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19.08.2021: Tutela della lingua Persisna di Abbas Dehghan .
Qui sotto porterò un mio articolo che scrissi anni fa su Rudaki in cui accenno alcuni tratti dell' argomento sopra citato. Riguardo il concetto di lingua Parsi (Persiano di cui c'è tanto da dire) dopo l'invasione araba, annessi e connessi, nel passato avevo scritto articoli sia in Italiano che Persiano e cercherò di trovarli nel mio archivio caotico e riportarli qui.
Rudaki- رودکی “Sultano dei poeti”, “Maestro di Samarkanda”, “Adamo dei poeti” ecc. , erano i termini con i quali i grandi poeti e scrittori contemporanei e posteri indicavano Abu Abdollâh Ja’far RUDAKI. Nato nel villaggio Banj, frazione di Rudak vicino a Samarcanda nella metà del IX secolo (858? d.c.) all’epoca della dinastia Iraniana Sâmânide (874 – 999d.c.), età fiorente e brillante, indubbiamente la più influente dopo due secoli di invasioni, oppressioni, momenti di guerra alternati a momenti di pace, ed è considerata la pietra miliare della rinascita e del rifiorire della cultura, della civiltà e delll’identità nazionale Persiana (Iraniana). Questa lotta era cominciata parzialmente sotto la guida del valoroso Ya’ghub-e- Leis-e- Saffâri (m 878 - dinastia Saffâri 868-903) che dominava nel sud e nell’est dell’Iran. In seguito ci furono grandi progressi, grazie alla perseveranza e alla fatica dei patrioti sotto la guida dei Samanidi e di Esmâ’ìl-e Sâmâni: quest’ultimo era governatore a Bukhârâ e godeva di buon nome tra la popolazione; egli creò un proprio esercito con cui per primo conquistò l’ intero territorio di Khorâsân e successivamente vasti territori vicini a Baghdâd, fino al confine dell’ India; centri nevralgici del regno furono la citta Samarkanda e Bukhârâ il. Queste due città hanno conosciuto un grande sviluppo in ogni campo, così da illuminare la maggior parte del mondo islamico per la civiltà, la scienza, la letteratura e l’arte. Fu grande e decisivo il ruolo del sapiente Abo-l-fazl-e Bal’ami, gran vazir di Esmâi’l, nonché successivamente di suo figlio Ahmad e del nipote Nasr II -m.941. In tutto Bal’ami è stato in carica dal 893 al 938 ed è morto nel 940. Egli riuscì a dare nuova vita alla lingua parsi salvando così ciò che era rimasto dopo l’invasione Araba, della cultura e della civiltà millenaria dell’Iran. Bal’ami con il suo incoraggiamento ai sapienti, ai poeti ecc. ed investimenti svariati, aveva fatto rifiorire tutto: le tradizioni, il calendario delle ricorrenze e dei costumi antichi nazionali, e aveva favorito la ricostruzione e lo sviluppo delle città e villaggi. Così vi fu una crescita economica e demografica, e importanti città come Bukhârâ, Neyshâbur, Rey e Esfahân divennero centri scientifici dotati di notevoli biblioteche. La letteratura Persiana fu espressa in un linguaggio colto e fluido.
Esmâi’l, come altri suoi discendenti, era un sapiente amante delle scienze e i suoi ministri abili intellettuali che sostenevano ed incoraggiavano letterati e scienziati, creando terreno fertile per la cultura: cosi nel giro di pochi anni apparvero oltre trenta importanti poeti e scrittori come Daghighi, Shshid-e Balkhi, Abo-l Moayyed-e Balkhi,(autore del primo libro in versi della storia di Yusef-o Zoleikha), Mas’ùdi- Marvasi (autore del primo Shahname, libro epico in versi) , la famosa poetessa Râbea (Ghazdâri-e Balkhi, capace di scrivere sia in Persiano che in Arabo), Ferdousi , Rudaki ecc.
