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06 02 03 - San Biagio e il panettone «ritardatario»
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Corriere della sera 3-2-06
Può sembrare un tentativo di liberarsi degli avanzi del dolce natalizio, ma in realtà si tratta di un'usanza che ha una lunga storia All'inizio di febbraio, passeggiando per Milano, non è strano, nelle vetrine di pasticcerie, panetterie e gastronomie, trovare panettoni in vendita con forti
sconti (per la verità, la tradizione imporrebbe di vendere due panettoni al prezzo di uno, ma non tutti la rispettano). Banale tentativo di liberarsi degli
avanzi del dolce natalizio per eccellenza, diranno i più. Niente di più errato, infatti si tratta di un'usanza ben radicata nel territorio milanese: quella di mangiare il panettone il 3 febbraio, giorno di San Biagio. Ma perché si usa così? Biagio nacque a Sebaste, in Armenia, sul finire del III secolo dopo
Cristo. Studiò medicina e intraprese la professione di medico, e medico sarebbe morto, se la popolazione della sua città non lo avesse voluto come vescovo,
nonostante non fosse né consacrato né ordinato. Un po' come Ambrogio, anche Biagio non volle accettare subito la carica a cui il popolo lo spingeva. Dopo
un periodo però si fece convincere e assunse il ministero, non dimenticando però la sua vera natura. Cominciò così a compiere i suoi doveri vescovili,
accompagnandoli con gli altrettanto importanti doveri di medico. Il neo vescovo curava le anime del suo gregge ma spesso, in maniera più terrena, ne curava
anche i corpi.
Una fase della lavorazione del panettone (foto Gian Luca Margheriti) Un giorno una madre disperata corse al suo cospetto. Suo figlio aveva mangiato del pesce, una lisca gli si era conficcata in gola e ora stava soffocando.
Biagio non perse tempo e corse al capezzale del giovane. L'istinto di medico ebbe presto il sopravvento e Biagio, invece di perdersi in inutili benedizioni e unzioni, prese un pezzo di pane e lo fece inghiottire al ragazzo. La mollica
portò con sé la lisca e il figlio della disperata signora riprese a respirare normalmente. Con un metodo che aveva ben poco di miracoloso, Biagio aveva
salvato una vita, come probabilmente aveva fatto spesso in passato e come, altrettanto probabilmente, avrebbe continuato a fare in futuro. Ma, vuoi perché
come vescovo Biagio era già in odore di santità, vuoi perché, per sottintendere ai doveri dell'abito che indossava, prima di far ingoiare la mollica al ragazzo
l'aveva benedetta facendogli il segno della croce, la fortunata madre cominciò a gridare al miracolo. Biagio ovviamente minimizzò e tornò ai suoi doveri. Ma
notizie eccezionali come un miracolo fanno presto a passare di bocca in bocca e a diffondersi a macchia d'olio fra tutto il popolo. E presto giunsero alle
orecchie sbagliate, quelle di Agricola, prefetto di Diocleziano per l'Armenia.
Agricola non apprezzava che la fama di un qualunque vescovo si accrescesse così a dismisura e decise, con una scusa, di convocare il vescovo Biagio.
Trovandoselo davanti, non si sa perché, Agricola decise che era meglio eliminarlo per evitare che il popolo ne facesse un santo. Detto, fatto, lo fece
scorticare con pettini da cardatori e poi decapitare.
Il confezionamento del panettone (foto Gian Luca Margheriti) Come altri prima di lui, anche Agricola fece male i suoi conti. Biagio a breve divenne un martire e poi un santo, il Santo protettore dei cardatori e dei materassai (onore dovuto allo strumento che era stato usato per martirizzarlo).
In più, in ricordo dell'episodio del bambino e della lisca di pesce, il 3 febbraio, giorno della festa di San Biagio, si usa mangiare del pane benedetto
e farsi benedire la gola toccandola con due candele incrociate. Questo però non spiega come la storia di Biagio si leghi a Milano e al suo più rappresentativo
dolce. Biagio non era mai passato dalla nostra città, eppure proprio a Milano la sua festa ha una così strana connotazione. Facciamo allora un salto avanti
nel tempo rispetto all'epoca in cui visse Biagio. Il panettone è già stato inventato e a Milano tutti usano prepararlo per le feste natalizie. Prima di
Natale una donna si reca da Frate Desiderio per far benedire un panettone che ha preparato per la famiglia. Desiderio, che è sempre molto occupato, dice alla donna di lasciargli il dolce per qualche giorno e poi di passare a ritirarlo, lui si occuperà di benedirlo non appena troverà il tempo. I giorni trascorrono lenti e la donna si dimentica di ripassare dal frate per il suo panettone.
Desiderio invece non si dimentica affatto del panettone e, ogni volta che passa davanti al cantuccio della canonica dove lo ha appoggiato, ne stacca un pezzettino e lo mangia.
Sbocconcella oggi, sbocconcella domani tutto ciò che resta del panettone è l'involucro vuoto. Quando Desiderio si accorge di aver mangiato tutto il
panettone della povera donna si dispera. I sensi di colpa lo assalgono e Desiderio spera che la donna si sia dimenticata per sempre del suo panettone e
non torni più a reclamarlo. Altri giorni passano e sembra che il desiderio del frate si sia avverato, quando, il 3 febbraio, la donna si ripresenta per avere indietro il suo panettone benedetto. Desiderio va allora nell'angolo dove giaceva ancora l'involucro del panettone inesorabilmente vuoto e, stupore, la
carta è gonfia e piena di un panettone grosso il doppio di quello che la donna aveva lasciato al frate. Miracolo! Era sicuramente merito di San Biagio.
Il Natale dell'anno successivo molti milanesi portarono a Desiderio i loro
panettoni da benedire, sperando di vederli moltiplicati. Ma i miracoli non
operano così, quindi Desiderio si limitò a benedire tutti i panettoni assieme e
poi consigliò caldamente ai milanesi di avanzarne una parte da consumare il 3 febbraio, in sostituzione del pane benedetto. Negli anni l'usanza si radicò nel sostrato cittadino e anche se oggi non si usa più farli benedire, in ogni casa di Milano, la mattina del 3 febbraio, a colazione, per proteggere la gola dai malanni stagionali, si scarta un bel panettone, magari comprato con lo sconto in uno dei tanti negozi della città.
V.v
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