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051013 - I turchi alle porte, anzi dentro casa.
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il 15 e il 16 ottobre nelle piazze
I gazebo della Lega contro la Turchia in Europa
DAVIDE BONI*
I turchi alle porte, anzi dentro casa. È quanto hanno deliberato i capi dell'unione europea lo scorso 4 ottobre, aprendo ufficialmente i negoziati per l'adesione della Turchia alla comunità. Una decisione che la Lega Nord paventava da tempo e sulla quale auspichiamo la possibilità, ora negata dalla nostra costituzione, di un referendum, a tutela della sovranità popolare rispetto a provvedimenti assunti in ambito comunitario ed internazionale.
Anche per questo, sabato 15 e domenica 16 ottobre scenderemo in piazza, con i nostri gazebo, per raccogliere le firme e spiegare le ragioni del nostro dissenso. Si tratta di contrapporre la nostra visione d'Europa a quella che dall'alto stanno tentando di imporci. La nostra idea di Comunità Europea è quella rispettosa delle tradizioni e delle radici cristiane e che finirebbe per dissolversi con l'ingresso, in pratica, di un altro continente. Non dimentichiamo infatti che Ankara riconosce la cittadinanza anche ai Turcofoni dell'area caucasica: si tratta di 250 milioni di musulmani che premono ai confini europei. Confini che, con l'ingresso dei turchi, si spostano pericolosamente verso le zone più calde del pianeta. Ecco i nostri nuovi vicini: Iraq, Iran, Azerbaijan, Georgia, Armenia e Siria. L'Unione Europea si trasformerebbe ben presto in un superstato mediterraneo, completamente snaturato rispetto a ciò che sarebbe dovuta diventare. Ce n'è abbastanza per dire un no secco e deciso all'eventualità di questo allargamento.
Ma non si tratta, purtroppo, solo di questo.
Con l'ingresso dei turchi, il nostro tessuto produttivo subirà contraccolpi durissimi, stretto fra la morsa mediorientale e quella cinese. Il basso costo del lavoro, la presenza di zone franche extradoganali e la vicinanza rispetto al nostro continente, pone le imprese turche su un piano concorrenziale temibile quanto le aziende cinesi. Oltre alle questioni mercantili spiccano poi quelle dei diritti umani.
I militari in Turchia, in base al dettato costituzionale, hanno ancora un grandissimo potere politico, non riscontrabile in nessun Stato democratico:
gestiscono i famigerati Tribunali Speciali ed il Consiglio di Sicurezza Nazionale che ha potere di censura anche sugli atti parlamentari. Circa diecimila persone sono tuttora ospiti delle prigioni solo per reati di opinione, fra cui ex-deputati ed esponenti politici di opposizione. Secondo i rapporti di organizzazioni quali amnesty international, la pratica della tortura, sia fisica che psicologica, risulta essere ampiamente diffusa.
Pratiche come la falaka (percosse sotto le piante dei piedi), la sospensione per le braccia o scosse elettriche sono tuttora utilizzate dalla polizia turca.
Altra macchia è il mancato riconoscimento del genocidio degli Armeni compiuto nel 1915. Lo scorso 28 settembre, il Parlamento europeo aveva chiesto esplicitamente ad Ankara, come condizione preliminare per l'adesione alla Ue, atti concreti sul riconoscimento di Cipro e dello sterminio degli Armeni.
Condizioni poi totalmente ignorate nel corso dei negoziati, a conferma del ruolo subalterno del Parlamento europeo e della distanza di questa Europa dei burocrati dalla realtà e dalle giuste aspirazioni dei propri cittadini. *Assessore Regionale Lombardo all’Urbanistica
V.V
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