I
Cristiani armeni a Roma: un'antica presenza
(Articolo di Luca Ceccarelli da www.controluce.it)
L’antica
Chiesa Apostolica Armena è così chiamata perché
nacque sull’impulso della predicazione dei due apostoli Taddeo
e Bartolomeo, che in queste terre nel I secolo subirono il martirio.
Ma la fisionomia della chiesa armena si deve a San Gregorio l’Illuminatore,
grande santo pittore e decoratore di manoscritti, in Italia ricordato,
spesso, semplicemente come San Gregorio degli Armeni, o San Gregorio
Armeno, grazie al quale nel 301 d. C. il Cristianesimo divenne religione
di stato del Regno Armeno, che fu così il primo stato ad
accogliere in pieno la religione cristiana (per l’editto di
Milano dell’imperatore Costantino dovevano passare altri dodici
anni). Capo della chiesa era ed è il Catholikos.
La
Chiesa Apostolica Armena prese parte ai primi tre grandi concilii
ecumenici (Nicea, Costantinopoli, Efeso). Non, invece, a quello
di Calcedonia del 451, dove venne sancita la natura sia umana che
divina di Gesù Cristo: in quel periodo gli armeni erano impegnati
militarmente contro gli invasori persiani. Questi ultimi, una volta
che li ebbero sconfitti, tentarono (invano) di convertire i superstiti
al mazdeismo. In seguito la Chiesa Armena ebbe tendenza a rifiutare
le decisioni di Calcedonia ma, contrariamente a ciò che si
dice in genere, non divenne mai nettamente monofisita (che sarebbe
chi riconosce soltanto la natura divina di Cristo). Il catholikosato
venne spostato in varie sedi, fino ad essere stabilito nel 1293
a Sis, capitale di un Regno di armeno di Cilicia parzialmente indipendente.
Con
la caduta del Regno Armeno di Cilicia nel 1375 ad opera dei Turchi,
per gli armeni si chiuse ogni prospettiva di libertà. Nel
frattempo, dal Mille in poi un certo numero di armeni aveva lasciato
la propria terra, già vittima delle aggressioni dei Turchi,
e si era stabilito in Asia Minore, eleggendo un secondo Catholikos,
residente ad Antelias. Nel frattempo, però, si era stabilita
una doppia linea di catholikosato: il catholikos di Armenia, residente
a Echmiadzin, e quello di Cilicia, residente ad Antelias, in Libano.
Questa seconda chiesa armena manifestò l’intenzione
di riunirsi con Roma, che i tentativi di liberazione del Santo Sepolcro
e le prime missioni francescane in Oriente facilitarono. Già
al tempo di Innocenzo III sono attestati contatti più che
amichevoli. Nei primi secoli del Medio Evo vivevano in tutta Italia
mercanti e monaci armeni, che più tardi furono assorbiti
nella chiesa latina. Chiese armene, con la liturgia di rito armeno,
ne restavano solo in alcune città (Venezia, Livorno, Roma).
A Roma venne ceduta agli armeni nel Medio Evo la chiesa di Santa
Maria Egiziaca, ubicata nel cosiddetto Tempio della Fortuna Virile
(in realtà dedicato al dio fluviale Portunus), annesso alla
quale si eresse un’ospizio per gli armeni pellegrini, oggi
scomparso. La chiesa è stata restituita alle autorità
civili nel 1935. Nel 1832, Gregorio XVI concesse loro anche la chiesa
di San Biagio della Pagnotta, in Via Giulia, costruita già
nel X secolo e poi rifatta nel 1700, dedicata al santo vescovo armeno
martirizzato nel IV secolo. Della Pagnotta, perché il 3 febbraio,
giorno di San Biagio, viene distribuito ai fedeli una pagnottella
benedetta, secondo un’antica usanza mantenuta anche quando
la chiesa è stata concessa agli armeni. A questa chiesa,
in cui ancora oggi ogni sabato sera si tengono i vespri e la divina
liturgia con il rito armeno, gli armeni aggiunsero un ospizio.
Fu,
in effetti, un incontro di grande importanza, anche se sul momento
non se ne videro gli effetti visibili. Risulta infatti che il sinodo
armeno di Cilicia non volle ratificare tale unione. Nel secolo XVI
avvenne che monache armene, per sottrarsi alle persecuzioni, si
rifugiarono a Napoli, portando con sé il corpo di San Gregorio.
Per essere accolte dovettero abbandonare la regola orientale di
San Basilio per quella occidentale di San Benedetto, cosa che, con
qualche riluttanza, si decisero a fare.
