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06 10 10 - ...trappola turca per il Papa...
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Il genocidio degli armeni, trappola turca per il Papa
L’incontro col patriarca Mesrop rischia di irritare Ankara 8/10/2006 <BR>
di Giacomo Galeazzi<BR>
Benedetto XVI «riapre» la questione armena a difesa della libertà delle minoranze religiose. Le feluche pontificie rassicurano le autorità turche e lavorano febbrilmente per scongiurare i rischi di un nuovo incidente diplomatico con un Paese a maggioranza musulmana. «Il viaggio in Turchia è una grande opportunità per stemperare le tensioni attraverso il confronto», gettano acqua sul fuoco Oltretevere, mentre dall’episcopato turco arrivano segnali di
preoccupazione alla luce delle gravi incomprensioni e della bufera seguita ai riferimenti papali all’Islam in Baviera.
Il pomeriggio del 30 novembre, a Istanbul il Papa incontrerà il patriarca armeno apostolico Mesrop II. «E’ un passo importante verso l’unità dei
cristiani e non va assolutamente interpretato come un atto ostile verso il governo di Ankara», spiega l’arcivescovo di Curia Francesco Gioia, in prima
linea nel dialogo interreligioso. Sono ancora aperte, però, le ferite del genocidio su base etnica e religiosa del popolo armeno, di cui la Turchia non
ha mai voluto riconoscere le responsabilità. La Segreteria di Stato cerca di prevenire e attenuare i possibili contraccolpi. Alla terza loggia del Palazzo
Apostolico si evidenzia come il Parlamento europeo abbia appena deciso di eliminare il riconoscimento del genocidio armeno dalla lista delle precondizioni per l’adesione di Ankara all’Unione europea (come era invece previsto nella prima versione del testo), pur sottolineando come sia «indispensabile» che la Turchia affronti la questione. «L’invito al Pontefice è
una decisione coraggiosa del governo turco e ne va apprezzato l’intento costruttivo- precisa Gioia-.Oltre al patriarca armeno apostolico, Benedetto XVI
incontrerà in Turchia pure le guide spirituali delle altre minoranze:
l’arcivescovo siro-ortodosso, i rappresentanti delle chiese evangeliche, il patriarca greco-ortodosso».
Una scelta «forte, che alzerà il velo su una realtà pesantissima», tanto da fare di Joseph Ratzinger il portavoce delle istanze di tutti i cristiani,
sottolinea il teologo don Gianni Baget Bozzo. «Anche se non farà esplicita menzione dello sterminio di un milione e mezzo di armeni compiuto nel 1915 dai Giovani Turchi- sostiene Baget Bozzo-,incontrando a Istanbul il patriarca Mesrop II, il Santo Padre accende i riflettori sul mancato rispetto della libertà religiosa e sui diritti negati ai fedeli». Tanto più che Benedetto XVI ha sempre usato parole molto chiare di condanna del genocidio. «L’abbraccio al patriarca sarà estimonianza di verità verso il sacrificio e la sofferenza della comunità armena- afferma il ciellino Luigi Amicone, direttore del settimanale teo-con “Tempi”-.Come già per il discorso di Ratisbona su Maometto, il Pontefice dimostra di non avere paura delle strumentalizzazioni politiche che prenderanno di mira anche questo suo storico gesto». Il pensiero del Papa, osserva il cardinale Pio Laghi, sarà rivolto alle sofferenze che il popolo armeno ha patito in nome della fede cristiana «negli anni della terribile persecuzione che resta nella storia col nome tristemente significativo di “Metz Yeghern”, il grande male».
Un incontro, quindi, che è al contempo «un segno di gratitudine e un intervento concreto» per gli armeni e gli altri cristiani che in terra d’Islam «continuano
a testimoniare anche oggi la loro fedeltà al Vangelo». Il genocidio, rimarcano in Curia, rappresenta una delle pagine più oscure e dimenticate del secolo
scorso. Joseph Ratzinger intende rileggerla non per condannare la Turchia ma per rendere omaggio a quanti sotto l’Impero Ottomano sacrificarono la propria
vita alla fede in Cristo e per rivendicare i diritti negati ai credenti di oggi. A ispirarlo è il ricordo della denuncia di Leone XIII del silenzio generale di fronte alla tragedia armena e il grido di dolore di Benedetto XV per la «miserrima Armeniorum gens». Una vicinanza e una solidarietà che saranno linee-guida nell’incontro di Istanbul. «Ma il suo gesto ha anche un significato “interno”, in quanto serve a sollecitare un impegno maggiore per ricostituire
l’unità tra i cristiani», chiarisce Laghi
V.V
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