Lettera all'Arch. Vahé
Vartanian
Milano,
07 dicembre 2007
Al
Gent.mo arch. Vahe Vartanian,
Direttore www.zatik.com
Come sta? Oggi è il giorno di S. Ambrogio, e consultando
il sito Zatik, mi sono imbattuto in una lettera dell’
arch. Ara Zarian, che proponeva di bandire un concorso per l’installazione
di un khatckar in una piazza di Roma. So bene il problema. Nel
lontano 1972 a Milano un gruppo di professori armeno/sovietici,
italiani ed armeno/americani proposero durante un convegno di
asportare ed “esportare” tutti i khatchkar esistenti
nell’Armenia sovietica d’allora... Il motivo fu
che gli armeni della diaspora statunitensi ed europea avrebbe
pagato fior di quattrini per installarne uno nel proprio giardino,
specialmente quelli super decorativi come quelli di cimitero
di Giulfa. La mia opposizione al progetto portò al Senior
professore armeno-americano presente a dire pubblicamente “tanto
gli armeni hanno troppi khatchkar”. Risposi: BANK OF AMERICA
ha troppi dollari. Mi daresti qualche bancanota? Successivamente
telefonai a Vahe Ochagan e Ludwig Bazil e iniziammo a mettere
su un gruppo di intellettuali/artisti–oppositori del progetto.
Non l'avessi mai fatto. Venni emarginato nell’ambito accademico
armeno e dintorni e da allora nessuna istituzione armena od
occidentale, italiana e/o statunitense mai mi si è rivolta
con un invito a partecipare in qualche convegno riguardante
le problematiche armene. Anche a Milano quando misero un sedicente
Centro Studi armeni di qualità mediocre, si guardarono
bene dall'intavolare discussioni con un “appestato”.
Ma i kharchkar dell’Armenia furono salvi. Invece “scappò”
un khatckar. Guarda caso con la complicità di suo padre,
Armen Zarian. Un khatchkar, che oggi è sito nel Museo
Archeologico di Milano. Solo e soletto. E’ triste, è
fuori contesto e si mostra parecchio brutto –a Milano
non c’è il sole d’Armenia che esalti i vuoti
e i pieni di decorazioni tipici di un khatchkar armeno.
Inoltre,
nella lettera si riferisce che non bisogna commissionare khatchkar
di Roma a un scultore armeno di nord Italia. A proposito vorrei
precisare la seguente
E
DICHIARA
che
sono l’unico scultore armeno-italiano residente in Lombardia
– almeno che io sappia - e “apostrofamento”
si riferisce a me. Come anche la pesante affermazione “meglio
un concorso che commissionare un’opera all’amico
scultore” - ha sapore di nepotismo (ovvero la raccomandazione
di bassa lega).
2.
Fino la data di questa lettera chicchessia mai si è
rivolto a me per un progetto di idee, e/o delle idee riguardante
installazione di un khatchkar a Roma.
3.
Deontologicamente sarebbe scorretto coinvolgere il
sottoscritto in tal progetto, perché sono scultore di
“piccoli tagli”, e che in Italia non ha mai lavorato
in grandi spazi e non ha mai prodotto grandi sculture. L’unico
scultore armeno che ha lavorato per grandi spazi è Henrig
Bedrossian, che è domiciliato a Roma, ha vinto diversi
concorsi ed è un mezzo genio. E perché solo gli
scultori armeni? E’ un razzismo alla rovescia?
4. che secondo le leggi italiane un associazione
come quella Zatik ha la facoltà di commissionare a chi
di piacere e a chi di volere qualsivoglia opera a suo piacimento
e a suo giudizio.
5.
E chi è che pagherà i costi del concorso? Il genocidio
ha cancellato la ricca – e oltretutto colta – borghesia
e intellighentsia armena. Pretendere i finanziamenti dalla borghesia
contemporanea sarebbe inopportuno, se non inutile
6.
