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06 01 23 - Le croci armene cancellate dalla storia
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• da La Stampa del 23 gennaio 2006, pag. 11
di Flavia Amabile
Alla fine giovedì è intervenuto anche il Parlamento europeo per chiedere
ufficialmente al governo dell’Azerbaijan «di mettere fine alla demolizione dei
cimiteri medievali armeni e delle croci storiche scolpite nella pietra». Le
croci sono i khatchkar, pietre-simbolo degli armeni innalzate vicino alle
chiese o ai monasteri o nei cimiteri. Croci sacre, nel senso che per gli armeni
sacra è la stessa pietra, che diventa oggetto di venerazione e di culto. E
dunque si trasforma in un sacrilegio la loro distruzione. Soprattutto se accade
in un luogo come Giulfa, antica città armena oggi nell’Azerbaijan, in una
regione che si dice sia stata fondata da Noè (si chiama Nakhichevan, colonia di
Noè). La città si trovava sulle rive del fiume Arax, fu potente finchè nel 1605
lo Shah Abbas I costrinse gli armeni a trasferirsi in Persia. Gli armeni
andarono e fondarono un grande villaggio che chiamarono Nuova Giulfa. Nel
frattempo lo Shah, per impedire il ritorno degli abitanti, fece distruggere la
vecchia città ma non il cimitero con le sue croci medievali. Quello che è
accaduto quattro secoli dopo, denuncia il Collectif Van (Vigilanza Armena
contro il Negazionismo) è che «dal 10 dicembre alcune decine di soldati azeri,
armati di pale, martelli e bulldozer, distruggono questi khatchkar e li buttano
nel fiume Arax. Forse bisogna spiegare il silenzio assordante di Onu, Unesco e
della Comunità internazionale con la presenza dell’oleodotto Baku-Ceyhan?». Il
collettivo francese ha immediatamente lanciato una petizione per avvertire il
mondo intero di quanto stava accadendo. Foto, filmati, stanno facendo il giro
dei siti delle comunità armene del mondo intero. Ma in questo caso, forse, i
numeri sono anche più efficaci di un’immagine: erano dodicimila le croci, oggi
ne restano poche centinaia e in pessimo stato.
Il mondo armeno ha reagito moltiplicando l’allarme, chiedendo l’intervento
dell’Unesco, mobilitando i governi di Stati Uniti e Inghilterra. A fine
dicembre, infatti, i membri del Congresso degli Stati Uniti si sono rivolti al
governo dell’Azerbaijan chiedendo la fine delle demolizioni. Secondo quanto
riferisce l’ANCA (il comitato nazionale degli armeni d’America), in una dura
lettera indirizzata al presidente dell’Azerbaijan, il rappresentante del
congresso Adam Schiff ha condannato le azioni azere definendole un’offensiva
violazione degli accordi internazionali: «Permettendo, e quindi incoraggiando,
questi atti, la repubblica dell’Azerbaijan disonora non solo i morti sepolti al
cimitero, ma lo stesso Azerbaijan ed il popolo azero». In Inghilterra la
Baronessa Caroline Cox e John Marx hanno presentato un’interpellanza scritta
alla Camera dei Lords Britannica chiedendo al governo inglese di esaminare con
i rappresentanti dell’Unesco la questione. In Italia la comunità ha fatto
altrettanto parlando chiaramente di «martellate contro la storia».
I giovani della comunità hanno dedicato il loro bollettino quindicinale
«Akhtamar on-line» alla vicenda svelando che i soldati in realtà sarebbero
«quasi duecento», che «si sono accaniti contro le poche croci di pietra
scampate ai precedenti attacchi». Troppi per poter considerare la nuova
aggressione come l’isolato gesto di qualche sconsiderato». Martellate contro la
storia, dunque, le chiamano, perchè «esiste un piano preordinato per giungere
alla progressiva eliminazione di ogni traccia armena nell’insediamento cimiteriale persino con l’impiego di vagoni ferroviari sui quali venivano
caricate le steli».
V.V
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