteggiamento politico positivo e, come ha osservato il collega Pagliarini, è un buon segnale per Nizza (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volonté, al quale ricordo che ha due minuti. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, chiedo intanto di apporre la mia firma alla risoluzione Mussi-Pagliarini, ma allo stesso tempo non ritirerò la mia firma, anche a nome del CDU, sulla mozione Pagliarini n. 1-00303, perché non penso che i due documenti siano in contrasto; ritengo, anzi, anche in base agli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, che plaudono allo sforzo che anche il nostro paese compie per convincere la Turchia a rispettare la minoranza armena, che non si possa prescindere dalla chiarezza con la quale il Parlamento francese, il 29 maggio 1998, ha riconosciuto un fatto storico, non un'invenzione che troviamo in alcuni libri di storia italiani in queste settimane e in questi mesi.
Quindi, voteremo a favore della mozione Pagliarini n.1-00303, originariamente firmata da gran parte dei colleghi, e chiediamo di apporre la nostra firma alla risoluzione comune Mussi n. 6-00148. Nello stesso tempo, vogliamo fare una battuta ai nostri colleghi della Casa delle libertà: pochi minuti fa, sulla questione del dossier Mitrokhin, abbiamo molto apprezzato l'atteggiamento della Lega e del CCD, che hanno valorizzato anche l'impegno dell'onorevole Tassone e di molti di noi su questo importante avvenimento politico, che ha rubato le prime pagine dei giornali per interi mesi qualche tempo fa. Voglio dire pubblicamente che anche questa è una delle ragioni per cui, conoscendo l'impegno del presidente Pagliarini, chiedo di apporre la firma alla risoluzione comune Mussi n. 6-00148.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ballaman. Ne ha facoltà.

EDOUARD BALLAMAN. Signor Presidente, desidero puntualizzare, in primo luogo, che non mi sembra corretto dire che la mozione Mussi-Pagliarini, alla quale voglio aggiungere anche la mia firma, non abbia previsto il riconoscimento del genocidio ai danni della minoranza armena. È perfettamente riconoscibile ed è scritto nella mozione. In secondo luogo, mi sembra importante ricordare che il testo del Papa, richiamato più volte, dice che il genocidio armeno all'inizio del secolo ha costituito un prologo agli orrori che sarebbero seguiti. A questo punto, invece, l'agenzia di stampa turca ha modificato il testo del Vaticano ed ha scritto che il Papa avrebbe dichiarato che il genocidio è stato all'inizio di due guerre mondiali, di innumerevoli conflitti e così via ed ha concluso con il seguente commento: la prima guerra mondiale è cominciata nel 1914, gli armeni dicono che il cosiddetto genocidio è avvenuto nel 1915. L'errore del Papa è dovuto alla sua tarda età. Ecco quindi che si è voluto giocare ed alterare, mistificando le notizie.
Personalmente voterò a favore anche della prima mozione Pagliarini, ora mozione Mantovani, che aveva un'unica colpa: essere stata presentata prima di tutte, nel settembre del 1998, quindi non poter prevedere le enunciazioni degli ultimi importanti eventi. Devo ringraziare la Camera dei deputati che mi ha permesso in quest'ultimo anno di essere due volte in Turchia e una volta a Cipro per potermi rendere conto che il problema degli armeni è serio ma è di 85 anni fa, mentre oggi vi sono problemi ancora più gravi, quali quelli delle minoranze curde e dell'invasione di Cipro. Spero che questa Camera non aspetti altri 85 anni prima di

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adottare risoluzioni sul caso (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e misto-CDU)!

