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050925 - PER LA PRIMA VOLTA SI PARLA DI GENOCIDIO
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la Padania
Armeni: a Istanbul la conferenza proibita
Istanbul - La controversa conferenza sui massacri degli armeni nell’ultima fase dell’impero ottomano (1915-16), svoltasi ieri, dopo due cancellazioni, in forma abbreviata e in un clima di tensioni, polemiche e manifestazioni nazionaliste,potrebbe anche - temono le autorità turche - costare un prezzo politico, sul piano europeo, al governo di Ankara.
Anche se stavolta il premier Tayyip Erdogansi è chiamato fuori e ha definito, anzi, «un’ intenzionale provocazione» la decisione del tribunale di cancellare
la conferenza. Ma fu il ministro della Giustizia, Cemil Cicek, a provocare in maggio scorso la prima cancellazione della conferenza stessa definendo “traditori” gli organizzatori ed i partecipanti. Il ministro-portavoce (di cui
Erdogan non ha mai chiesto le dimissioni) creò così quel “clima di insicurezza e di intimidazione” che indusse gli organizzatori ad annullare per la prima
volta la conferenza. Un clima che da allora si è alimentato e che ha certamenteavuto la sua parte nella decisione del tribunale di Istanbul e che si è manifestato anche ieri nella manifestazione inscenata da centinaia di nazionalisti che hanno marchiato con l’epiteto, appunto, di “traditori” sia gli studiosi che arrivavano alla conferenza, sia lo stesso governo di Erdogan.
Quest’ultimo, in cui siede ancora il ministro-portavoce Cicek (che ha messo in dubbio ancora la “scientificità” della conferenza sugli armeni ed è ritenuto da vari ambienti europei e turchi il regista dell’intera sgradevole vicenda) inisce con l’apparire caratterizzato da una forse non calcolata doppiezza, anche se di questa finisce poi col farne le spese.
Secondo questi ambienti, quel clima che proviene da maggio (e non solo dalla recente decisione del tribunale) ha prodotto le defezioni di di eminenti studiosi, ripartiti “spaventati” da Istanbul, l’abbreviamento della conferenza ad un solo giorno e, persino, un approfondimento della faglia culturale
esistente tra la Turchia laica e liberale e quella etnico-religiosa.
Il clima di tensione, tuttavia, non ha impedito ad un professore turco che insegna all’Università tedesca della Ruhr, Fikret Adanir, di affermare apertamente, con coraggio, di considerare appropriato il termine “genocidio” per definire i massacri di armeni del 1915-16.
«Le dimensioni delle deportazioni del 1915-16 vanno molto oltre il concetto di “uccisioni di massa”. I membri di un’intera nazione, indipendentemente che fossero uomini o donne, vecchi o bambini, furono deportati e morirono nel viaggio. Le loro proprietà furono confiscate e a coloro che sopravvissero non fu consentito di ritornare», ha ricordato Adanir secondo cui,comunque,un’accettazione non spontanea, ma imposta dall’esterno allo Stato turco, del carattere di genocidio di quei massacri «non gioverebbe al futuro delle relazioni turco-armene».
V.V
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