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06 08- 03 -Intervista a Marcello Flores, sul libro " C’E’ UNA TURCHIA CHE VUOLE RICORDARE, AIUTIAMOLA"
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di SERGIO NAZZARI
(Realizzata da Agenzia ringraziamo la direttrice Maria Pia Forte per averci inviata questo articolo originale)
Intervista a Marcello Flores, docente di Storia comparata all’Università di Siena e autore di un libro che ricostruisce il genocidio degli armeni perpetrato dai turchi nel 1915-16 e da questi sempre negato, ma che oggi qualche coraggioso intellettuale come Orhan Pamuk e la giovane scrittrice Elif Shafak comincia ad affrontare, sfidando il carcere
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C’E’ UNA TURCHIA CHE VUOLE RICORDARE, AIUTIAMOLA
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“Il genocidio degli armeni è ormai entrato a pieno titolo nella storia del Novecento, e la sua ricostruzione ha raggiunto un livello di approfondimento, maturità concettuale, articolazione metodologica che rende impossibile ricadere nella situazione di poco più di un decennio fa, quando il negazionismo aveva ancora un qualche peso…”
Così scrive Marcello Flores, docente di Storia comparata all’Università di Siena e autore di numerosi saggi, a conclusione dell’appassionato volume Il genocidio degli armeni (Il Mulino, 295 pagine, 22,00 euro), ricostruzione dello sterminio che tra l’aprile del 1915 e il settembre del 1916 inaugurò il secolo dei genocidi. Furono centinaia di migliaia gli armeni dell’Anatolia che vennero barbaramente uccisi o che, deportati, morirono durante le marce estenuanti e nel deserto dove infine furono abbandonati. E ciò nel nome di una pulizia etnica voluta dai Giovani Turchi, i nazionalisti radicali insediatisi al potere ad Ankara, mentre infuriava la Grande Guerra. Pochi sopravvissero, fra questi i 4.000 eroi che per quaranta giorni resistettero sul Mussa Dagh, la Montagna di Mosè, nelle vicinanze di Antiochia. In tutto furono cancellate dalla faccia della terra quasi due milioni di persone, e più di centomila bambini vennero strappati alle loro famiglie e affidati ad altre etnie.
Chiedo al professor Flores di spiegarci il contesto in cui maturò questo piano criminale.
“Il genocidio degli armeni – mi dice - maturò all’interno della Grande Guerra, in un panorama di ferocia del tutto inedita e di massacri, e mentre l’Impero Ottomano correva il pericolo di vedere distrutta la propria integrità e unità territoriale. A ciò vanno aggiunti due elementi : il fatto che a partire dalla fine dell’Ottocento c’erano già state delle violenze contro gli armeni, e il sorgere del nazionalismo turco, con l’affermazione, nei primi anni del Novecento, dell’ala più radicale, quella che oggi definiremmo integralista, fautrice di una nazione turca etnicamente e culturalmente omogenea.
“All’indomani dello sbarco inglese a Gallipoli, la paura di un’altra sconfitta militare dopo quelle subite all’inizio del 1915 da parte dei russi indusse i dirigenti turchi a salvare almeno il cuore dell’Impero Ottomano, cioè l’Anatolia. Ma per salvarla bisognava ‘pulirla’ dalle presenze estranee, ossia gli armeni che vi abitavano da secoli e che costituivano una nutrita minoranza, e in alcune cittadine o province erano addirittura maggioritari. Contro di loro si fece leva sull’accusa di collusione con i russi e sul rischio che essi potessero passare dalla parte del nemico nel corso della guerra. E furono varate due leggi fondamentali, che sono la testimonianza di come il genocidio sia stato programmato con cura.”
- Allude alle leggi sulla deportazione e sulla confisca dei beni degli armeni ?
