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06 02 14 - On. Pagliarini: IL RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALE ....
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Camera dei Deputati - SERVIZIO RAPORTI INTERNAZIONALI
IL RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALE
DEL GENOCIDIO DEL POPOLO ARMENO
La “questione armena” si impone all’attenzione internazionale verso la fine dell’Ottocento e trova le sue origini nelle vicende storico-politiche del Paese, segnate da numerose invasioni straniere.
Lo stato di soggezione degli Armeni venne definitivamente sanzionato con il Trattato di Berlino del 1878, a conclusione della guerra russo-turca: si sanciva che le Potenze europee dovessero esercitare un "protettorato" sui territori abitati dagli Armeni, e, al contempo, si formalizzava la spartizione dell’Armenia storica in tre Stati: l’Impero ottomano, la Persia e l’Impero russo.
Il nazionalismo armeno riprese vigore: intorno al 1880 gli Armeni si organizzarono in movimenti insurrezionali che sfociarono nelle rivolte del 1893, 1894 e 1895: ad esse il sultano Abd ul-Hamid rispose con sanguinose persecuzioni, organizzando una feroce campagna di sradicamento religioso e culturale affidata alle vicine popolazioni curde. Nell’agosto-settembre del 1894 si ebbe il primo massacro di Armeni, cui seguì una strage nel 1895-1896. La diplomazia inglese, favorevole a imporre misure coercitive alla Turchia, e quella russa, che temeva la creazione di un’Armenia autonoma, non riuscirono a trovare un accordo e non riuscirono ad impedire il massacro di circa 150.000 persone.
Non migliori furono le sorti del popolo armeno nel corso della Prima guerra mondiale, anche per la strumentalizzazione che del problema fece il movimento nazionalista dei Giovani Turchi. La Turchia era alleata dell’Austria e della Germania. La Gran Bretagna, potenza dominante in Medio Oriente, promise agli Armeni il proprio appoggio a favore dell’indipendenza se questi avessero aiutato le Potenze dell’Intesa contro i turchi. Gli Armeni rifiutarono così di entrare nel conflitto al fianco delle truppe turche, organizzandosi anzi in corpi volontari, disertori dell’esercito regolare ottomano.
Il movimento dei Giovani Turchi colse il pretesto per attuare una strage in massa del popolo armeno (1915-1916): un terzo della popolazione armena di Turchia, circa 600.000 persone, fu massacrato; un terzo deportato, e in parte decimato dal freddo, dalla fame e dagli stenti; un numero imprecisabile si salvò con l’esilio volontario .
Al termine della prima guerra mondiale la Gran Bretagna, la Francia e gli Stati Uniti sottoscrissero il Trattato di Sèvres (10 agosto 1920) in cui si proclamava solennemente l’istituzione della Repubblica armena che avrebbe dovuto accogliere tutti gli Armeni in un unico Stato.
Il rafforzamento dell’Unione Sovietica spinse però le Potenze occidentali a cercare un forte alleato nella Turchia. E così, a pochi mesi di distanza dal Trattato di Sèvres, inglesi, francesi e americani stipularono con la Turchia il Trattato di Alessandropoli (1920) che sanciva l’inesistenza di una nazione e di un popolo armeno ed assegnava gran parte del territorio armeno alla Turchia.
Il governo turco decise allora la definitiva eliminazione del popolo armeno, affidando all’esercito, guidato dal generale Talat Pascià, l’incarico di procedere allo sterminio. In poco più di sei mesi vennero uccisi 1.500.000 armeni di cittadinanza turca: solo alcune centinaia di migliaia riuscirono a rifugiarsi nella Repubblica armena sovietica ed all’estero.
La definizione internazionale di genocidio
Il riferimento giuridico di base per definire un genocidio è l’apposita Convenzione delle Nazioni Unite del dicembre 1948, entrata in vigore nel gennaio 1951. L’art. 2 della Convenzione definisce genocidio “qualsiasi dei seguenti atti perpetrati con l’intento (ogni ragionevole dubbio) di distruggere, totalmente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso:
uccidere i membri del gruppo;
arrecare danni fisici o mentali ai membri del gruppo;
infliggere deliberatamente ad un gruppo condizioni di vita tali da provocarne la distruzione, del tutto o in parte;
imporre misure intese a limitare le nascite nel gruppo;
trasferire forzatamente i bambini di un gruppo ad un altro .
