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050929 - ŤAnkara riconosca Cipro e armeniť
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Da La Padania 29/9/05
«Ankara riconosca Cipro e armeni»
Nessuno sconto alla Turchia per l’adesione alla Ue. È il segnale forte lanciato ieri dal Parlamento europeo ad Ankara, con la richiesta di atti concreti sul riconoscimento di Cipro e sul rispetto dei diritti umani, prima di dare un diffidente via libera all’avvio dei negoziati previsti per il 3 ottobre. L’euroassemblea con 356 voti a favore, 181 contrari e 125 astenuti ha detto sì ad una risoluzione comune il cui punto forte è che il negoziato è un processo “aperto”, che non si traduce necessariamente nell’adesione della Turchia. Ed ha richiesto che il riconoscimento del genocidio degli armeni, compiuto nel 1915, sia una «condizione preliminare» all’adesione all’Ue.
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clamoroso voto del parlamento europeo «Ankara riconosca Cipro e il genocidio armeno»
Via libera al negoziato di adesione, con nuovi paletti e un avvertimento ai Governi dei 25 Strasburgo - Il Parlamento europeo non fa sconti alla Turchia e chiede atti concreti sul riconoscimento di Cipro e sul rispetto dei diritti umani nel dare il suo diffidente via libera all’avvio dei negoziati di adesione, previsti per il 3 ottobre.
Ma oltre ad inviare un evidente segnale politico ad Ankara, Strasburgo ha lanciato un avvertimento anche ai governi, i cui rappresentanti sono proprio in questi giorni impegnati a chiudere il pacchetto per consentire ai ministri degli Esteri dei 25 di dare il sospirato via libera al tormentato iter negoziale con Ankara.L’euroassemblea con 356 voti a favore, 181 contrari e 125 astenuti ha detto sì ad una risoluzione comune il cui punto forte è che il negoziato è un processo “aperto”, che non si traduce necessariamente nell’adesione della Turchia. Ma il Parlamento europeo è andato più in là del testo messo a punto dai sei gruppi parlamentari principali, chiedendo che il riconoscimento del genocidio degli armeni, compiuto nel 1915, sia una «condizione preliminare» all’adesione all’Ue.
Poco prima l’assemblea aveva anche accolto una proposta dei Popolari europei, da tempo divisi fra coloro che, seppur con cautela, sostengono l’avvio dei negoziati, e le delegazioni, in particolare quella tedesca, che sono decisamente schierate per l’opzione del partenariato speciale. L’esito del confronto fra queste due componenti del gruppo guidato da Hans Gert Poettering è stata la richiesta di un ulteriore rinvio del voto sull’estensione del protocollo doganale, firmato dalla Turchia a luglio. Con 311 sì, 285 no e 63 astenuti l’aula ha accolto la proposta dei Popolari. Una scelta subito criticata dal commissario europeo all’allargamento Olli Rehn, che pur in mattinata aveva usato accenti critici nei confronti dei pochi progressi soprattutto in materia di libertà di espressione.
Il voto sulla risoluzione comune ha visto inconsuete alleanze e evidenti spaccature fra i gruppi parlamentari a dimostrazione che a cinque giorni dall’avvio previsto del negoziato i dubbi e le incertezze persistono. A grandi linee a favore dell’avvio del negoziato, pur con una serie di condizioni e di verifiche, si sono espressi i deputati del Ppe, del Pse, della Sinistra unita, dei liberaldemocratici. Tradotto in schieramenti italiani, Forza Italia, Ds, Prc e Pdci, Margherita e Radicali. Contrari gli euroscettici, che includono la Lega, e i non iscritti con Alessandra Mussolini e Luca Romagnoli, ma anche gli eurodeputati dell’Udc Lorenzo Cesa, Armando Dionsi e Iles Braghetto.
L’europarlamentare leghista Mario Borghezioha annunciato ieri in aula l’orientamento del suo gruppo spiegando: «Votiamo “no” all’apertura dei negoziati per l’adesione della Turchia in Europa perché la Turchia è un Paese islamico e sarebbe il cavallo di Troia dell’Islam nell’Ue». «Chiedo - ha proseguito Borghezio - che almeno uno dei Paesi membri dell’Ue ponga la riserva sull’adesione della Turchia e mi auguro che questo Paese sia il mio. L’Italia non dove tradire la sua continuità storica e il ricordo della battaglia di Lepanto. Deve dire “no” alla Turchia in Europa per non rinnegare secoli di resistenza cristiana alle invasioni islamiche nell’Europa».
Ieri ha votato no anche Mario Mauro di Forza Italia. Fra gli astenuti i Verdi e come annunciato gli europarlamentari di An, ma anche Raffaele Lombardo dell’Udc.