Rudaki (Abu Abd dol-lâh Ja’far) era non vedente: a riguardo ci sono diversi ipotesi, ma io credo che (quella) più attendibile sia che da fanciullo o in giovanissima età, in seguito a una malattia sia rimasto cieco, poiché in vecchiaia esplicitamente in un suo “Ghaside” parla della propria vecchiaia, della vita passata, della giovinezza e della vivacità, della gioia dell’allegria, delle bellezze del mondo e di un volto di luna (immaginaria?) “… Cosa lo sai? oh tu volto di luna dai riccioli neri, / in che stato ero un tempo /… Tante belle fanciulle vedevo / e i miei occhi cercavano quei volti, sempre /… I miei occhi vispi verso i folti riccioli, sempre / e le mie orecchie verso la gente benparlante, sempre …” in altre poesie, in maniera incisiva e fantasiosa, caratteristico dei grande poeti, descrive la forma e la reale natura variopinta del mondo, in cui rianima ciò che è senza anima e questo necessita di uno “sguardo” e di una conoscenza visiva impressa nella mente. Tanti poeti e scrittori a lui contemporanei e più moderni lo lodano, o citano e si ispirano a Rudaki nel comporre, imitano la metrica e i concetti espressi. Ne ricordo qualcuno: Shahid-e Balkhi, Ferdousi, Rashid Vatvât, Manuchehri, Nezâmi-e Aruzi, Amir Moezzi, Kasai-e Marvazi, Ma’rufi-e Balkhi, Nâser khosro, Masu’d-e Sa’d, Sharif-e Gorgâni, Sanâì, Moulânâ “Rumi”, Sa’di, Hâfez ecc.
Rashid-e Samarghandi (poeta, morto probabilmente nel 1166), riguardo il numero dei versi di Rudaki, testimonia in versi: “… tredici volte di centomila contai i suoi versi/ andrei oltre se volessi ancora contare”; con ciò si arriva a oltre un milione trecentomila distici! Tra cui il libro “Kalila-o- Damna” per la prima volta in versi nella forma di Masnavi (Doppi versi a rime baciate) in metrica “Ramal” nella melodia “Tan,tatan,tan/ Tan,tatan,tan/ Tan,tatan”. Rudaki scrisse questo libro su richiesta del suo amico e grande estimatore il Re Nasr-e- Samani, nipote di Esmâ’il, con pieno appoggio e stimolo di gran vazir A. Bal’ami.
Rudaki era abile anche in musica e suonava l’arpa e cantava le proprie poesie. Era anche molto noto nel campo della letteratura preislamica , nella tecnica oratoria e nella scrittura Persiana, nella filosofia e nella logica e perciò gli fu attribuito appellativo di Hakim ( scienziato, filosofo ecc.). Alcuni documenti citano che la forma di Quartina nella poesia Persiana sia stata creata da lui, e nelle sue poesie ( quelle giunte a noi), oltre ai suoi consigli di vivere con amore, desiderio ed entusiasmo, si colgono la sua visione del mondo e il suo credo: sapienza, conoscenza e moralità, amore e speranza nella vita per quanto sia passeggera; si invita quindi a cogliere l’attimo, a vivere felicemente e a bere in letizia, a non essere attaccato ai beni del mondo, a non invidiare e a non guardare la vita di coloro che stanno al disopra di te, ad accettare ugualmente la gioia e la sofferenza, la comodità, la ricchezza e la povertà in ogni istante, poiché nel momento dell’abbandono della vita tutti saremo a pari per condizione. Esattamente ciò che, dopo circa due secoli, è la convinzione e la visione del grande scienziato nonché poeta Omar khayyâm (1045? - 1126?) che ripetutamente, ma in diverse forme piacevoli e profonde esprime nelle sue poche quartine famose in tutto il mondo e che sono state tradotte, interpretate e pubblicate oltre duemilacinquecento volte. ((“vieni, o amico, non ci tormenti il dolor del domani/A che posiamo profittare di quest’attimo solo di vita. / domani, quando via ce ne andremo da questo castello in rovina, /Saremo alla pari di saggi di settemil’anni.”- KHayyâm – traduzione quartina è di A. Bausani))
Molti sono gli aspetti che rendono eterno il nome di Rudaki: solidità, qualità e quantità delle sue poesie in lingua persian, il fatto di essere stato maestro e all’ avanguardia in un’epoca in cui da poco la nuova poesia Persiana, dopo più di due secoli di interruzione, si era diffusa e cominciava a brillare, anche se il Ghazal, lirica classica, non aveva ancora la sua forma indipendente e raggiungendo il suo massimo splendore e raffinatezza con Moulanâ “Rumi”, Sa’di e Hâfez; ma per l’alta qualità dei suoi poemi, Rudaki più degli altri suoi contemporanei poeti è stato all’origine della successiva magnificenza della poesia Persiana.