La Convenzione esclude tassativamente un impiego retroattivo.
Le posizioni armene
Il 24 aprile 2005 è stato commemorato il XC anniversario del massacro degli Armeni. Nella notte del 24 aprile 1914, il Governo turco fece imprigionare 250 leaders della comunità armena: alcuni di loro furono deportati, altri uccisi, aprendo la strada, alle uccisioni in massa degli anni successivi. Malgrado le difficili condizioni economiche del Paese, il Governo armeno ha stanziato 3 milioni di dollari per le commemorazioni ed ha promosso una serie di tavole rotonde e di convegni scientifici .
Il Presidente armeno Kocharian si batte a livello internazionale affinché al massacro sia riconosciuto il termine di “genocidio”, ovvero del primo genocidio del XX secolo, che avrebbe aperto la strada all’Olocausto . Kocharian ha più volte ribadito che l’Armenia non mira ad ottenere alcuna compensazione economica o territoriale.
Alla vigila del XC anniversario, l’Armenia ha respinto in toto la proposta turca di dare vita ad una commissione congiunta per far luce sui tragici fatti (cfr. infra). Il commento del Primo Ministro, Markarian, è stato lapidario: “Non abbiamo nulla da provare. Il genocidio ha avuto luogo. E’ un fatto indubitabile”. Il Premier armeno ha precisato che la proposta della Turchia è un’idea “insensata” in quanto in Armenia la gente non ha appreso notizie di quella tragedia dai libri ma sulla propria pelle, dai padri e dai nonni: il genocidio fa parte dell’immaginario collettivo e non c’è famiglia che non abbia subito perdite.
In occasione della commemorazione, il Primo Ministro armeno ha inoltre riaffermato l’impegno di Yerevan a far sì che il genocidio sia riconosciuto da un numero sempre più ampio di Paesi. Successivamente (26 aprile 2005), il Presidente armeno, Kocharian, ha dato un appoggio cauto e condizionato alla proposta turca di istituire una commissione congiunta con il compito di indagare sull’eccidio. Per il Presidente armeno la proposta potrebbe avere successo solo se prima miglioreranno i rapporti tra Turchia ed Armenia. I confini tra i due Paesi sono chiusi a causa del riconoscimento del genocidio degli armeni (negato dalla Turchia) e del conflitto del Nagorno-Karabah (la Turchia appoggia l’Azerbaijan in quanto gli azeri sono considerati una popolazione di ceppo turco).
L’Unione europea ha chiesto ad entrambi i Paesi di procedere ad una normalizzazione dei rapporti. L’Armenia non si oppone all’ingresso della Turchia nell’Ue e si è detta disposta a discutere con Ankara l’avvio di rapporti diplomatici e l’apertura della frontiera
La posizione delle Istituzioni turche ed il dibattito negli ambienti culturali
La Turchia ha formalmente proposto all’Armenia, il 13 aprile 2005, di creare una Commissione congiunta per affrontare la questione del genocidio degli armeni, quale primo passo verso la normalizzazione dei rapporti. E’ stato il Ministro degli Esteri turco, Abdullah Gul, ad illustrare la proposta in Parlamento anticipando chiaramente in anticipo che Ankara non disposta a recedere dalle sue posizioni che escludono “l’equiparazione di quei massacri ad un genocidio”.
Nel suo discorso, Gul ha motivato i massacri con il fatto che “le bande armene avevano pugnalato alle spalle le truppe ottomane, e sollevandosi, favorirono l’occupazione russa del territorio turco”. Per Gul non si può definire “genocidio” il massacro degli Armeni, dal momento che, a differenza degli armenti orientali, bollati come “collaborazionisti”, gli armeni che vivevano nella parte occidentale della Turchia non vennero minimamente toccati.
Anche le cifre fornite dagli Armeni sono contestate da Ankara, secondo la quale i morti armeni non sarebbero stati più di trecentomila.
Gul ha inoltre criticato la posizione della Francia, che ha riconosciuto il carattere di “genocidio” ai massacri ed ha concluso il suo intervento accentuando la linea di Ankara: “La Turchia è in pace con la propria storia, di cui è fiera, e respinge il tentativo di sfruttamento a fini politici delle tragedie vissute tra musulmani e non musulmani”. La stessa è condivisa dal Premier, Erdogan, il quale, congiuntamente al leader dell’opposizione, Deniz Baykal, ha inviato una lettera al Parlamento inglese in cui è contenuta la singolare richiesta di approvare una mozione parlamentare per “destituire di fondamento storico”il famoso “libro blu” sui massacri degli armeni, scritto negli anni ’20 dallo storico Arnold J. Toynbee.
