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06 06 07 - Il Papa ad Auschwitz difeso da un ebreo
Il Papa ad Auschwitz difeso da un ebreo. Quando si vieta di accostare alla Shoah qualsiasi altro crimine di massa spesso non è l'ebreo che parla, ma l'inconsolabile vedova del comunismo come Furio Colombo.
Gli stessi che hanno criticato il discorso del Papa ad Auschwitz sono poi quegli antisemiti di sinistra che vanno a bruciare in piazza le bandiere d'Israele. D'altronde l'antisemitismo progressista ha avuto dei padri nobili come Lutero, Kant, Voltaire e Marx; per non parlare di altri.
Ebbene anche nella comunità ebraica c'è chi ha apprezzato il gesto e le parole del Papa su quelle pagine oscure della storia. Giorgio Israel, professore ordinario presso il Dipartimento di Matematica dell'Università di Roma "La Sapienza" e direttore del Centro di Ricerche in Metodologia della Scienza dell'Università di Roma "La Sapienza", ha scritto un pezzo sul Foglio del 30 maggio 2006.
Si dichiara colpito e commosso dal fatto che Benedetto XVI abbia dichiarato che i nazisti «con la distruzione di Israele volevano strappare anche la radice su cui si basa le fede cristiana».
Rispondendo alle critiche dell'Unità che aveva accusato il Papa di revisionismo per non aver menzionato le responsabilità collettive del popolo tedesco, Israel scrive "Si tratta di una critica priva di fondamento, sia sotto il profilo morale che sotto il profilo storiografico".
Per quanto riguarda l'aspetto morale lo studioso nota che "rendere un intero popolo responsabile di una colpa collettiva è un’aberrazione in cui soprattutto gli ebrei – vittime del mito del deicidio – non possono cadere. Essi debbono essere fedeli al precetto del Deuteronomio secondo cui nessuno può essere punito se non per il proprio delitto. Durante la cena della Pasqua ebraica è d’uso leggere un “rituale della rimembranza” della Shoah, in cui si parla di coloro che furono sterminati «da un tiranno malvagio» e dagli «esecutori del suo perfido progetto». Sembrano le parole del Papa. Per quanto estesa sia la responsabilità, essa resta soggettiva e non può essere estesa al concetto di responsabilità collettiva di un “popolo” – concetto eminentemente razzista. Nessuno può responsabilmente parlare di responsabilità collettiva del popolo italiano per il fascismo, o dei popoli sovietici per i crimini dello stalinismo".
Per l'aspetto storiografico Israel scrive che "L’entità del coinvolgimento della popolazione tedesca nella Shoah – così come di altre popolazioni in altri crimini di massa – è una questione eminentemente storiografica che deve essere mantenuta su questo terreno e non può essere usata come una mazza per condanne morali. Porre la questione nei termini: “O dici che tutti erano responsabili oppure sei corresponsabile morale”, è un ricatto inaccettabile che uccide alla base ogni possibilità di libera riflessione. È assolutamente sconcertante che l’attacco a pretese interpretazioni riduttive dell’adesione del popolo tedesco al nazifascismo venga da certi pulpiti che per decenni hanno propinato una storiografia secondo cui il fascismo in Italia era opera di pochissimi mascalzoni che erano riusciti a irreggimentare un intero popolo che vibrava di fervidi sentimenti antifascisti repressi dal tallone dei Tribunali Speciali. Il peso di questa storiografia è tale che ancor oggi viene demonizzato come “revisionista” Renzo De Felice, per aver messo in luce l’entità dell’adesione del popolo italiano al fascismo. E ci tocca leggere uno scritto di Furio Colombo – evidentemente ignaro di quanto in Germania sia stato approfondito il tema delle colpe del nazismo, senza reticenza e in modo persino spietato, come qui non ci siamo neppure lontanamente sognati di fare, viste le recenti vergognose reazioni al libro “I redenti” di Mirella Serri, perché ha osato ricordare i trascorsi antisemiti di alcuni mostri sacri dell’intellettualità italiana – che si permette di parlare di «molti cittadini tedeschi» che avrebbero trovato «una scorciatoia per non convivere con un passato vergognoso», magari «parlando più di Stalin che di Hitler»".
Giorgio Israel fa notare all'ex direttore dell'Unità che "Di certo, Colombo di Stalin ha poca voglia di parlare, visto che riesuma una logora retorica su chi ha abbattuto i cancelli di Auschwitz, come se il merito tecnico di essere arrivati per primi contasse di più del trattamento criminale che Stalin riservò agli ebrei resistenti".
Alla fine dell'articolo Israel si dichiara contrario al divieto di accostare gli altri crimini di massa alla Shoah: spesso chi lo fa non è l'ebreo, ma vedove inconsolabili del comunismo.
Giova ricordare che il vero antisemitismo, basato su un pregiudizio di razza, nasce nel ‘700, e uno dei suoi “profeti” fu il “tollerante” Voltaire. Agli ebrei il padre del secolo dei Lumi dedicô una voce apposita nel suo Dizionario filosofico in cui sospetta che si cibino di carne umana, li accusa di non essere in grado di rispettare la disciplina militare, li considera dediti soltanto al commercio e all’usura. Inoltre Voltaire nega che l’ebraismo possa produrre arte o filosofia, mentre giudica le donne ebree inclini ad accoppiarsi con cavalli e asini. Lottando contro l’oscurantismo, il teorico della Tolleranza cosi descrive il popolo ebraico: «Non troverete in loro che un popolo ignorante e barbaro, che unisce da tempo la più sordida avarizia alla più detestabile superstizione e al più invincibile odio per tutti i popoli che li tollerano e li arricchiscono». La tolleranza illuminista è stata stretta parente dell’antisemitismo e anche dell’odio verso i cristiani.

Voltaire riconosceva il profondo legame tra ebrei e cristiani; e più tardi, un secolo e mezzo dopo, tale
legame venne ripreso anche dal nazismo al punto che Hitler poté dire: «Odio gli ebrei perché hanno dato al mondo quell’uomo Gesù».
Articolo citato: Reazioni sbagliate al discorso del Papa ad Auschwitz di Giorgio Israel, Il Foglio, 30 maggio 2006
www.kattolikamente.splinder.com
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Link di riferimento: http://www.counter-revolution.it
To:Controrivoluzione@yahoogroups.com
Sent: Tuesday, June 06, 2006 9:49 AM
Subject: [Controrivoluzione] Il Papa ad Auschwitz difeso da un ebreo


V.V

 
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