Idea di concorso mi sembra come al solito degli armeni mettere
bastoni tra le ruote di un progetto e promuovere qualche “cuginetto”.
E poi guarda guarda da che pulpito viene la predica.
Mi
ricordo dell'Arch. Ara Zarian, che fu coinvolto in due lavori
di mia ideazione e realizzazione sponsorizzati da Agopik Manoukian
e famiglia con i risultati, se non per poco pessimi e disastrosi.
1.
Mostra di Oemme Edizioni a Erevan, con la dotazione di 7568
libri e 5.000 manifesti, che dovevano essere venduti e la somma
ricavata donati a prof. Barseghian il presidente dell’Unione
degli architetti di Erevan per essere dedicati al restauro di
una piccola chiesa del nono secolo rinchiusa nel cortile del
grande edificio di Via Abovian, n.3, di Erevan, dove tra parentesi
abitò il padre di Ara, architetto Armen Zarian. Il professore
non ha mai visto un quattrino nel becco, e oggi come oggi sui
mercatini di Erevan – accanto roba rubata si vendevano
e si vendono per uno o due dollari il libri donati da Agopik
Manoukian, Ludwig Bazil e il sottoscritto. Invece la struttura
della mostra scomparve a S.Pietroburgo durante ruba-ruba che
segui la caduta del muro. Il responsabile da sempre ha rifiutato
di presentare dei rendiconti, ed invece si dichiarò alla
stampa russa-sovietica che tutto gli sforzi del lavoro si dovevano
a lui.
2. Il secondo disastro fu il libro Documenti
di architettura armena n. 23 Edcmiatzin. Doveva essere un libro
snello, che vendendosi bene dava la possibilità –
come era stata progettata da Armen Manoukian -di portare al
numero 30 i libri della collana. Per motivi personali lasciai
la casa editrice consegnando il menabò del libro. Invece,
venne cestinato il modellino senza mio consenso e senza almeno
avermi informato, secondo le leggi italiane in materia. I signori
Ara Zarian, Gayane Casnati. e Levon Zekiyan che tra parentesi
furono completamente digiuni della materia editoriale pubblicarono
un enorme librone pesante e di qualità infima si stampa,
impaginazione e qualità, che fece risultare il libro
invendibile, e che nessun cliente di numeri passati si invogliava
di acquistare.Come materiale stampato scadente fra un po’
finirà nella discarica. Il fatto contribuì alla
cessazione completa delle attività editoriale di una
casa editrice già in crisi per ragioni interne.Il fatto
singolare rimane, che tutto venne fatta alla mia insaputa –
“estensore-del progetto madre”, violando tutte le
leggi italiane in materia. cancellando il mio nome come segretario
di redazione (ovvero, tuttofare dei libri – sostituendoli
con i propri nomi – così facendo diventare addirittura
un comportamento degno del tribunale penale.
Mia
madre come “eredità spirituali” mi istruì.
“Il genocidio armeno? Non solo turchi, ma anche tanti
altri. Complice anche la chiesa armena, che hanno introdotto
e sviluppato la corruzione, i tradimenti e la non cultura. E
togliere un mattone da un edificio per propri fini egoistici
e far crollare l’edificio. E così facendo hanno
contribuito che succedesse il genocidio”. Fu profetica.
Anni fa una mattina entrai nel collegio armeno dei padri mechitaristi
a Venezia, Edificio nell’interno era nudo. Mancavano tutti
i mobili. Qualcuno aveva fatto man bassa. Chi? I turchi? O qualche
armeno? (Vedi la cronaca dell’episodio sulla stampa veneta
d’epoca)
Con un saluto
e un buon monumento
(ma non ci credo. La diaspora armena è piena di sculture-monumenti
dedicati al massacro armeno, ovvero “massacrati”
dal pessimo gusto e della non cultura, che rasentano le pornografie
artistiche)
Herman
Vahramian