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Iniziativa Culturale:

 

XX SECOLO: Genocidio - Genocidi
Discorso del Prof. Giuliano Vassalli
in occasione dell'iniziativa "XX Secolo: Genocidio - Genocidi"

(IV PARTE)

Ma mi sembra ora di lasciare questa terminologia e lessicologia giuridica, di rilievo molto relativo, e di venire al tema centrale di questo Incontro, su cui sarà relatore l'onorevole Giancarlo Pagliarini e del quale indubbiamente anche altri parleranno; il riconoscimento ufficiale da parte - se possibile - di tutti Governi europei - oltre che di tante e tante comunità minori che già vi hanno encomiabilmente provveduto - del genocidio degli Armeni di Anatolia, avvenuto più di ottant'anni or sono e perpetrato in forme cosi barbare che poco hanno da invidiare ai genocidi successivi: e con il riconoscimento storico una condanna che sani in certa guisa il passato e valga per altri casi in avvenire.
Su questo tema farò solo due osservazioni, anche se banali. La prima è che capisco le difficoltà in cui si trovano i Governi e Parlamenti europei, e non solo europei. Sono difficoltà di ordine economico e di ordine politico, di fronte a quello che è tuttavia sempre un grande popolo, in continuo accrescimento demografico, come il popolo turco, a cui tutti sono legati appunto da interessi economici e politici. Si tratta della solita Realpolitik, in permanente o quasi permanente contrasto con i diritti fondamentali dell'uomo. Quella stessa Realpolitik, d'altra parte, che per non essere stata integralmente osservata nella Germania vinta dopo la prima guerra mondiale, fu alla base dell'esito dei processi di Lipsia e del revanscismo tedesco: uno degli elementi. alla radice della seconda guerra mondiale. Quella Realpolitik che nei quaranta e più anni di guerra fredda impedì la creazione di un codice vero e proprio dei delitti contro l'umanità e dei delitti di guerra e l'istituzione di una Corte internazionale permanente chiamata a giudicare i crimini internazionali. Quella Realpolitik che ancor oggi contribuisce in modo pesante a far avanzare a passi di lumaca lo Statuto di Roma, dove invece sono contenuti codice e norme sulla Corte. Tuttavia bisognerà cercare di superarla. In fondo la Repubblica turca, solida e salda da settantasette anni, non è l'Impero ottomano, sotto cui quegli orrori furono progettati e perpetrati; e solo limitatamente ne è la continuatrice. Gli autori di quegli orrori non sono più in vita da tempo, anche se i nomi di alcuni di quei Pascià e di quei Bey vengono ancora iscritti nella storia della Turchia e celebrati con strade e monumenti. Anche la Germania era ed è un grande popolo, eppure ha riconosciuto l'0locausto e ne paga il risarcimento. E un grande capo di governo tedesco si è inginocchiato nel Ghetto di Varsavia. La comunità armena rimasta in Turchia, a parte certe sue condizioni di minorazione, non arriva a 60.000 unità e la sua lingua è parlata da poco più cosi almeno si legge negli atlanti di 30.000 persone. Il valore di quella comunità è forse soprattutto ecclesiastico, almeno in Cilicia e a Istanbul. Non vi dovrebbe essere ombra di timori di rivendicazioni, di sedizioni o di vendette, checché se ne possa pensare. So tuttavia che la situazione è tutt'altro che semplice e penso che altri parlerà di questi profili. Possa la ragione non contrastare ciò che è avvenuto senza grandi dificoltà altrove, per altri genocidi.

La seconda osservazione - ed è l'ultima con cui chiudo una relazione forse troppo lunga - riguarda il valore - o il significato - di questi riconoscimenti chiesti ai vari parlamentari europei a distanza di tanto tempo dai fatti. Esso potrebbe sembrare una mera esercitazione teorica. Finora. a proposito di genocidi, non abbiamo parlato che in termini penalistici, mentre oggi per il genocidio armeno non vi erano piu processi da fare nè colpe individuali da espiare. Così pure, non ho sentito portare avanti idee di risarcimento o di riparazione, che mi sembrano molto difficili a tanta distanza di tempo, ben superiore da quella che ci separa dalla seconda guerra mondiale. Comunque, sentiremo, anche su questo punto.

Mi interessa invece sottolineare il valore della prevenzione. Si è sempre detto ( basterebbe ricordare famose frasi di Jackson nel corso della sua Requisitoria a Norimberga) che la punizione e forse dunque, anche la semplice solenne condanna dovrebbe servire ad evitare crimini simili per il futuro. Ma se si guarda agli effetti positivi di Norimberga e di tokyo in questi cinquantacinque anni c'è da rimanere sgomenti. Alcune grandi guerre internazionale o parainternazionale ( Corea, Vietnam, Afghanistan con il loro carico di tormenti, di odii e di orrori) e 250, dicesi 250. confliti non internazionale, con decine, centinaia di migliaia o milioni di morti ciascuna, per un complesso di piu di 170 milioni di vittime. Vi sono libri aggiornati che contengono questa contabilità tragica. E un numero elevato di conflitti interni, come quelli dei paesi centro e sudamericani, con il loro carico di torture, di soparizioni e di altre barbarie; e infine le vittimizzazioni di regimi tirannici in molti paesi del mondo durati per decenni. Quale effetto preventivo se non zero? Eppure negli ultimi anni qualche cosa si è mosso. Alcuni dittatori hanno motivo di tramare. Sopratutto si è acquisita la coscienza che l'act of State doctrine nei casi di gravi crimini vale oramai ben poco e che le immunità dei capi di Stato o di gioverno vacillano anche dal punto di vista strettamente giuridico. Dunque bisogna sperare che la memoria e le condanne, anche se senza effetto pratico immmediato, aiutino, e che l'oblio vada combatutto come un male. Al genocidio degli Armeni dell'Impero ottomano queta rivendicazione contro l'obblio si attaglia poi - come è noto - in un modo del tutto particolare. Nel suo nido di Obersalzberg, il 22 Agosto 1939, Hitler, il Fuhrer del popolo tedesco, convocò per l'intera giornata gli ufficiali dello Stato maggiore a gruppi così pare di trenta per volta. Era la vigilia della firma dell'accordo nazista-sovietico contro la Polonia e l'antiviglia dell'attacco a quell'infelice paese.
Tra le altre indicazioni e raccomandazioni, il supercriminale del secolo si preoccupò di delineare il carattere terribile e distruttivo che avrebbe avuto l'invasione dei territori occidentali della Polonia e di rassicurare i comandanti circa l'impunità di cui avrebbero fruito nonostante le violazione delle leggi e degli usi della guerra e dei diritti dell'umanità ( lui non li chiamava certo così). Ricordò espressamente il massacro degli Armeni avvenuto meno di vent'anni prima e disse: " Chi ricorda oggi del massacro degli Armeni?"

Questa la verità, signori e signore, non i leggenda tramandata di libro in libro, o di articolo in articolo, di discorso in discorso. La ricostruzione dei colloqui del Furer del 22 agosto 1939 e stata ed è oggetto di minuziose ricostruzioni di storici, sopratutto tedeschi, di altro valore. Perciò l'auspicata condanna del genocidio degli Armeni sarebbe anche una rinnovata condanna del mostruoso e folle genio criminale di Hitler e dei massacri da lui provocati, istigati e comandati. Sarebbe la rivincita, senza vendetta, delle memoria sull'oblio: un altro passo verso la faticosa presa di coscienza dei doveri elementari degli essere umani verso gli altri essere umani.


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