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06 10 18 - un documentario sul film di paradzanov- Memorie perdute- da "Sayat Nova"
di MICHELE PINGITORE
La festa del cinema di Roma, proietterà domani alle 18 presso il Teatro Studio, "Reminiscenze su Sayat Nova", un documentario della durata di mezz'ora, curato da Levon Grigorian, che recupera immagini inedite e ritrovate in archivio e considerate perse per molti anni, del film "Il colore del melograno" di Sergej Paradzanov. L'opera ha consacrato il regista come una dei principali maestri del cinema poetico sovietico degli anni Sessanta.
La vicenda artistica e umana del cineasta Sergej Paradzanov è iniziata nella sua Georgia, e non come comunemente molti credono in Armenia, dove invece ha girato soltanto il film "Sayat Nova". Dopo un apprendistato presso il Vgik di Mosca, la principale scuola cinematografica sovietica, Paradzanov realizza su commissioni per circa un decennio alcuni film piuttosto convenzionali.
Nel 1964 girerà quello che è considerato uno dei capolavori del nuovo cinema degli anni sessanta, "L'ombra degli avi dimenticati", definito il film iniziatore della Nouvelle Vague sovietica.
La pellicola è girata interamente tra i monti Carpazi nella terra dei Gutzul, una popolazione che viveva tra riti, arti e canti nella propria comunità.
Il film narra la storia d'amore travagliata di due giovani ed assume le sembianze iconografiche della leggenda e del mito, tra colori, usanze e rituali arcaici e tradizionali e per questi motivi ebbe riconoscimenti internazionali in vari festival.
Dopo quattro anni Paradzanov realizzò appunto "Sayat Nova", non senza problemi politici: il film, infatti, girato in Armenia, che narrava la vita di un poeta-monaco del XVIII secolo, fu bloccato alla sua uscita perché considerato senza senso dai burocrati dell'epoca. Successivamente l'opera venne rimaneggiata con vistosi tagli e arrivò in Occidente qualche anno dopo, dove nonostante la censura fu consacrata come un capolavoro per immaginazione e visioni.
Intanto però il regista era stato arrestato e imprigionato con le accuse più assurde, ma principalmente perché era un artista non allineato. Trascorse un lungo periodo di detenzione durato circa sette anni, e fu liberato anche grazie alla mobilitazione internazionale di noti artisti, tra i quali c'era anche Federico Fellini. L'esilio artistico del regista invece durò fino al 1984, quando, ormai dopo 15 anni di silenzio, tornò dietro la cinepresa.
La leggenda della fortezza di Suram e Asik Kerib sono i suoi ultimi due film realizzati nella nativa Georgia insieme a Dodo Abasidze.
Il documentario presente alla Festa del cinema di Roma, "Reminiscenze su Sayat Nova", della durata di 30 minuti, propone scene inedite del film.
E al capolavoro di Paradzanov sabato scorso è stata dedicata anche una puntata di Fuori Orario di Enrico Ghezzi. Su Raitre sono andati in onda due film: una delle due versioni cinematografiche esistenti (entrambe non montate autonomamente dal regista) e i girati intergrali della pellicola "Sayat Nova".
Sergej Paradzanov morì nel 1990, dopo essere diventato, secondo le sue stesse parole, sempre irriverenti «un pappagallo o un clown mandato ovunque della perestrojka, quella del presidente Gorbaciov».

V.V

 
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