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06 02 10 - SĖ ALLA TURCHIA NELLA UE
da Il Tempo di Roma
di PAOLO LUIGI RODARI JOSEPH Ratzinger potrebbe essere d’accordo sull’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Troppo rischioso, infatti, sarebbe escluderla anche perché, a pagarne le conseguenze, sarebbero i pochi cristiani
del Paese. Sono circa tremila. Abitano nella parte ovest del Paese e un’eventuale ingresso della Turchia nella Ue permetterebbe loro di non correre
il rischio di dover fuggire dal Paese come hanno fatto, prima di loro, milioni di fratelli nella fede. È dai tempi del genocidio armeno del 1915 che i
cristiani vengono sistematicamente oppressi dal regime laico turco in favore dell’esistenza della sola religione islamica o meglio, di quella parte di Islam allineato al governo di Ankara, e la cosa potrebbe pian piano diminuire di intensità soltanto grazie al fatto che, entrando in Europa, la Turchia dovrà per forza di cose democratizzarsi, cominciando a fare ciò che non ha mai fatto:
accettare le minoranze. A differenza di quando era custode dell’ex Sant’Uffizio, Ratzinger parla oggi, in quanto Pontefice, da pastore di anime ed
è per questo motivo che il suo pensiero sull’ingresso della Turchia nella Ue risulta diverso da prima. Allora Ratzinger interveniva in qualità di studioso e
le sue riflessioni avevano scopi differenti. Da cardinale egli voleva approfondire da un punto di vista culturale la possibilità che un Paese del
tutto islamizzato potesse far parte di un continente che deve la sua formazione alla cultura giudaico cristiana. Da Papa egli è mosso innanzitutto dalla
ricerca della pace e della concordia. Comunque sia, da cardinale Ratzinger parlò dell'argomento Turchia nella Ue, il 13 agosto 2004 in un’intervista a Le
Figaro Magazine; il 18 settembre 2004 agli operatori pastorali della diocesi di Velletri - l'intervento venne poi riportato su Il Giornale del Popolo di Lugano -; il 1 aprile 2005 in un intervento presso il monastero di Santa Scolastica a Subiaco. «L'Europa è un continente culturale e non geografico - disse Ratzinger a Le Figaro Magazine -. È la sua cultura che le dona una identità comune. Le radici che hanno formato e permesso la formazione di questo continente sono quelle del cristianesimo. In questo senso, la Turchia ha sempre rappresentato nel corso della storia un altro continente, in permanente contrasto con l’Europa. Ci sono state le guerre con l’impero bizantino, la caduta di Costantinopoli, le guerre balcaniche e la minaccia per Vienna e l'Austria.
Penso quindi questo: sarebbe un errore identificare i due continenti.
Significherebbe una perdita di ricchezza la scomparsa della cultura in favore dei benefici in campo economico. La Turchia, che si considera uno stato laico, ma fondato sull’Islam, potrebbe tentare di dar vita a un continente culturale con alcuni Paesi arabi vicini e divenire così la protagonista di una cultura
che possieda la propria identità, ma che sia in comunione con i grandi valori umanisti che noi tutti dovremmo riconoscere. Questa idea non si oppone a forme di associazione e di collaborazione stretta e amichevole con l’Europa e permetterebbe il sorgere di una forza comune che si opponga a qualsiasi forma
di fondamentalismo». «Storicamente e culturalmente la Turchia - disse Ratzinger a Velletri - ha poco da spartire con l’Europa: perciò sarebbe un errore grande inglobarla nell’Unione Europea. Meglio sarebbe se la Turchia facesse da ponte tra Europa e mondo arabo oppure formasse un suo continente culturale insieme con esso». «La Turchia - disse infine l’attuale Pontefice il primo aprile scorso - è uno Stato, o forse meglio, un ambito culturale, che non ha radici cristiane, ma che è stato influenzato dalla cultura islamica».

V.V

 
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