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050916 - Il regista: vi racconto la mia Armenia
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La cultura del suo popolo, il Genocidio e i monasteri nella "terra dalle pietre urlanti"
È proprio The Sweet Hereafter che consacra Atom Egoyan a livello internazionale. Il regista armeno-canadese è cresciuto a Victoria, in British Columbia, fino all'età di 18 anni. Poi si è trasferito a Toronto dove ha allacciato subito contatti con associazioni armene. «Il sentimento del mio popolo era per me troppo lontano. Frequentando questa gente ho capito gli armeni, ho respirato le loro emozioni, ho sentito la religione attraverso il loro sentimento e oggi sono fiero delle mie origini», dice Egoyan che ha iniziato la sua carriera con cortometraggi, lavori per la televisione e regie teatrali.
Ed è proprio la ricerca delle sue origini che lo hanno spinto a girare il film Ararat, nel 2002, dal nome della "montagna sacra" dove dopo il diluvio si è incagliata l'Arca di Noè. In Ararat descrive l'assedio di Van e il genocidio del 1915 attraverso il quale oltre un milione di armeni vennero deportati dai Giovani Turchi che approfittarono del declino dell'impero Ottomano per prendere il potere e sterminare gli armeni residenti in Turchia. Intellettuali, sacerdoti, cristiani tra le popolazioni musulmane, dirigenti politici vennero brutalmente assassinati. Donne, vecchi e bambini vennero costretti ad abbandonare le loro terre e ad affrontare una marcia forzata nel deserto fino alla morte per fame, inedia, malattia o per stupri.
«Con Ararat ho raccontato la mia Armenia sfregiata da massacri, vendette, odio. Purtroppo ancora oggi molti non sanno nulla del genocidio armeno, lo stesso Stato turco cercò di cancellare questo massacro rimasto impunito», spiega ancora Atom Egoyan.
«Sono stato per la prima volta in Armenia nel 1991. Mi trovavo a Mosca quando decisi di volare a Yerevan. Fu un'emozione fortissima e andai subito fiero delle mie origini, non respirai un'aria di sconfitta o desolazione bensì di sogno e di speranza», racconta il regista. «Molte persone trovano Yerevan bellissima, ma io sono attratto non tanto dalla città quanto dai paesaggi e dai piccoli centri periferici sovrastati da chiese bellissime. È lì che io, Arsinee (Khanjian, la moglie e anche attrice in molti suoi film) e Mychael Danna (che ha realizzato le musiche)
(che ha realizzato le musiche) siamo tornati un anno dopo per Calendar».
In Armenia ci sono zone che non sono turistiche, che non vengono commercializzate, che sono fuori dai percorsi delle guide e che hanno un'atmosfera magica», spiega Egoyan. «Sono zone che io chiamo 'i miei posti segreti' dove puoi stare anche tutto il giorno da solo a meditare. Ci sono monasteri che hanno uno splendore artistico e spirituale mozzafiato». L'Armenia è anche soprannominata la "terra dalle pietre urlanti" perché, come si racconta, nasconde la sua storia proprio nelle sue pietre utilizzate per costruire chiese e monasteri aggrappati anche in zone di montagne delimitati nel territorio dai khatchkar (croci di pietra). Pietre possedute dai Persiani, da Alessandro Magno, dagli Arabi e poi dai Turchi.
«In uno dei nostri viaggi, io e Arsinee siamo stati a visitare il monastero di Khor Virap», racconta ancora il regista. «La vista sul monte Ararat è stupenda, così come l'atmosfera che si respira è indescrivibile: fu proprio lì che San Gregorio l'Illuminatore venne imprigionato per molti anni prima di essere liberato per aver salvato dalla pazzia il re Tiridate. Poi siamo scesi sul fiume Aras, abbiamo preso un po' di acqua che custodiamo ancora in una bottiglietta nella nostra casa di Toronto. Ogni volta che guardo quell'acqua sento come un brivido, una emozione forte mista a nostalgia e ad affetto».
Una cultura, quella armena, che vive oramai dentro Egoyan che ha anche fatto diverse ricerche nel monastero della Congregazione Melchiarista nell'isola di San Lazzaro degli Armeni che si trova nella laguna di Venezia. «È lì che ho trovato tesori di cultura impressionanti, come uno dei pochissimi esemplari ancora esistenti al mondo della Bibbia delle 46 linee, il primo testo a stampa realizzato da Gutenberg».
V.V
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