Precedentemente (8 marzo 2005) il Governo e l’opposizione turca si sono detti concordemente disposti ad aprire gli archivi sui massacri di armeni perpetrati negli anni 1915-1916. Il leader dell’opposizione, Deniz Baykal, ha comunque invitato anche gli altri Paesi a fornire notizie a riguardo.
In basi ai primi dati raccolti, anche i turchi rivendicano i loro morti. Negli anni 1915-1922, più di 500.000 turchi sarebbero stati uccisi dalle bande armene. All’approssimarsi del XC anniversario del massacro, il Capo di Stato Maggiore turco, gen. Hilmi Oztok, è intervenuto pubblicamente sulla questione invitando l’Armenia a rinunciare al termine “genocidio” per qualificare i fatti relativi alla Prima Guerra Mondiale. La presa di posizione dei militari (che in Turchia ricoprono un ruolo fondamentale, essendo considerati i garanti della laicità del Paese) assume un grande risalto, dal momento che i militari considerano il riconoscimento del genocidio, la questione cipriota e le pressioni occidentali a favore del PKK, un prezzo troppo alto per garantire l’accesso della Turchia nell’Ue. Oztok ha ribadito che non solo all’Ue spetta di dire no alla Turchia. Anche la Turchia può fare altrettanto.
Prima che il Bundestag votasse una Risoluzione sul massacro degli armeni nel giugno scorso (v. più avanti) il Ministro degli Esteri Gul aveva affermato che una delle priorità del Governo in carica è quella di combattere contro le proclamazioni di un presunto genocidio degli Armeni.
Si è tenuta ad Istanbul, il 24 e 25 settembre 2005 presso l’Università Bilgi di Istanbul la conferenza “Gli armeni ottomani di un impero in declino", che era diventata un caso politico ed istituzionale. Infatti, il ministro turco della giustizia, Cimil Cicek, aveva definito traditori i suoi organizzatori e successivamente il tribunale amministrativo di Istanbul, a seguito di un ricorso presentato da ambienti nazionalisti, ne aveva chiesto la sospensione. Tuttavia, il primo ministro Erdogan aveva insistito per il suo svolgimento prima dell’apertura dei negoziati ufficiali per l’adesione turca all’Unione europea e l’università Bilgi, non vincolata alla sentenza, ha accettato di ospitare la Conferenza. Contro la Conferenza hanno manifestato i gruppi nazionalisti turchi, in particolare dal gruppo di estrema destra MHP (Partito di Azione Nazionalista), ma anche l’estrema sinistra (Partito dei Lavoratori) si è unita al coro delle proteste.
In un messaggio inviato ai Conferenzieri, il Ministro degli Esteri, Gul, ha affermato che milioni di cittadini dell’Impero Ottomano soffrirono terribilmente durante gli anni della Prima Guerra Mondiale, ma che le affermazioni armene relative ad un genocidio sono false e motivate politicamente. “Sia gli Armeni che i Turchi hanno sofferto durante tale periodo, e questo non deve essere sottovalutato nelle analisi”. Gul ha concluso il suo messaggio affermando: “Il popolo turco è in pace con se stesso e con la sua storia. L’approccio del nostro Governo e del nostro popolo verso il nostro passato, incluse le relazioni turco-armene, costituisce un indice della nostra fiducia in noi stessi e nel nostro futuro.”
Nel corso della conferenza, il docente turco Fikret Adanir (Università tedesca della Ruhr) ha affermato di considerare appropriato il termine “genocidio” per definire i massacri degli armeni durante la Prima Guerra Mondiale: “La dimensione delle deportazioni del 1915-16 vanno molto oltre quello che potrebbero essere uccisioni di massa. Un’intera nazione, indipendentemente che fossero uomini o donne, vecchi o bambini, furono deportati e morirono nel viaggio. Le loro proprietà furono confiscate e a coloro che sopravvissero non fu consentito di ritornare”. Il prof. Oktay Ozel dell’Università Bilkent ha ammesso che alla fine del periodo 1993-1923, tutta l’area afferente al Mar Nero è stata “purificata dalla presenza non-musulmana”. Il prof. Taner Akcay dell’Università del Minnesota ha affermato che “documenti dell’epoca ottomana indicano che la decisione di trasferire gli Armeni fu presa per mettere fine a quel profondo problema definito “questione orientale” e per mettere fine alla dissoluzione dell’Impero. Tale decisione non rispose ad una necessità creatasi nel corso della guerra”.