Dopo il breve esperimento di unificazione degli armeni al Concilio
ecumenico di Firenze, nel 1439, una vera e propria chiesa cattolica
armena (fedele al Papa, ma armena nel rito) nascerà qualche
secolo più tardi, sotto Papa Benedetto XIV, che il 26 novembre
1742 accoglierà a Roma il Patriarca Armeno di Cilicia, Abramo
Pietro Ardzivian che era venuto ad offrirgli la sua obbedienza.
Pietro, tuttavia, incalzato dai persecutori, dovette prendere sede
a Beirut, in Libano, e lì sono rimasti tutti i suoi successori.
Sarà, tuttavia, con la Benigna hominum parens di Leone XIII
che verrà istituito un collegio, il Pontificio Collegio Armeno,
e verrà donata agli armeni anche la chiesa di San Nicola
di Tolentino, una chiesa barocca in precedenza retta dai padri agostiniani
dove ogni domenica si celebra la liturgia con il rito armeno.
Questo
insediamento più solido degli armeni nella città di
Roma troverà un degno coronamento nelle parole dell’enciclica
di Leone XIII Paterna Caritas, che qui riporto in italiano: "Gregorio
XIII, come è noto, aveva concepito il disegno di fondare
un istituto per l’opportuna istruzione dei giovani Armeni,
e se fu impedito dalla morte di mettere in esecuzione questo disegno,
Urbano VIII lo realizzò in parte accogliendo, con gli altri
allievi stranieri, anche gli Armeni nel vastissimo Collegio da lui
istituito per la propagazione della fede.
Quanto a Noi, malgrado la malvagità dei tempi, abbiamo potuto,
grazie a Dio, eseguire più largamente il disegno concepito
da Gregorio XIII, e abbiamo assegnato agli alunni Armeni un fabbricato
assai vasto presso San Nicola da Tolentino, istituendovi, nelle
forme volute, il loro Collegio. Questo è stato fatto perché
si rispettasse, doverosamente, la liturgia e la lingua dell’Armenia,
così commendabile per l’antichità, l’eleganza
e il gran numero d’insigni scrittori; e molto più perché
un Vescovo del vostro rito dimorasse costantemente a Roma per iniziare
alle cose sante tutti gli alunni che il Signore chiamasse al suo
particolare servizio. A tale effetto era stata fondata da lungo
tempo anche una scuola nel Collegio Urbaniano per l’insegnamento
della lingua Armena, e Pio IX, Nostro Predecessore, aveva provveduto
a che nel ginnasio del Seminario pontificio romano vi fosse un professore
per insegnare agli alunni del paese la lingua, la letteratura e
la storia della nazione Armena".
1788 - G.Piranesi: Il Tempio della Fortuna Virile
L’antica
Chiesa Apostolica Armena è così chiamata perché
nacque sull’impulso della predicazione dei due apostoli Taddeo
e Bartolomeo, che in queste terre nel I secolo subirono il martirio.
Ma la fisionomia della chiesa armena si deve a San Gregorio l’Illuminatore,
grande santo pittore e decoratore di manoscritti, in Italia ricordato,
spesso, semplicemente come San Gregorio degli Armeni, o San Gregorio
Armeno, grazie al quale nel 301 d. C. il Cristianesimo divenne religione
di stato del Regno Armeno, che fu così il primo stato ad
accogliere in pieno la religione cristiana (per l’editto di
Milano dell’imperatore Costantino dovevano passare altri dodici
anni). Capo della chiesa era ed è il Catholikos.
La
Chiesa Apostolica Armena prese parte ai primi tre grandi concilii
ecumenici (Nicea, Costantinopoli, Efeso). Non, invece, a quello
di Calcedonia del 451, dove venne sancita la natura sia umana che
divina di Gesù Cristo: in quel periodo gli armeni erano impegnati
militarmente contro gli invasori persiani. Questi ultimi, una volta
che li ebbero sconfitti, tentarono (invano) di convertire i superstiti
al mazdeismo. In seguito la Chiesa Armena ebbe tendenza a rifiutare
le decisioni di Calcedonia ma, contrariamente a ciò che si
dice in genere, non divenne mai nettamente monofisita (che sarebbe
chi riconosce soltanto la natura divina di Cristo). Il catholikosato
venne spostato in varie sedi, fino ad essere stabilito nel 1293
a Sis, capitale di un Regno di armeno di Cilicia parzialmente indipendente.
Con la caduta del Regno Armeno di Cilicia nel 1375 ad opera dei
Turchi, per gli armeni si chiuse ogni prospettiva di libertà.
Nel frattempo, dal Mille in poi un certo numero di armeni aveva
lasciato la propria terra, già vittima delle aggressioni
dei Turchi, e si era stabilito in Asia Minore, eleggendo un secondo
Catholikos, residente ad Antelias. Nel frattempo, però, si
era stabilita una doppia linea di catholikosato: il catholikos di
Armenia, residente a Echmiadzin, e quello di Cilicia, residente
ad Antelias, in Libano. Questa seconda chiesa armena manifestò
l’intenzione di riunirsi con Roma, che i tentativi di liberazione
del Santo Sepolcro e le prime missioni francescane in Oriente facilitarono.