Secondo Richard Nelson Frye (1920-2014), professore emerito dell’università di Harvard, studioso e specialista dell’Iran antico e classico e dell’Asia centrale, Rudaki ha avuto un ruolo nel cambiamento della scrittura da Pahlavi a Farsi. Devo ricordare che “Ebn-e Moghla (Persiano nato a Beyzâ -Shiraz 886- morto a Baghdad 940), ministro del califfato Abbaside, letterato e calligrafo, aveva inventato sei scritture e grafie: Mohaghagh, Rayhân, Sols, NASKH (secondo un documento ha solo perfezionato Naskh), Reghâ’ e Towghì, con dodici regole a riguardo. Alcuni documenti citano che l’amputazione del suo braccio destro da parte del califfo sia dovuto al fatto che aveva scritto un volume del Corano in NASKH (in arabo = eliminare, sostituire, bocciare ecc.) perciò era considerato “sacrilego” dato che la scrittura originale del Corano era il Kufi.
Ciò che è di maggior rammarico per la letteratura e cultura Persiana è che di più di un milione e trecentomila distici di Rudaki, solo poco più di mille sono arrivati fino a noi, anche attraverso alcuni libri di altri poeti che lo citavano e lodavano; purtroppo questo “destino” crudele non riguarda solo Rudaki, bensì anche altri poeti. Sono tanti i monumenti, i documenti e i libri importanti che nel corso dei secoli sono svaniti nel nulla per diverse cause: negligenza, ostilità, guerre e tre devastanti invasioni a partire da Alessandro Macedone e poi, circa mille anni dopo, quella degli Arabi (ancora più rovinosa della prima) e per terzo quella Mongola, nel 1219 circa (per la scelleratezza del re Mohammad-e Khârazmshah). In quest’ultimo attacco devastante, Gengis khân alla guida dei Mongoli, oltre ad essersi macchiato di un eccidio di massa, incendiò anche i villaggi e le città. E’ probabile che durante l’invasione siano state distrutte le opere di Rudaki, Kasâi-e- Marvazi ecc., poiché qualche decennio prima Rashid-e Samarghandi aveva contato tutti i distici di rudaki, quindi fino a quella data esse esistevano. Tutt’oggi il problema delle sparizioni, mistificazioni, mescolanze, modifiche e attribuzione errate delle opere dei grandi Iraniani del passato e presente purtroppo ancora esiste: stranamente anche nell’ epoca moderna, da parte della gente comune, gli scritti, i test e le poesie in modo arbitrario, vago e confuso vengono diffuse con incoscienza dannosa attraverso i mezzi moderni, (internet, face book ecc.) con danni maggiori rispetto il passato, anche in assenza della guerra. Riguardo a questi gravi fatti, per passione e senso del dovere, in futuro scriverò in modo più ampio.
Rudaki si è spento nel 941d.c. e ha chiuso gli occhi stanchi e non vedenti, ma la sua mente e il suo intelletto vispo e acuto hanno lasciato una eredità fertile anche per gli altri grandi e per l’intera cultura Iraniana e non.
P.S. Nel 1959 ex Unione sovietica è stato girato un film sulla vita di Rudaki mentre in Iran e altri paesi dell’Asia centrale sono stati realizzati spettacoli teatrali, memoriali e sono nate anche alcune fondazioni. Nell’ ottobre 1967 a Tehran dopo 10 anni di lavori per la costruzione, su una superficie di 15700 m. quadrati, è stato inaugurato il magnifico teatro multipiano intitolato a Rudaki (successivamente anche in altre città sono stati costruiti altri teatri dedicati a Rudaki). Dopo il 1979 il nome della sala grande e principale è stato cambiato da Rudaki a Vahdat e la sala piccola è stata intitolata Rudaki! (Abbas Dehghan -settembre 2017)

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