Secondo quanto riportato dai commentatori internazionali, pur riconoscendo l’esistenza di massacri e di deportazioni di massa, la Conferenza non ha descritto tali atti come genocidio. E’ stato tuttavia riconosciuto unanimemente come un nuovo capitolo della vicenda sia stato scritto, sia perché la Turchia ha accettato di esaminare e mettere in discussione una pagina del suo passato, sia perché ha dato prova di sensibilità democratica. Gli atti della Conferenza saranno tradotti in inglese.
Sempre alla questione armena è legata la vicenda dello scrittore turco Orhan Pamuk che doveva essere sottoposto a processo il 16 dicembre 2005 con l’accusa di aver offeso l’identità turca a causa di alcune dichiarazioni rilasciate ad un giornale svizzero sul genocidio dei popoli armeni e curdi nel corso della Prima guerra mondiale. Pamuk aveva dichiarato che nel corso del conflitto, erano stati uccisi almeno 30.000 curdi e circa un milione di Armeni. Queste affermazioni avevano fatto scattare l’incriminazione per “denigrazione dell’identità turca”, in base ad una previsione contenuta nell’art. 159 del vecchio codice penale, poi ripresa dall’art. 301 del nuovo Codice entrato in vigore il 1° giugno 2005.
L’art. 301 prevede una pena detentiva da dieci a quindici anni (se il reato è commesso a mezzo stampa) per chi ponga in essere “atti contrari agli interessi fondamentali della Nazione”, quali – secondo quanto espressamente riportato nella relazione illustrativa presentata al Parlamento – “il fatto di sostenere, contrariamente alla verità storica, che gli Armeni siano stati vittime di un genocidio dopo la Prima guerra mondiale”.
Contro l’incriminazione di Pamuk si sono levate le proteste della comunità internazionale. Il 23 gennaio 2006 è stata decisa l’archiviazione del caso che aveva portato alla ribalta tutte le contraddizione insite nel processo di modernizzazione della Turchia.
Un difficile riconoscimento internazionale
A differenza di quanto accaduto per il genocidio nazista del popolo ebraico, immediatamente riconosciuto in sede internazionale, al termine della Seconda guerra mondiale, quello del popolo armeno non ha ricevuto un analogo riconoscimento.
Soltanto nel 1984, il Tribunale permanente dei popoli, nel corso di una sessione speciale dedicata a questo problema, riconobbe per la prima volta che “lo sterminio delle popolazioni armene con la deportazione ed il massacro costituisce un crimine imprescrittibile di genocidio ai sensi della Convenzione del 9 dicembre 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio”.
L’anno successivo, una Sottocommissione della Commissione per i diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, riconobbe, fra gli altri, il genocidio armeno (29 agosto 1985).
Più di recente, a partire dalla metà degli anni Novanta, numerosi Stati, soprattutto attraverso le rispettive Assemblee parlamentari hanno riconosciuto il genocidio: è il caso dell’Assemblea nazionale bulgara (20 aprile 1995), della Duma federale russa (14 aprile 1995), del Parlamento ellenico (25 aprile 1996), del Senato belga (26 marzo 1998), del Parlamento svedese (29 marzo 2000), del Parlamento canadese (13 giugno 2002 e 22 aprile 2004), del Consiglio nazionale elvetico (16 dicembre 2003) e del Parlamento olandese (22 dicembre 2004). L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa si è invece pronunciata con due risoluzioni del 24 aprile 1998 e, in pari data, nel 2001.
Il 16 giugno 2005, il Bundestag ha approvato a larghissima maggioranza una Risoluzione nella quale si chiede alla Turchia di riesaminare la questione del massacro e delle persecuzioni della popolazione armena all'inizio del secolo scorso. Nella Risoluzione non viene usato il termine “genocidio”, pur riconoscendo che “quasi tutti gli armeni di Anatolia furono uccisi”. La mozione chiede al Governo tedesco di fare pressioni su Ankara affinché indaghi sulla strage e avvii un percorso di riconciliazione con gli armeni, che includa "la richiesta di perdono per una colpa storica". Nella stessa risoluzione, il Bundestag raccomanda al Governo di includere “la deportazione e l’uccisione degli Armeni” nei programmi scolastici tedeschi.