Fra le spaccature evidenti quella del gruppo del Liberademocratici, nel quale la delegazione francese dell’Udf si è dissociata dal voto positivo dato dal resto del gruppo esprimendosi contro la risoluzione. In seguito i liberaldemocratici francesi hanno anche diffuso una dichiarazione nella quale hanno sostenuto esplicitamente l’inopportunità di aprire i negoziati con la Turchia lunedì prossimo. Ankara «avrà 35 dossier da chiudere, non entrerà subito e sarà una Turchia molto diversa dall’attuale quella che entrerà nell’Ue» ha invece detto il ministro britannico per l’Europa Douglas Alexander aprendo ieri mattina, nella plenaria del Parlamento europeo, il dibattito sull'apertura dei negoziati con il governo turco. Alexander ha ricordato che i 25 hanno raggiunto, nei giorni scorsi, un accordo sulla controdichiarazione da presentare alla Turchia dopo che questa, con un atto unilaterale, ha detto che il riconoscimento dell’unione doganale con i nuovi dieci stati membri dell’Ue non rappresenta il riconoscimento esplicito di Cipro. In proposito il rappresentante della presidenza britannica dell’Unione europea ha precisato che il documento approvato dai 25 stabilisce che Ankara deve applicare totalmente il protocollo e che, nel 2006, sarà fatta una verifica per quanto concerne il riconoscimento di Cipro. Alexander ha anche ribadito che l’Ue riconosce solo la repubblica di Cipro, e quindi non la parte dell’isola sotto il controllo turco.
La palla è ora nelle mani dei governi e anche della Turchia, che ieri ha ribadito la sua chiusura ad una opzione negoziale che non preveda la piena adesione all’Unione europea. Ma anche se il rinvio della ratifica del protocollo doganale non implica di per sé uno stop al negoziato e seppure la risoluzione comune non sia vincolante, da Strasburgo è quindi ieri arrivata la conferma che sulla questione Turchia c’è la consapevolezza che in gioco è una nuova visione dell’Europa.
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Il semplice partenariato non ci interessa, potremmo disertare» Ma la Turchia batte i pugni Ankara - Ankara ha risposto con evidente nervosismo alle docce gelate, provenienti sia da Bruxelles sia da Strasburgo: ha minacciato, infatti, di disertare l’avvio del tanto agognato negoziato di adesione all’Ue, già fissato per lunedì prossimo 3 ottobre a Lussemburgo, se l’Ue non si impegnerà sin d’ora a dare al negoziato stesso lo sbocco univoco della «piena membership» rinunciando per sempre alla possibilità di proporle in futuro l’ipotesi del partenariato speciale.
Quello a cui Ankara, con la sua minaccia, sembra mirare è spingere quei Paesi membri dell’Ue che la appoggiano pienamente (Gran Bretagna, Italia e, con minore convinzione oggi la Germania, paralizzata dall’esito incerto delle elezioni) a obbligare l’Austria, e gli altri paesi che - come la Francia- meno apertamente propendono per offrire alla Turchia un partenariato speciale a concedere alla Turchia un negoziato a sbocco univoco (la piena adesione). E questo già nel documento quadro che fisserà le linee del negoziato e su cui è in corso a Bruxelles un braccio di ferro a livello di ambasciatori dei 25. Il comitato degli ambasciatori dei 25 (Coreper), che - secondo i media turchi doveva riunirsi ieri - si svolgerà, invece, quest’oggi e - secondo gli stessi media - sarebbe certo che ci sarà un nuovo nulla di fatto, per cui per domenica sarebbe stata già stata convocata una riunione di emergenza dei ministri degli esteri dell’Ue per superare l’impasse in extremis prima del lunedì 3 ottobre. Palpabile dunque il nervosismo di Ankara: «È ovvio che noi prenderemo la decisione finale (se andare o meno a Lussemburgo, ndr) dopo il chiarimento completo del quadro negoziale, seguito dalla nostra valutazione sul documento - quadro» - ha dichiarato il portavoce del ministero degli esteri turco, Namik Tan, confermando le voci di stampa secondo cui il ministro degli esteri Abdullah Gul «non prenderà l’aereo per Lussemburgo prima di avere letto ed attentamente valutato il documento-quadro». Nella bozza di quest’ultimo, la Francia e Cipro sono già riusciti a inscrivere un invito chiaro alla Turchia a riconoscere la Repubblica di Cipro (neo-membro dell’Ue) e a consentire l’accesso delle navi e degli aerei greco-ciprioti in Turchia ponendo anche il termine del 2006 per una «valutazione dei progressi negoziali della Turchia».
«Meno preoccupata» Ankara si è detta per le docce gelate pervenute ieri dal Parlamento europeo di Strasburgo. Eppure - a giudizio degli osservatori - Ankara dovrebbe essere più preoccupata per le decisioni prese a Strasburgo: il rinvio del voto del protocollo doganale è, infatti un invito implicito a riconoscere al più presto la Repubblica di Cipro; l’emendamento in cui si afferma che il riconoscimento del «genocidio degli armeni è una condizione preliminare all’adesione della Turchia all’Unione europea» rappresenta un “nodo” che, prima o poi, giungerà al pettine del negoziato. Ma soprattutto - secondo gli stessi osservatori- dovrebbe preoccupare Ankara il fatto che il Parlamento abbia votato, a grande maggioranza, una risoluzione che afferma che il negoziato Turchia-Ue è un processo “aperto”.
V.V
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