GIANCARLO PAGLIARINI. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO PAGLIARINI. Signor Presidente, prima non ho spiegato perché ritiravo la firma dalla mia mozione e velocemente vorrei farlo. Ovviamente si trattava di valorizzare al massimo la decisione di Strasburgo e di avere un documento comune, però devo dire anche che il Governo mi aveva fatto intendere, in diversi modi, che aveva paura di possibili ritorsioni commerciali della Turchia. Guardando quello che succede, debbo dire che in parte il Governo aveva anche ragione. In Francia nel 1998 è stato assunto un provvedimento dall'Assemblea nazionale; hanno fatto liste di proscrizione, hanno avuto danni notevoli e devo dire che io ho avuto l'idea di depositare quella mozione proprio quando ho visto la reazione turca contro la Francia. Non mi sembrava giusto, sono contro l'uso della forza e, visto che il collega prima mi ha tirato in ballo, sono contro l'uso della forza sempre e comunque, anche rispetto ai centri sociali. Lo devo dire visto che sono stato tirato in ballo.

PRESIDENTE. Non è previsto nella mozione.

GIANCARLO PAGLIARINI. In Francia hanno reagito molto bene e con coraggio, però al Senato sono riusciti a discutere il testo solo grazie ad un escamotage, perché erano riusciti a bloccare la discussione. Devo fare due citazioni del Senato francese perché sono troppo belle e io so che sono anche condivise dalla nostra Assemblea. Hanno detto: «Questa è un'occasione per la Francia di ricordare che il popolo francese mette i grandi princìpi universali al di sopra delle priorità economiche». È un principio giusto e so che è condiviso da tutti noi. Hanno anche detto che: «Qualcuno afferma che gli interessi economici del nostro paese con la Turchia sono rilevanti, ma questo argomento non è immorale di fronte a centinaia di migliaia di morti? L'esempio di Clinton è forse un esempio da seguire? Spero di no. Perché non si può mettere sullo stesso piano il riconoscimento di un genocidio con interessi economici». È una dichiarazione del senatore Godin, ma ritengo che sia patrimonio comune alla nostra Assemblea. Una parola sola, visto che citano Clinton.
Cosa ha combinato il povero Clinton? Deve restare agli atti perché è importante. Negli Stati Uniti per il momento - ma solo per il momento, mi auguro - i quattrini, l'economia e il potere hanno battuto la dignità degli uomini.
Infatti, la Commissione esteri del Congresso aveva preparato una risoluzione che riconosceva il genocidio: era un testo documentatissimo, che faceva riferimento agli archivi di Francia, Germania, Inghilterra, Russia, Stati Uniti, Vaticano ed altri Stati. Poi vi sono state pressioni economiche e pensate che il Presidente Clinton - che pure in altre occasioni aveva citato in pubblico sia il genocidio armeno (il 13 agosto 1992), sia il milione e mezzo di armeni uccisi (il 24 aprile di quest'anno), come avevano già fatto in precedenza Reagan e Bush padre - il 19 ottobre ha mandato una lettera al relatore del provvedimento nella quale ha messo per iscritto che la discussione di quel provvedimento poteva avere conseguenze negative per gli Stati Uniti e che gli Stati Uniti hanno significativi interessi in quella parte del mondo.
Pensi, Presidente, che la lettera finiva con queste parole: J urge you in the strongest term, cioè: ti chiedo veramente di non discuterla.
Mi ha fatto piacere sentire dagli interventi che sono stati svolti che noi siamo fuori da questa logica e che in quest'aula i diritti umani sono più importanti dell'economia (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

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UMBERTO RANIERI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UMBERTO RANIERI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, faccio una sola considerazione. Il Governo italiano nei suoi rapporti con le autorità turche non ha mai percepito il manifestarsi di pressioni né di ricatti, come è stato ricordato...

RAMON MANTOVANI. Per forza, perché ci è andato in ginocchio!

UMBERTO RANIERI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Stai tranquillo, Mantovani!

PRESIDENTE. Onorevole Mantovani!

UMBERTO RANIERI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo si è espresso in modo non favorevole alla mozione Pagliarini, poi assunta dall'onorevole Mantovani, perché non l'ha condivisa, considerandola insufficiente, manchevole e parziale, mentre ha espresso il proprio parere favorevole al documento Mussi-Pagliarini che forniva un quadro più convincente ed equilibrato di questa difficile e tormentata situazione.
Del resto, per quanto mi riguarda - ahimè - con l'onorevole Pagliarini ho avuto per la prima volta nella mia vita la possibilità di salutarci solo questa sera.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Vartanian

 
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