L’iniziativa del Bundestag è stata fortemente criticata dal Governo turco. Il 15 dicembre 2005, il Parlamento della Lituania ha approvato una mozione in cui si riconosce il genocidio del popolo armeno.
In Italia, nel corso della precedente legislatura sono state presentate nel settembre 1998 la mozione n. 1/00303 (Pagliarini ed altri144 deputati) e nell’ottobre 2000 le mozioni n. 1/00481 (Sandra Fei ed altri) e n. 1/00482 (Giovanni Bianchi ed altri): la mozione Pagliarini impegnava il Governo a riconoscere pubblicamente il genocidio del popolo armeno, mentre le mozioni Bianchi e Fei sostenevano la necessità, per favorire le relazioni tra Armenia e Turchia con il resto dell’Europa, di istituire un incontro di storici incaricato di avviare una ricerca rigorosa per stabilire le responsabilità dell’eccidio.
Le mozioni Fei e Bianchi sono state ritirate nel corso del dibattito in Aula (17 novembre 2000), mentre l’on. Pagliarini ha ritirato la propria firma dalla mozione che aveva presentato nel settembre 1998 sostituendola con una risoluzione (Pagliarini ed altri, 16 novembre 2000, n.6-00146)che teneva conto della risoluzione del Parlamento europeo del 15 Novembre 2000 con la quale, tra le altre cose, l’Europarlamento invitava il Governo turco a riconoscere il genocidio ai danni del popolo armeno. Lo stesso giorno l’on Mussi e altri depositavano un’altra risoluzione (n 6-00147) sostanzialmente con le stesse caratteristiche della risoluzione dell’on. Pagliarini. Successivamente, nella stessa giornata, veniva depositata la risoluzione n 6-00148 “Mussi-Pagliarini”. Le risoluzioni n.6-00146 e 6-00147 venivano ritirate e tutti i presentatori sottoscrivevano la mozione unitaria “Mussi-Pagliarini” n 6-00148. La mozione n 1-00303 del settembre 1998 veniva fatta propria dall’on. Mantovani ed altri. Su di essa il Governo esprimeva parere non favorevole e veniva respinta dall’Assemblea. Il parere del Governo è stato invece favorevole alla risoluzione “Mussi-Pagliarini” ed altri (n. 6-00148) e quel testo, presentato da deputati facenti capo sia alle forze di maggioranza che di opposizione, è stato approvato. Il documento menziona la necessità da parte del Governo turco di riconoscere il genocidio degli Armeni quale atto compiuto anteriormente allo stabilimento della moderna Repubblica di Turchia, ed impegna il Governo italiano ad adoperarsi per favorire una maggiore, reciproca comprensione tra i popoli armeno e turco.
In vista della discussione delle mozioni, la Turchia e l’Armenia hanno manifestato, tramite le loro rappresentanze diplomatiche, opinioni contrastanti. In particolare, il 27 ottobre 2000, il neo Presidente della Grande Assemblea nazionale turca, on. Omer Izgi, aveva inviato al Presidente della Camera dei deputati una lettera in cui aveva escluso l’esistenza di documenti storici che potessero attestare la volontà del Governo ottomano di perpetrare nel 1915 l’eliminazione della popolazione armena.
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La discussione delle mozioni e della risoluzione è avvenuta successivamente all’adozione, al termine di un iter di approvazione assai tormentato - di una legge da parte del Parlamento francese (8 novembre 2000) il cui unico articolo recita “La Francia riconosce pubblicamente il genocidio del popolo armeno del 1915” (legge 29 gennaio 2001, n. 70). E’ da segnalare che l’avvio della dibattito, presso l’Assemblea nazionale francese (il 29 maggio 1998) circa il riconoscimento del genocidio armeno aveva provocato una vera e propria crisi diplomatica tra Parigi ed Ankara.
E’ altresì da menzionare che il 9 novembre dello stesso anno, Papa Giovanni Paolo II aveva espressamente menzionato il genocidio del popolo armeno in un comunicato congiunto sottoscritto con Kerekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di tutti gli Armeni.
