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06 05 13 - Scavi archeologici a San Simone , Viterbo,.... risulta fondato intorno al 1300 da monaci Armeni di San Basilio
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Ritrovati al San Simone di ORVIETO degli affreschi risalenti alla fine del XVI secolo, inizi XVII secolo
Un putto al centro di un cartiglio, di notevole fattura. E’ la notevole scoperta avvenuta, circa un mese fa, nell’ex convento di San Simone in via
Raniero Capocci. Durante lo smantellamento degli ausili sanitari presenti nella sala che ospitava il Centro trasfusionale, in seguito allo spostamento presso l’Ospedale di Belcolle dei servizi Asl ospitati nell’ex convento, si è aperto un foro nella muratura di una parete. Tra i presenti lo stupore deve essere stato enorme. Grazie a quel foro, infatti, è stato possibile far venire alla
luce i resti di alcuni affreschi collocabili tra la fine del XVI sec. e gli inizi del XVII sec, tra cui il particolare dello splendido putto.
Immediatamente è stato avvertito il responsabile per la catalogazione dei beni storico artistici della Asl, Gennaro Esposito, che ha provveduto a darne
opportuna comunicazione alla soprintendenza competente.
Si tratta dei resti della decorazione di quattro altari, contenuti in altrettante nicchie, posti due sulla parete destra e due su quella sinistra,
rispetto all’entrata.
Il rinvenimento è stato tenuto in riserbo fino a tre giorni fa (martedì 9).
Approfittando della presenza a Viterbo dalla soprintendente ai beni storico artistici ed etnoantropologici del Lazio, Rossella Vodret, e dalla Responsabile di zona, Rosalba Cantone (giunte in Prefettura per la presentazione dei risultati di un analogo ritrovamento avvenuto in una chiesa di Carbognano), è stato possibile infatti effettuare un sopralluogo al San Simone. La Vodret e la
Cantone sono state accompagnate sul luogo da Gennaro Esposito e da Alberto Ciorba, titolare dei lavori.
Le decorazioni si sono rivelate di particolare interesse per la qualità pittorica e per il fatto che rappresentano una certa testimonianza della
collocazione della chiesa nel complesso monastico. Al termine del sopralluogo la soprintendente ha concordato con Esposito di procedere verificando
l’eventuale esistenza di mappe e documenti che possano consentire di ricostruire, anche parzialmente, l’assetto che doveva aver assunto nei secoli la struttura. In tal modo sarà possibile procedere in un secondo momento ad eventuali ulteriori saggi mirati da effettuare, alla presenza di personale della soprintendenza, al fine di verificare l’esistenza di ulteriori resti di
dipinti murali in zone limitrofe.
La Soprintendente Vodret si è inoltre complimentata, in modo particolare, con la dirigenza della Asl per la sensibilità dimostrata nella gestione dei beni
storico artistici di proprietà e per la correttezza seguita nelle procedure seguite al ritrovamento.
La storia del Complesso Monastico La storia di questo complesso monastico è di particolare interesse. Nasce come ospizio con annessa chiesa per ospitare i
pellegrini stranieri che transitavano nella città di Viterbo, risulta fondato intorno al 1300 da monaci Armeni di San Basilio su concessione dell’allora
vescovo di Viterbo di una parte della piazza su cui insisteva il Palazzo dell’Imperatore Federico II di Svevia, già demolito nel 1250 su ordine dello
stesso Capocci. Prese il nome dai SS. Simeone e Giuda, nei secoli successivi, attraverso alterne vicende caratterizzate da ripetuti abbandoni e successive rioccupazioni, passò prima ad una Congregazione di Gesuiti nel 1444, poi ad una
congrega di Suore Francescane del terz’ordine, dette della penitenza, per essere poi trasformato in seguito da Alessandro VI, nel 1492, in Monastero
delle Clarisse. Ad oggi, scarse sono le conoscenze sul periodo in cui furono realizzati i dipinti in questione, quindi il rinvenimento potrebbe rivelarsi di particolare interesse per ricostruire in parte i mutamenti strutturali che interessarono il monastero nei periodi successivi.
V.V
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