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051112 - "Al Turco una statua, a Oriana un'altro schiaffo".
Di Renato Farina. Libero 11/11/05
SFREGI PARALLELI
Roma dedica una statua a KemaL Ataturk, padre della Turchia moderna ma tra i responsabili del genocidio dei cristiani armeni. <BR>
E Milano si prepara a negare l'Ambrogino alla scrittrice.<BR>
Veltroni inaugura un monumento, Milano nega una medaglia .<BR>

<BR> <BR> Che razza di Paese siamo? Opportunista fino in fondo, incapace di scegliere una volta, almeno una volta, un gesto che non sia l'omaggio al più forte, ma all'innocente e alla verità della nostra storia. Abbiamo due casi che gridano vendetta. 1) Roma invece di onorare le vittime cristiane, innalza un monumento a un glorioso turco loro persecutore, Mustafà Kemal Ataturk, uno dei responsabili del genocidio degli armeni. 2) Milano dopo aver infilato per puro miracolo Oriana Fallaci tra i possibili candidati all'Ambrogino d'oro, la depenna forse perché poco amata dai turchi e dagli arabi, ma senz'altro perché dà fastidio a troppi italiani del menga. Sono le piccole vigliaccherie che i quotidiani di belle firme e corretto pensiero esalteranno come prova di tolleranza e buona creanza. Invece è uno schifo. Lo diciamo a Gabriele Albertini e a Walter Veltroni, centrodestra e centrosinistra uniti nel conformismo che ci disferà. Cominciamo dal caso romano. Veltroni ha scritto libri sinceri sul dolore dell'Africa. Non ci sono mai state ombre nella denuncia sua dell'Olocausto degli ebrei ad opera dei nazisti. Dovrebbe studiare un po' la storia anche degli armeni. Trascrivo dal comunicato festoso diffuso ieri e ripreso dall'Adnkronos: «Nel 67° anniversario della scomparsa di Mustafà Kemal Ataturk, il grande statista turco simbolo di liberalismo e democrazia, non solo per la Turchia ma per l'Europa intera, la città di Roma dedica alla memoria del fondatore della Repubblica turca un monumento per riflettere sul tema della pace universale, dell'identità e del rispetto per tutti i popoli.”

L’opera, un grande libro realiz­zato nel prezioso marmo "Statuario Michelangelo" di Carrara da Luciano Mas­sari e Marco Nereo Roteili, si apre sulle parole "Pace in patria, pace nel mondo" (motto dello stesso di Ata­turk) ed è stata inaugurata questa mattina in Largo Ataturk, sulle sponde del Lago dell'Eur».

Qualcuno sa chi era Ata­turk davvero? Viene lodato per aver laicizzato l'Islam. Giusto. Per aver creato lo Stato turco. Giustissimo. Ma qualcuno conosce il prezzo pagato da chi viveva in quei territori e non era di puro sangue turco? Non aveva diritto di esistere, sal­vo la rinuncia a se stesso, al­la sua religione e lingua. Ma anche questo non era suffi­ciente, meglio non lasciare brandelli di dna armeno. Così, come dice il comune di Roma, ha difeso l'identità turca: ha eliminato le altre. Fantastico. Un nazionali­smo assassino. Per questo, dopo aver abbattuto (meri­toriamente, ci leviamo il cappello) il sultano Maometto VI, completò il geno­cidio del popolo cristiano armeno che aveva avuto il suo acme quando erano al potere i Giovani Turchi, al cui movimento Kemal apparteneva. Fu lui a ordinare nel 1921 di finire il lavoret­to. L'eccidio di Smirne, in cui furono eliminati gli ar­meni della città, accadde mentre stava al governo (1922). Le stragi continua­rono ancora per tutto il 1923. Dopo di che c'era poco niente da far fuori. Viva la democrazia. Ataturk ha sempre negato qualsiasi sterminio. Ovvio. Ha soste­nuto la tesi che anche oggi i suoi successori ad Ankara diffondono: le deportazioni ci furono sì, ma per legitti­ma difesa, c'era la guerra e gli armeni stavano dalla parte del nemico zarista e inglese. Poi si sa che nei campi si muore... In realtà c'era un disegno di elimina­zione. Ed è stato proprio sotto Ataturk che il governo turco nel 1927 promulgò una legge che vietava l'in­gresso in Turchia degli ar­meni sopravvissuti.

Ora ci prendiamo la Tur­chia in Europa. Lo vuole Bush, e Berlusconi lo sostie­ne. Noi preferiamo gli arme­ni, ora ristretti a Erevan e nella Repubblica armena, o costretti alla diaspora, sen­za più alcuna presenza in Cilicia ed Anatolia da cui fu­rono estirpati. In Armenia, come dice il poeta, «le rose sono secche ma le pietre ur­lano». Ci vorrebbe una bella pietra che urlasse anche a Roma l'infamia del genoci­dio. Un monumento all'olo­causto armeno. Invece no. Si fa il monumento al carne­fice turco, ad Ataturk, vici­no a un laghetto, in una piazza a lui intitolata. Vel­troni, niente da dire? Va be­ne così? Nel 1942, con la Turchia alleata dei nazisti, fummo noi a costruire il monumento a quell'uomo democratico. Cito da una rivista fascista “vittorie dell’architettura italiana all’estero. Il Concorso Internazionale del Monumento all'Ataturk Kemal pascià ad Ankara» ( in "Architettura", XXI, no­vembre 1942, fase. XI).

Quanto ad Oriana Fallaci non è il primo sfregio che subisce da questo Paese. La vogliono processare a Ber­gamo per incitazione all'o­dio razziale. Carlo Azeglio Ciampi le nega il titolo di se­natore a vita. Adesso Milano le vieta un riconoscimento che pure Albertini aveva già tributato in passato a Robert De Niro, il quale l'aveva rifiutato per non passare in America come mafioso e danneggiare Kerry. Oriana si consolerà pensando che questo è un Paese dove si ti­rano su statue al Turco, e dunque lei che c'entra? Ma a noi di Milano dispiace. Non ci dispiace per lei, non ci sarebbe venuta, se la co­nosciamo. Dispiace per noi. Incapaci di voler bene e di onorare chi ha a cuore il no­stro destino e la nostra identità. Invece qui si premia l’identità dei truchi, e pazienza se hanno fatto fuori gli armeni.

V.v

 
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