La Camera dei rappresentanti statunitense, dopo avere promosso alcune audizioni di storici con lo scopo di stabilire la realtà dei fatti accaduti nel 1915, è stata sul punto di votare una specifica risoluzione, nell’ottobre 2000, sul riconoscimento del genocidio armeno : il documento non è stato posto in votazione a seguito di una lettera del Presidente Clinton, del 19 dello stesso mese, allo Speaker della Camera, J. Dennis Hastert, nella quale si chiedeva, in termini ultimativi, il ritiro della risoluzione dall’ordine del giorno in considerazione delle “conseguenze negative per gli Stati Uniti” che la risoluzione avrebbe potuto produrre in una area geopolitica di interesse rilevante per Washington. Il Presidente affermava inoltre che l’unica soluzione auspicabile poteva essere definita dalle due parti in causa “esaminando insieme il passato”. Il Congresso non ha quindi approvato, fino ad oggi, alcun documento sulla questione.
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1)- Gli ordini di deportazione sono stati impartiti segretamente da due ministri del governo ottomano dell’epoca (Talat Pasha ed Enver Pasha, entrambi appartenenti al partito dei “Giovani Turchi”) e si sa per certo che le colonne dei deportati furono spesso attaccate dalle bande a cavallo dei signorotti curdi dell’Anatolia orientale, i quali erano in contatto con il Governo ottomano. Ma non è stato accertato in che misura questi attacchi fossero stati preordinati e quanto invece fossero effetto di un’avversione ancestrale, dovuta probabilmente anche a motivi religiosi, tra curdi (musulmani) e armeni (cristiani). La deportazione, secondo Ankara, fu una “necessaria decisione di guerra” volta a proteggere la popolazione armena da possibili rappresaglie della popolazioni turca.
Molte sono le critiche alla definizione contenute nella Convenzione delle Nazioni Unite. In particolare, questa escluderebbe dalla definizione di genocidio le formazioni politiche e sociali, esclude atti contro l’ambiente che potrebbe garantire la sopravvivenza di un gruppo etnico o la sua diversità culturale, rende difficile provare l’intenzione “contro ogni ragionevole dubbio”, dal momento che è genocidio anche la distruzione di una parte di un gruppo è difficile definire quanti siano i morti necessari per stabilire che proprio di genocidio si tratta.
2)- Si collega a queste iniziative la conferenza internazionale sulla tutela dei diritti umani, promossa il 1° novembre scorso dall’Assemblea nazionale armena in occasione del XV anniversario della sua istituzione. Alla conferenza ha partecipato, in rappresentanza della Camera, l’on. Vincenzo Siniscalchi (DS), Presidente della Giunta delle Autorizzazioni e del Comitato per la Legislazione.
3)- Allo stesso Hitler, in riferimento allo sterminio degli ebrei, è stato attribuito il giudizio che sarebbe stato in futuro, al pari del massacro degli Armeni, dimenticato da tutti.
4)- La Turchia ha riconosciuto l’Armenia al momento dell’indipendenza nel 1991 ma non ha mai stabilito relazioni diplomatiche a causa del contenzioso sul genocidio. Le frontiere tra i due Paesi sono chiuse dal 1993, sia a causa della questione del genocidio, sia a causa del conflitto in Nagorni-Karabah.
4) - Allo stesso Hitler, in riferimento allo sterminio degli ebrei, è stato attribuito il giudizio che sarebbe stato in futuro, al pari del massacro degli Armeni, dimenticato da tutti.
5)- La Turchia ha riconosciuto l’Armenia al momento dell’indipendenza nel 1991 ma non ha mai stabilito relazioni diplomatiche a causa del contenzioso sul genocidio. Le frontiere tra i due Paesi sono chiuse dal 1993, sia a causa della questione del genocidio, sia a causa del conflitto in Nagorni-Karabah.
6) - Si trattava della House Resolution n. 596, “Calling upon the President to ensure that the foreign policy of the United States reflects appropriate understanding and sensitivity concerning issues related to human rights, ethnic cleansing, and genocide documented in the United States record relating to the Armenian Genocide, and for other purposes”
7) - Cfr. il comunicato sulla lettera del Presidente Clinton diffuso dall’Office Press Secretary della Casa Bianca il 19 ottobre 2000
V.V
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