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06 02 22 - Nagorno-Karabakh si rischia una nuova guerra
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di Enrico Piovesana [21/02/2006]
Fonte:peacereporter.net
Una casa per gli sfollati azeri
Ma sul Nagorno-Karabakh si rischia una nuova guerra. Falliti i colloqui di Rambouillet Dopo dodici anni vissuti nei vagoni ferroviari dismessi e nelle tende, 157 famiglie di profughi azeri della guerra del Nagorno-Karabakh torneranno tra pochi giorni a vivere in una casa vera e i loro 96 bambini avranno per la prima volta una scuola dove andare. Il nuovo villaggio di Seferliler, nella regione di Agdam, avrà anche una clinica medica, un ufficio postale e un piccolo bagno pubblico. Seferliler è stato costruito dal governo azero nell’ambito del programma di reinsediamento degli sfollati di guerra. Altre 674 famiglie sono già state sistemate nelle scorse settimane in quattro ulteriori nuovi villaggi, ed entro pochi mesi altri otto villaggi verranno completati così da poter ospitare le restanti tremila famiglie sfollate della regione.
Profughi azeriMa tanti profughi non sono così fortunati. Un sogno che si avvera per circa 20 mila persone: una piccola parte del mezzo milione di senza casa che ancora vivono nei campi profughi sparsi per l’Azerbaigian. Questi però hanno almeno la speranza di venire prima o poi reinsediati anche loro dal governo di Baku. Contrariamente agli sfortunati azeri, che invece sono rimasti a vivere tra le macerie delle loro case nella città-fantasma di Agdam, distrutta e conquistata dagli armeni durante la guerra e oggi parte del Nagorno-Karabakh. Per le autorità armene questa gente, semplicemente, non esiste. (v. reportage ‘Giardino nero di montagna’).
Proprio sulla questione del ritorno dei profughi azeri nei territori occupati dall’Armenia, oltre che su quella del futuro status del Nagorno-Karabakh, sono falliti gli ultimi colloqui di pace con cui la comunità internazionale sperava di scongiurare il rischio, sempre più realistico, di una riesplosione del conflitto armato tra Azerbaigian e Armenia.
Il fallimento del vertice di Rambouillet. Dopo dodici anni di stallo e di negoziati falliti, il ‘conflitto congelato’ del Nagorno-Karabakh – che all’inizio degli anni ‘90 causò almeno 30 mila morti – rischia oggi di sciogliersi. Dopo un anno, il 2005, caratterizzato da una preoccupante escalation di violazioni della tregua da entrambe le parti e da un inquietante riarmo militare da parte azera, la comunità internazionale ha provato a scongiurare i nuovi venti di guerra che soffiano nel Caucaso meridionale cercando di far ripartire il negoziato tra Baku e Yerevan. Così il 10 e 11 febbraio scorso il presidente francese Chirac ha invitato i due presidenti, l’azero Aliev e l’armeno Kocharian, nel castello di Rambouillet, appena fuori Parigi. Un posto che evidentemente non porta gran fortuna: qui fallirono nel ’99 i negoziati sul Kosovo, aprendo le porte ai bombardamenti della Nato contro la Jugoslavia di Milosevic.
L’Azerbaigian si arma con i petroldollari del Btc. Questa volta, nonostante le ottimistiche aspettative, non è andata meglio. Dopo due giorni di incontri e colloqui, i due ostinati presidenti se ne sono andati senza quasi salutarsi. Il vertice è stato aggiornati a maggio, questa volta a Washington. Ma sarà difficile che in tre mesi cambino posizioni che in dodici anni sono rimaste rigidamente immutate e configgenti. A meno che gli americani non decidano di usare il ricatto petrolifero per convincere il loro alleato azero. Con l’attivazione del megaoleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan che porta il petrolio azero del Mar Caspio ai mercati occidentali, il governo di Robert Kocharian ha iniziato a incassare cifre enormi, che sono subito state reinvestite in armamenti: la spesa militare di Baku è passata dai 175 milioni di dollari del 2004 ai 300 milioni del 2005 e quest’anno balzerà addirittura a 600 milioni di dollari. Senza i petrodollari che arrivan o dai clienti occidentali l’Azerbaigian non si potrebbe mai permettere una guerra.
V.V
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