Già al tempo di Innocenzo III sono attestati contatti più
che amichevoli. Nei primi secoli del Medio Evo vivevano in tutta
Italia mercanti e monaci armeni, che più tardi furono assorbiti
nella chiesa latina. Chiese armene, con la liturgia di rito armeno,
ne restavano solo in alcune città (Venezia, Livorno, Roma).
A Roma venne ceduta agli armeni nel Medio Evo la chiesa di Santa
Maria Egiziaca, ubicata nel cosiddetto Tempio della Fortuna Virile
(in realtà dedicato al dio fluviale Portunus), annesso alla
quale si eresse un’ospizio per gli armeni pellegrini, oggi
scomparso. La chiesa è stata restituita alle autorità
civili nel 1935. Nel 1832, Gregorio XVI concesse loro anche la chiesa
di San Biagio della Pagnotta, in Via Giulia, costruita già
nel X secolo e poi rifatta nel 1700, dedicata al santo vescovo armeno
martirizzato nel IV secolo. Della Pagnotta, perché il 3 febbraio,
giorno di San Biagio, viene distribuito ai fedeli una pagnottella
benedetta, secondo un’antica usanza mantenuta anche quando
la chiesa è stata concessa agli armeni. A questa chiesa,
in cui ancora oggi ogni sabato sera si tengono i vespri e la divina
liturgia con il rito armeno, gli armeni aggiunsero un ospizio.
Fu, in effetti, un incontro di grande importanza, anche se sul momento
non se ne videro gli effetti visibili. Risulta infatti che il sinodo
armeno di Cilicia non volle ratificare tale unione. Nel secolo XVI
avvenne che monache armene, per sottrarsi alle persecuzioni, si
rifugiarono a Napoli, portando con sé il corpo di San Gregorio.
Per essere accolte dovettero abbandonare la regola orientale di
San Basilio per quella occidentale di San Benedetto, cosa che, con
qualche riluttanza, si decisero a fare.
Dopo il breve esperimento di unificazione degli armeni al Concilio
ecumenico di Firenze, nel 1439, una vera e propria chiesa cattolica
armena (fedele al Papa, ma armena nel rito) nascerà qualche
secolo più tardi, sotto Papa Benedetto XIV, che il 26 novembre
1742 accoglierà a Roma il Patriarca Armeno di Cilicia, Abramo
Pietro Ardzivian che era venuto ad offrirgli la sua obbedienza.
Pietro, tuttavia, incalzato dai persecutori, dovette prendere sede
a Beirut, in Libano, e lì sono rimasti tutti i suoi successori.
Sarà, tuttavia, con la Benigna hominum parens di Leone XIII
che verrà istituito un collegio, il Pontificio Collegio Armeno,
e verrà donata agli armeni anche la chiesa di San Nicola
di Tolentino, una chiesa barocca in precedenza retta dai padri agostiniani
dove ogni domenica si celebra la liturgia con il rito armeno.
Questo insediamento più solido degli armeni nella città
di Roma troverà un degno coronamento nelle parole dell’enciclica
di Leone XIII Paterna Caritas, che qui riporto in italiano: "Gregorio
XIII, come è noto, aveva concepito il disegno di fondare
un istituto per l’opportuna istruzione dei giovani Armeni,
e se fu impedito dalla morte di mettere in esecuzione questo disegno,
Urbano VIII lo realizzò in parte accogliendo, con gli altri
allievi stranieri, anche gli Armeni nel vastissimo Collegio da lui
istituito per la propagazione della fede.
Quanto a Noi, malgrado la malvagità dei tempi, abbiamo potuto,
grazie a Dio, eseguire più largamente il disegno concepito
da Gregorio XIII, e abbiamo assegnato agli alunni Armeni un fabbricato
assai vasto presso San Nicola da Tolentino, istituendovi, nelle
forme volute, il loro Collegio. Questo è stato fatto perché
si rispettasse, doverosamente, la liturgia e la lingua dell’Armenia,
così commendabile per l’antichità, l’eleganza
e il gran numero d’insigni scrittori; e molto più perché
un Vescovo del vostro rito dimorasse costantemente a Roma per iniziare
alle cose sante tutti gli alunni che il Signore chiamasse al suo
particolare servizio. A tale effetto era stata fondata da lungo
tempo anche una scuola nel Collegio Urbaniano per l’insegnamento
della lingua Armena, e Pio IX, Nostro Predecessore, aveva provveduto
a che nel ginnasio del Seminario pontificio romano vi fosse un professore
per insegnare agli alunni del paese la lingua, la letteratura e
la storia della nazione Armena". |