“Già. La legge che ne decretò la deportazione con pochissimo preavviso li costrinse a lasciare la maggior parte dei loro beni e le loro case. Molti storici turchi insistono nel considerare la deportazione come una misura di guerra, ma è difficile sostenere questa tesi, anche perché subito dopo questa legge fu varata quella sulla requisizione dei beni degli armeni, che vennero incamerati in toto dallo Stato, venduti o distribuiti tra i sostenitori del regime. Chi sostiene che si pensava di far tornare nelle loro case gli armeni dopo la guerra è smentito dai fatti.”
- Menzogne dure a morire…
“Proprio così. Quando il 24 aprile 1915 furono arrestati 2.345 armeni, dirigenti politici, capi della comunità, intellettuali, commercianti, uomini d’affari, giornalisti, studenti e funzionari pubblici, il genocidio si mise in moto. Poi, in giugno e in luglio dello stesso anno, cominciarono le deportazioni di massa. Le immagini di quell’esodo, scattate dal personale diplomatico e umanitario tedesco, russo e americano, sono una denuncia drammatica dell’orrore perpetrato. Iniziò allora la ‘morte di una nazione’, come efficacemente la definì l’ambasciatore americano a Istanbul, Henry Morgenthau, una tragedia che nessuno volle e seppe fermare.”
- Perché Francia, Inghilterra e Russia, pur sapendo quanto avveniva, tacquero ?
“Veramente la congiura del silenzio fu successiva. All’inizio Francia e Gran Bretagna, su sollecitazione della Russia, emisero un documento in cui dichiaravano che alla fine della guerra i responsabili di quei massacri sarebbero stati giudicati da un tribunale internazionale. Quel tribunale non fu mai istituito, invece, sia per come andò la pace di Versailles sia perché non si volle punire il Kaiser tedesco. Quella pagina di storia fu ripresa in esame solo nel secondo dopoguerra, col processo di Norimberga e dopo la scoperta dell’Olocausto. Oggi, sia pure con lentezza e difficoltà, la memoria del genocidio armeno va riaffiorando. Un recupero difficile, perché esso era stato dimenticato dagli stessi armeni, dopo che l’Armenia divenne una Repubblica sovietica e l’URSS, essendo alleata della Turchia, non voleva aprire quella questione. E’ solo a partire dal cinquantesimo anniversario del genocidio che se ne è ricominciato a parlare, in Armenia e nella diaspora armena dell’Europa e degli Stati Uniti. E ora si comincia ad affrontarlo anche in Turchia, da parte di intellettuali che pur di fare i conti con la propria storia non si lasciano intimidire dalle persecuzioni del governo.”
- Ma perché la Turchia ancora oggi si rifiuta di riconoscere quel genocidio ?
“Il nazionalismo turco che condusse al genocidio è sostanzialmente lo stesso su cui si fonda l’attuale Repubblica. Dagli anni Venti in poi la Repubblica turca fondata sulle ceneri dell’Impero Ottomano ha costruito la propria identità negando quel terribile crimine. E come sempre accade quando non si riconosce un errore, più passa il tempo e più i turchi si convincono di non aver mai commesso il massacro, dicono che è un’invenzione dei loro nemici, diminuiscono il numero delle vittime, si giustificano facendo diventare i pochi volontari che andarono a combattere in Russia la quasi totalità degli armeni e così via.
“Adesso, però, la società civile è più aperta e prende posizione contro il governo, il quale non si risolve al grande passo perché è vittima dei ricatti della destra nazionalista, dell’integralismo religioso. Un ricatto che non gli consente di fare quello che dovrebbe : aprire gli archivi e cercare la verità tutti insieme, turchi, armeni e comunità internazionale.”
- Uno degli intellettuali che si battono coraggiosamente per il riconoscimento è lo scrittore Orhan Pamuk…
“Oltre a lui c’è la giovane scrittrice Elif Shafak, che ha scritto un libro su quest’argomento, e anche lei rischia di finire in carcere. Il coraggio di questi scrittori mi fa bene sperare per il futuro. Un notevole contributo lo può dare l’Europa, facendo capire come l’ingresso della Turchia nella UE possa avvenire solo nel rispetto dei valori impersonati da questi scrittori.”
Sergio NAZZARI
V.V
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