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06 02 10 - Pagliarini: al Parlamento Europeo
Vittime dell’oscurantismo turco
Un milione di armeni senza memoria
Pagliarini: «L’Europa deve essere unita perché il silenzio su questo massacro è divenuto sempre più insopportabile»

Andrea Indini

Tra il dicembre del 1914 e il febbraio del 1915, il Comitato Centrale del partito “Unione e progresso”, diretto dai medici Nazim e Behaeddine Chakir,
decide la soppressione totale degli armeni. Vengono creati speciali battaglioni irregolari (detti tchété) in cui militano diversi detenuti comuni appositamente
liberati e insigniti di «poteri assoluti». Un milione e mezzo di armeni (due terzi della popolazione armena residente nell’Impero Ottomano) verrà sterminato
nel giro di pochi mesi. Gli scampati al massacro saranno 600 mila. Tuttora il Governo di Ankara nega.
Sebbene il 17 dicembre 2004 la Commissione sui progressi compiuti dalla Turchia in vista della sua annessione nella Comunità europea abbia ritenuto assolti, «in maniera soddisfaciente, i criteri politici di Copenaghen» da parte del Governo di Recep Tayyp Erdogan, resta ancora oggi aperto il riconoscimento del genocidio armeno. Ed è proprio l’ambasciatore turco Ugur Ziyal a polemizzare
con il capogruppo del Carroccio in regione Lombardia, Massimo Zanello, per aver chiesto di condizionare l’ingresso della Turchia nell’Unione europea al
riconoscimento del genocidio. «Gli ambienti che avanzano le illazioni di genocidio, nonostante i loro sforzi che durano da novant’anni - scrive Ziyal al
gruppo della Lega in Regione - non sono riusciti a presentare neanche un solo documento che dimostri l’intenzione degli Ottomani di sterminare gli armeni,
mentre è stata dimostrata la falsità dei documenti avanzati come prova».
Nel 1985 la commissione dei diritti dell’uomo dell’Onu riconosce il genocidio armeno. «Dal 24 giugno non ho più dormito né mangiato - scriveva l’allora console Giovanni Gorrini -: ero preso da crisi di nervi e da nausea al tormento di dover assistere all'esecuzione di massa di quegli innocenti e inermi persone». Il console italiano ricorda così «le crudeli cacce all'uomo», «le centinaia di cadaveri sulle strade» e il terribile «massacro di donne e bambini». E la Turchia continua a negare. Non è servito nemmeno il recente appello fatto dal Santo Padre, Benedetto XVI. Né la coraggiosa legge varata
dall’Assemblée Nationale francese il 25 maggio 1998 (legge che aveva comportato le pesanti minacce da parte di Ankara su future sanzioni commerciali). «In
quella circostanza - spiega l’onorevole Giancarlo Pagliarini - il coraggio e la civiltà dimostrati dalla Francia meritavano l’aiuto di tutti gli stati membri della Comunità europea: su questi argomenti, legati alla libertà e alla dignità dell’uomo, Bruxelles deve essere unita e parlare con una sola voce». Non riconoscere l’esistenza del genocidio armeno, infatti, non tocca solo i sopravvissuti, ma insulta anche la memoria delle vittime di questo dramma e le assassina una seconda volta. «Bisogna dimostrare che l’Europa c’è e che è un’Europa di popoli civili, diversa da quegli Stati che, fino a oggi, in nome della diplomazia e di altri interessi - continua Pagliarini - hanno preferito dimenticare quello che è successo nel 1915 in Armenia». Ma il Governo di Ankara continua a negare: parla di «bugie» e di «brutti maneggi».

Seguendo l’esempio francese, anche il Parlamento svizzero (con 107 voti
favorevoli, 67 contrari e 11 astensioni) riconoscerà il primo genocidio del XX
secolo. «Il ricordo della casa abbandonata di corsa e per sempre e dei parenti
massacrati non si può spegnere - spiega Pagliarini -: questo peso si può anche
sopportare in silenzio, ma il ricordo si trasmette dai padri ai figli e il
silenzio della coscienza degli uomini diventa sempre più insopportabile».
Proprio per questo, quando il primo dicembre 2000 l’allora ministro degli
Esteri Lamberto Dini aveva incontrato il sottosegretario turco Faruk Logoglu al
«fine della creazione di un’area di stabilità e sviluppo che possa favorire il processo già in atto di progressiva integrazione della Turchia nell’Ue»,
Pagliarini aveva ribadito l’importanza del riconoscimento del genocidio oltre a «un miglioramento dei rapporti con tutti i vicini del Caucaso».
Le recenti polemiche mosse al gruppo leghista in regione Lombardia dall’ambasciatore non sono un caso isolato. Infatti, mentre la Commissione europea apriva, il 3 ottobre 2005, i negoziati di annessione della Turchia in Europa, il tribunale di Istanbul si preparava a giudicare lo scrittore Orhan Pamuk per aver parlato di «olocausto armeno». «È uno scandalo, una vergogna -
dice lo scrittore riguardo all´accusa che lo ha travolto - certe leggi sono come martelli nascosti che i magistrati tengono nel cassetto per colpire quando vogliono. Perché i tabù qui sono ancora protetti legalmente. Quando la gente parla dell´Islam politico o del ruolo dell´esercito nella vita politica del paese, oppure di che cosa accadde agli armeni ottomani o del modo in cui la Turchia dovrebbe trattare i suoi curdi, sfortunatamente questi commenti non appaiono in modo nitido nelle pagine delle lettere dei giornali».
Il riconoscimento del genocidio «non può essere oggetto di trattative - spiega Pagliarini -: l’assenza di progressi in tal senso ha gravi ripercussioni sul processo negoziale e potrebbe tradursi nella sospensione dei negoziati stessi».
La stessa Commissione europea parla di «inquietudini» e preoccupazioni» per la presa di posizione del Governo di Ankara. Il 28 settembre 2005 anche Roberta
Angelilli del gruppo Unione per l’Europa delle nazioni ha parlato di
«ostinazione sorprendente». «La Turchia - spiega l’esponente di An - deve prendersi degli impegni concreti rispetto ai quali non possiamo fare sconti». E la negazione del genocidio non è il solo aspetto preoccupante di uno Stato (a maggioranza islamica) che vorrebbe entrare nell’Unione europea. Il Governo
turco, infatti, si rifiuta di riconoscere Cipro (stato membro dell’Ue) mantenendo - contro ogni precedente accordo - 40 mila soldati sul suolo
cipriota e l’embargo alle imbarcazioni e ai velivoli provenienti dall’isola.
Non solo. Mesi fa sono anche venute meno le speranze di una rappresentanza parlamentare del Kurdistan. «È necessario che il Governo turco - conclude Pagliarini - migliori i rapporti con le minoranze etniche e di queste si faccia protettore: devono garantire la democrazia, lo stato di diritto e i diritti dell’uomo». E da questo l’Unione europea non può muoversi.


V.V

 
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